Più biometano contro lo smog: accordo tra agricoltori e Regioni padane

Summit tra Coldiretti e gli assessori regionali di Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto: «Impianti per produrre energia pulita dalle deiezioni degli animali e fertilizzanti naturali per le produzioni biologiche e tradizionali, in un’ottica di economia circolare»

[9 Aprile 2021]

Lo sviluppo delle energie rinnovabili e la gestione sostenibile dei rifiuti, con la conseguente installazione dei relativi impianti industriali sul territorio, vengono spesso percepite come fenomeni in contrasto con il paesaggio bucolico delle campagne italiane e con le attività agroalimentari qui presenti – che per prime al paesaggio hanno dato forma –, ma si tratta di una lettura completamente fuorviante, come mostra il summit svoltosi ieri tra gli agricoltori della Coldiretti e le Regioni del bacino padano.

Il presidente della Coldiretti Ettori Prandini, insieme ai vertici nazionali e locali della più grande associazione di agricoltori in Italia, ha incontrato gli assessori all’Agricoltura e all’Ambiente di  Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto per raggiungere «un patto per ridurre l’inquinamento da polveri sottili promuovendo progetti di economia circolare da inserire nel Recovery plan e in un piano nazionale per la transizione ecologica».

Si tratta di un’iniziativa che nasce per valorizzare il ruolo delle campagne e degli allevamenti nella lotta allo smog, dopo l’avvio di una procedura d’infrazione europea per il mancato rispetto della direttiva sulla qualità dell’aria da parte del nostro Paese. In Italia tre soli inquinanti (Pm2,5, NO2 e O3) mietono infatti 76.200 vittime l’anno; le più pericolose del trio sono le polveri sottili Pm2,5, e l’area in assoluto più critica è proprio quella padana.

«L’agricoltura italiana contribuisce per appena il 7% alle emissioni inquinanti – dichiara il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini – ma nonostante ciò ci sono ancora margini per rendere i nostri allevamenti ancora più green attraverso lo sviluppo del biometano, con impianti in grado di produrre energia pulita dalle deiezioni degli animali e fertilizzanti naturali per le produzioni biologiche e tradizionali, in un’ottica di economia circolare».

In realtà però agricoltura e allevamenti sono responsabili per il 7% delle emissioni nazionali di gas serra, che sono cosa diversa dalle emissioni di polveri sottili. Le attività portate avanti in campagna vengono erroneamente considerate automaticamente pulite e sostenibili, una falsa percezione che porta a errori di valutazione macroscopici: per quanto riguarda in particolare il Pm2,5, da un’indagine condotta lo scorso anno dall’Ispra insieme a Greenpeace emerge come il settore più inquinante sia il riscaldamento residenziale e commerciale – responsabile del 36,9% delle emissioni totali di Pm2,5, primarie e secondarie –, seguito dagli allevamenti (16,6%), con anche l’agricoltura (4,4%) presente in classifica.

Dando spazio a rinnovabili ed economia circolare, l’agroalimentare italiano – oltre a sfornare prodotti d’eccellenza apprezzati in tutto il mondo – potrà dunque passare da essere un problema a opportunità per la transizione ecologica italiana.

Non a caso Prandini, durante il summit con le Regioni, ha lanciato la proposta di «sviluppare un Piano di sviluppo nazionale di transizione ecologica per le Regioni a vocazione zootecnica per aiutare le imprese ad acquistare i macchinari e a fare un posizionamento comune per il ministero della Transizione ecologica per avere adeguata attenzione nel Recovery plan».

Anche il presidente del Cib (Consorzio italiano biometano) è recentemente intervenuto alla Camera per perorare una maggiore attenzione al biometano all’interno del Pnrr, ma è utile ricordare che lo sviluppo sostenibile delle rinnovabili come della gestione rifiuti è frenato dalle contestazioni Nimby e Nimto ormai diffuse in tutto il Paese – e alla conseguente ritrosia a rilasciare le autorizzazioni da parte degli enti preposti, in primis le regioni – più che dalla mancanza di risorse economiche per realizzare gli impianti.

Per quanto riguarda in particolare il biometano, Francesco Ferrante – vicepresidente Kyoto club e Coordinamento Free – ha segnalato finora oltre 170 casi di opposizioni Nimby, mentre Legambiente ha elaborato una campagna contro le fake news diffuse sul tema.

E pensare che l’Italia con i suoi 2mila impianti (l’80% dei quali è in ambito agricolo) è già oggi il secondo produttore di biogas in Europa e il quarto al mondo, ma il potenziale produttivo di biometano potrebbe essere molto più elevato: secondo il Cib solo il 15% dei reflui zootecnici viene trattato in biodigestori che producono biometano e nei prossimi 10 anni questa percentuale potrebbe salire al 65%, passando da una produzione annua pari a 1,5 miliardi di mc di biometano a una da 6,5 miliardi.