Politiche demografiche socialmente giuste per mitigare il cambiamento climatico e promuovere l’equità globale

Istruzione per le ragazze e giustizia sociale sono essenziali per combattere il riscaldamento globale

[29 Aprile 2021]

Secondo lo studio “Human population, social justice, and climate policy”, pubblicato su Sustainability Science da William Ripple e Christopher Wolf del College of Forestry dell’Oregon State University (OSU) e da  Eileen Crist del  Virginia Tech, «Politiche socialmente giuste volte a limitare la popolazione umana della Terra hanno un enorme potenziale per promuovere l’equità e allo stesso tempo aiutano a mitigare gli effetti del cambiamento climatico».

I ricercatori statunitensi fanno notare anche che «I tassi di fertilità sono un aspetto drammaticamente sottovalutato e trascurato dell’emergenza climatica. Questo è particolarmente vero rispetto all’attenzione dedicata ad altri argomenti relativi al clima, tra cui energia, inquinanti di breve durata e soluzioni basate sulla natura».

Ripple ricorda che «Più di 11.000 scienziati provenienti da 153 Paesi si sono riuniti per avvertire che se continuiamo con il business as usual, il risultato sarà un’incredibile sofferenza umana a causa del cambiamento climatico. Abbiamo elencato sei aree, inclusa, come quadro d’azione, la riduzione della crescita della popolazione nel contesto della giustizia sociale. Dal 1997, su Nature e Science sono stati pubblicati più di 200 articoli sulla mitigazione del clima, ma solo 4 di questi hanno discusso di giustizia sociale e solo 2 hanno preso in considerazione la popolazione. Chiaramente la giustizia sociale e la politica demografica non stanno ottenendo l’attenzione che meritano nella lotta contro l’emergenza climatica».

Eppure, i 7,7 miliardi di persone che vivono attualmente sulla  Terra contribuiscono al cambiamento climatico in molti modi, soprattutto attraverso il consumo di risorse naturali, comprese le fonti energetiche non rinnovabili, e le emissioni di gas serra che derivano dai processi industriali e dai trasporti. E all’OSU fanno un conto faciled facile: «Più persone ci sono sul pianeta, maggiore è il potenziale che hanno per influenzare il clima».

Wolf è consapevole che «In parte a causa delle campagne di sterilizzazione forzata e della politica cinese del figlio unico, le politiche demografiche sono state a lungo considerate un argomento tabù e dannose per la giustizia sociale, ma se sviluppate e attuate in modo appropriato con l’obiettivo di promuovere diritti, equità e giustizia sociale, possono essere esattamente l’opposto. Ci sono forti legami tra gli alti tassi di crescita della popolazione e gli impatti sugli ecosistemi nei Paesi in via di sviluppo legati all’acqua e alla sicurezza alimentare. Date le sfide della sicurezza alimentare e idrica, politiche demografiche efficaci possono supportare il raggiungimento sia della giustizia sociale che dell’adattamento climatico, in particolare se si considera l’attuale e prevista distribuzione geografica irregolare degli impatti dei cambiamenti climatici. Le politiche che riguardano la salute e l’istruzione possono ridurre notevolmente i tassi di fertilità».

Esempi di politiche demografiche assolutamente necessarie fatti dallo studio includono: il miglioramento dell’istruzione per ragazze e giovani donne, la fine dei matrimoni precoci e l’aumento della disponibilità di servizi di pianificazione familiare volontari basati sui diritti, che diano potere a tutte le persone e in particolare alle donne povere.

Ripple aggiunge: «Tre esempi di Paesi in cui una migliore istruzione per ragazze e giovani donne può aver contribuito a un calo significativo del tasso di fertilità sono l’Etiopia, l’Indonesia e il Kenya. In queste nazioni, le riforme educative specifiche includevano l’istituzione di corsi nelle lingue locali, l’aumento dei budget per l’istruzione e l’eliminazione delle tasse per la frequenza scolastica. L’Etiopia ha anche implementato un programma di mensa scolastica, in Indonesia è stata realizzata la costruzione di scuole su larga scala e in Kenya la scuola elementare è stata allungata di un anno».

I tre ricercatori sono convinti che «Come parte di un’iniziativa globale per la giustizia climatica, i Paesi ricchi dovrebbero fare di più per aiutare a finanziare la pianificazione familiare volontaria e le opportunità educative per ragazze e giovani donne nei Paesi in via di sviluppo».

Wolf  denuncia che «Non è un approccio equilibrato concentrarsi sui tassi di fertilità senza ricordare che i governi, le società e gli individui ricchi sono stati i principali contributori alle emissioni di anidride carbonica e i principali beneficiari del consumo di combustibili fossili. La metà più ricca della popolazione mondiale è responsabile del 90% delle emissioni di CO2».

Ripple è d’accordo: «Sia dal punto di vista climatico che da quello della giustizia sociale, il consumo eccessivo da parte dei ricchi deve essere affrontato immediatamente, ad esempio attraverso politiche come le tasse ecologiche come il prezzo del carbonio. La sola riduzione dei tassi di fertilità non è chiaramente sufficiente. La classe media e i ricchi devono essere responsabili della maggior parte della necessaria riduzione delle emissioni».

Ma Wolf e Ripple  fanno notare che «Adottare misure per stabilizzare e quindi ridurre gradualmente il numero totale di persone all’interno di un quadro socialmente giusto rafforza i diritti umani e riduce le ulteriori ondate di migrazione, sfollamento e conflitto attesi in questo secolo. Un potenziale quadro è la contrazione e la convergenza, che richiedono la riduzione simultanea delle emissioni nette (contrazione) e l’equalizzazione delle emissioni pro capite (convergenza). Questo è equo nel senso che comporta l’equalizzazione delle emissioni pro capite a livello globale, in netto contrasto con i modelli attuali».

Ripple conclude: «La giustizia sociale e l’emergenza climatica richiedono che le politiche di popolazione eque siano prioritarie in parallelo con le strategie che coinvolgono l’energia, il cibo, la natura, gli inquinanti di breve durata e l’economia. Con cicli di feedback, punti critici e una potenziale catastrofe climatica incombente, dobbiamo prendere provvedimenti in tutte queste aree e non ignorarne nessuna».