Continua la discesa anche per l’energia nucleare, al livello più basso dal 1990

Per la prima volta l’Ue ha prodotto più elettricità dalle rinnovabili che dai fossili

In Italia invece le fonti pulite hanno raggiunto il 42%, ma persistono le difficoltà a concludere nuove installazioni di impianti. E le emissioni di gas serra sono già tornate a crescere

[29 Giugno 2021]

Nell’anno della pandemia la domanda di energia è calata molto, a causa del susseguirsi di lockdown e misure di distanziamento sociale, ma a mutare è stato anche il modo di soddisfare questa domanda: secondo i dati Eurostat pubblicati oggi, il 2020 è stato il primo anno in cui le rinnovabili hanno superato i combustibili fossili nella produzione di elettricità in Europa.

Nel 2020 la produzione di energia elettrica da combustibili fossili ha infatti continuato a diminuire, registrando il punto più basso: da 1.226.156 GWh nel 1990 (con un picco di 1.584.005 GWh nel 2007) a 1.133.402 GWh nel 2019 e 1.022.589 GWh stimati per il 2020 (con dunque un ulteriore calo de 9,8% rispetto al 2019).

Un andamento simile è stato osservato per la produzione di energia elettrica da nucleare, dove i dati provvisori del 2020 mostrano il punto più basso dal 1990, pario a 683.183 GWh (-6,3% sul 1990).

Al contrario, i dati preliminari mostrano che la corsa delle rinnovabili non si è affatto interrotta con la pandemia, anzi. Si è passati dai 303.279 GWh del 1990 ai 979.866 GWh nel 2019, per poi salire ancora  a 1.052.582 GWh nel 2020, ovvero 29.994 GWh in più rispetto alla produzione di elettricità da combustibili fossili.

Anche il trend italiano mostra una continua crescita delle rinnovabili. Secondo i dati preliminari diffusi da Terna, nel 2020 la richiesta di energia elettrica è stata pari a 302.751 GWh (-5,3% sul 2019), con 113.967 GWh prodotti grazie alle rinnovabili (+1% rispetto al 2019). Le rinnovabili hanno dunque coperto complessivamente circa il 42% della produzione nazionale e il 38% della domanda di energia elettrica.

Si tratta di risultati incoraggianti, ma è ancora presto per festeggiare. Gli impatti della pandemia su produzione e consumi energetici sono infatti temporanei, e la ripresa post Covid-19 mostra già segnali di rimbalzo.

Le emissioni di gas serra italiane hanno infatti già ripreso a crescere, ma già nel 2019 la loro riduzione procedeva più lentamente a livello nazionale che europeo. Nell’anno prima della pandemia l’Italia ha infatti emesso circa 10 milioni di tonnellate in meno rispetto al 2018, per restare in linea con il Green deal europeo avrebbero dovuto essere 17.

Come risultato, di fatto le emissioni italiane di gas serra sono praticamente ferme ai livelli del 2014. Sono dunque 7 gli anni persi, sia nella lotta alla crisi climatica sia nell’installazione di nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili, che da allora crescono col contagocce.