Piombino, nessuno vince da solo la partita dell’acciaio

[5 Ottobre 2015]

Il connubio tra un basso costo delle materie prime e un eccesso d’offerta ormai dilagante a livello globale, entrambe espressioni di una crescita economica al rallenty, mantengono l’acciaio a testa china. Un dato di fatto assodato, con l’industria italiana a risentirne particolarmente: non a caso la produzione nazionale è scesa per la prima volta sotto le 24milioni di tonnellate lo scorso anno. Eppure, l’industria italiana dell’acciaio viene reputata come strategica a livello nazionale ed europeo. Diciannove puntini – tante sono le città italiane che ospitano siti di produzione siderurgica, censiti nell’ultima assemblea annuale di Federacciai – senza nessun filo a unirli, mentre l’acciaio italiano precipita.

È questa la principale mancanza che emerge dal Consiglio comunale aperto di Piombino, portato in evidenza oggi dalle associazioni Restiamo Umani, associazione Ruggero Toffolutti contro le morti sul lavoro, Lavoro salute dignità, Legambiente. Nel testo del loro intervento, svolto da Adriano Bruschi e Paolo Gianardi, si afferma con forza che «se i problemi continuano ad essere affrontati separatamente – Piombino, Taranto, Terni, Brescia…, le centinaia di piccole e medie aziende, le varie catene dei trasformatori, dei fornitori di servizi -, tutti questi modelli diversi rischiano di fallire, modello Piombino incluso».

«Con l’acquisizione dello stabilimento da parte di Cevital-Aferpi, non è superata la necessità di una politica industriale: come fanno altri paesi europei – sottolineano le associazioni – lo Stato deve comunque dotarsi di strumenti, per governare i territori indirizzando e controllando l’operato delle aziende private e l’evoluzione dell’economia. Purtroppo, siamo partiti con grandi enunciazioni sulla necessità di una politica industriale del governo, con un tavolo nazionale della siderurgia; e si è finiti alla competizione fra aziende dello stesso settore o, peggio, fra territori, senza un progetto comune, Brescia e Piombino contrapposte».

Durante il Consiglio comunale le parti in causa non si sono poi sottratte a un focus sulla particolare realtà piombinese, con le associazioni che sono tornate a rimarcare la necessità di dare spazio agli aiuti per i lavoratori in difficoltà economica, e soprattutto «operare perché questi ritrovino la dignità del lavoro».

Il sindaco Giuliani è dunque intervenuto in Consiglio ricordando come per le azioni sulla riqualificazione del personale interessato dalla crisi industriale dell’area «sono stati svolti da parte di Lucchini in Amministrazione straordinaria e Aferpi dei corsi di formazione che hanno coinvolto circa 200 lavoratori», sottolineando poi i primi passi avanti compiuti durante la nuova gestione: «In merito ai treni di laminazione – ha proseguito infatti Giuliani  –  nel trimestre luglio settembre c’è stato un importante incremento dei volumi di laminatoio sugli impianti di produzione rotaie e vergella», mentre al momento il treno Barre, dedicato ai mercati più di nicchia, ha sofferto maggiormente. Per quanto riguarda invece lo smantellamento dell’area a caldo e il futuro dell’acciaio a Piombino, l’amministrazione fa sapere che «si attendono novità importanti in nel prossimo incontro al Ministero dello sviluppo economico previsto l’8 ottobre».

A livello locale, l’acciaieria rimane centro di gravità ineludibile, ma le lacune evidenziate dalle associazioni sono di ampio respiro, e vertono tutte attorno alla mancanza di un piano industriale credibile e completo. «Il piano presentato da Cevital – osservano – brilla per l’incompletezza di tutte le componenti necessarie a valutarlo, è una semplice carta d’intenti. Mancano studi di mercato, prezzi, costi, prospettive negli anni a venire, management, eventuali accordi con aziende utilizzatrici, di servizi e di commercializzazione. Non è stato presentato neppure un brogliaccio in cui si definisca il collocamento degli impianti, le necessità logistiche, il vero fabbisogno delle aree […] Del settore agroindustriale Cevital non si sa praticamente niente, il piano industriale non dice quali impianti saranno costruiti a Piombino; solo nelle relazioni del Commissario Nardi leggiamo di un’ipotesi di industria della distillazione di prodotti vegetali per produrre biodiesel e bioalcool».

Senza dimenticare che, anche in quanto già c’è a proposito di programmazione industriale, le lacune non mancano. Esempio principe è l’assenza, nell’accordo di programma per Piombino, sull’acciaieria di ogni  riferimento alla questione degli scarti di lavorazione: un chilo di acciaio da forno elettrico esita 400-450 kg di rifiuti. Che fine fanno? Si rispalmano all’interno del perimetro dell’acciaieria? A oggi, Cevital rimane la migliore opportunità per un nuovo sviluppo industriale a Piombino, ma per passare dal sogno alla realtà le risposte da dare sono ancora molte. Prima arriveranno, vista la china che ha di fronte l’intera Val di Cornia, più alta sarà la loro credibilità.