Pichetto, male la prima: dal neo ministro dell’Ambiente nucleare e nuove estrazioni di gas

Nel frattempo ci sono almeno 280 GW di impianti rinnovabili ancora in attesa di risposte sulle autorizzazioni

[25 Ottobre 2022]

Appena insediatosi, il nuovo ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica – Gilberto Pichetto Fratin, in quota Forza Italia – è intervenuto ieri in collegamento telefonico con il ForumAutomotive in corso a Milano.

Affrontando lo spinoso problema della crisi energetica, Fratin ha affermato da una parte che come Governo «guardando avanti, naturalmente non siamo a tempi immediati, guardiamo in modo favorevole alla sperimentazione del nucleare di nuovo tipo»; nel frattempo si aprono nuovi spazi per l’estrazione di combustibili fossili sul territorio nazionale, dato che «liberarsi dalla dipendenza energetica è nell’interesse di tutti. Proseguiremo anche la ricerca e l’estrazione di gas dai fondali marini».

Nessuna sorpresa: si tratta del resto di affermazioni coerenti col programma elettorale con cui la coalizione di destra (estrema e non) ha vinto le elezioni. I problemi al riguardo resto però tutti sul tavolo.

Poco più di un anno fa anche l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), tracciando il percorso globale per arrivare ad azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050 – e rispettare così l’Accordo di Parigi, contenendo il surriscaldamento del clima a +1,5°C – ha confermato che «oltre ai progetti già avviati nel 2021, nel nostro percorso non ci sono approvazioni per lo sviluppo di nuovi giacimenti di gas e di petrolio e non sono necessarie nuove miniere di carbone o ampliamenti delle miniere già in uso».

Inoltre le riserve certe di gas nel territorio italiano (tra sottosuolo e fondali marini) sono pari a 45,8 miliardi di Sm3, mentre la domanda nazionale è di oltre 70 miliardi di Sm3 l’anno; questo significa che estrarre tutte le riserve certe di gas ci renderebbe indipendenti per poco più di 7 mesi. Dovremmo poi andare ad esplorare le riserve “probabili” (che con altri 45,9 mld di Sm3 potrebbero garantirci al massimo altri 8 mesi di autonomia) e quelle “possibili” da 19,9 mld di Sm3, non cambiando di molto il risultato.

Sul nucleare invece la questione è ancora più fumosa. Le attuali tecnologie basate sulla fissione – dato che sui famosi reattori di IV generazione si discute da un paio di decenni, senza successo – hanno tempi e costi non compatibili con la decarbonizzazione italiana né con la crisi energetica in corso, dato che per costruire una nuova centrale servono circa quindici anni; diverso il discorso sulla ricerca applicata al nucleare da fusione, ma anche in questo caso dovremo attendere almeno il 2050 per avere qualche risultato.

Tutto questo mentre oggi il Sole 24 Ore, guardando al decantato nucleare francese, titola proprio oggi Edf, perdita shock nel 2022: il quotidiano confindustriale spiega che «il 2022 per Edf è stato un annus horribilis» con «oltre metà dei 56 reattori nucleari bloccati per manutenzione o “corrosione”» e «le tariffe bloccate dallo Stato», tanto che «sta per chiudere il bilancio peggiore della storia, con una perdita che si annuncia shock».

La società transalpina è stata privatizzata nel 2005 a 32€ per azione, mentre oggi lo Stato per provare a salvarla si vede costretta a rinazionalizzarla (offrendo 12€ per azione): allora «il parco nucleare francese aveva prodotto 429 TW, quest’anno si chiuderà tra 280 a 300; i debiti erano di soli 18,6 miliardi contro i 60 miliardi stimati per il prossimo 31 dicembre […] A metà settembre la società ha avvisato che solo il fermo delle centrali nucleari costerà 29 miliardi a livello di Ebitda».

Eppure il ministro Pichetto continua a guardare con ottimismo al nucleare. Nel frattempo, ancora nessuna parola sulle energie rinnovabili. Eppure, come spiegato nelle scorse settimane direttamente dall’ad di Terna – la società che gestisce la rete elettrica nazionale – a fine agosto le richieste di connessione alla rete Terna di impianti fonti rinnovabili «sono arrivate a 280 GW, circa quattro volte gli obiettivi nazionali al 2030. Realizzare quanto previsto dal piano europeo Fit for 55 (quindi 70 GW) porterebbe a un risparmio di gas di oltre 26 miliardi di metri cubi, sostanzialmente quanto il nostro Paese ha importato dalla Russia negli ultimi 12 mesi. Bisogna quindi accelerare il più possibile i processi di autorizzazione degli impianti».