Quali sono invece le possibilità per una gestione sostenibile e di prossimità di questi scarti?

Operazione Keu, nuova maxi indagine sui fanghi che la Toscana non sa come gestire

Si ipotizza lo smaltimento abusivo di 8mila ton di rifiuti provenienti dal distretto conciario di Santa Croce sull’Arno nella realizzazione della SRT 429 empolese

[16 Aprile 2021]

Mentre il dibattito pubblico sui rifiuti si riduce a poco più che osservare l’andamento della raccolta differenziata – che riguarda una frazione del tutto minoritaria degli scarti che generiamo –, ieri l’operazione Keu condotta dai Carabinieri diretti dalla Procura distrettuale antimafia di Firenze è tornata dolorosamente a ricordare che la Toscana è in forte difficoltà nella gestione dei rifiuti prodotti sul proprio territorio, soprattutto (non solo) quando si tratta di rifiuti speciali e in particolar modo di fanghi. In questo caso, quelli prodotti nel distretto conciario di Santa Croce sull’Arno.

L’operazione Keu – descritta in dettaglio sia dal ministero della Transizione ecologica (Mite) sia dal Comando provinciale di Firenze dei Carabinieri – è infatti solo l’apice dell’ennesima inchiesta sulla gestione rifiuti condotta in Toscana negli ultimi anni, senza peraltro che tutte quelle finora avviate siano giunte a conclusione, individuando i colpevoli (o meno) dopo l’iniziale clamore mediatico: si ricordi ad esempio l’inchiesta Demetra del 2016, la Dangerous trash del 2017, la Blu mais e la Stop stinks del 2020, adesso l’operazione Keu. In molte di queste inchieste, la gestione dei fanghi rappresenta un nodo centrale.

Di che si tratta? I fanghi sono il residuo di un processo di depurazione, dunque uno scarto dell’economia circolare. Per quanto “green” tutti i processi industriali, infatti, generano nuovi scarti. Da gestire in modo legale, se non vogliamo lasciare spazio all’illegalità come ipotizza l’operazione Keu, che prende il nome dell’inerte finale derivante dal trattamento dei fanghi prodotti dagli scarti della concia delle pelli.

Secondo l’indagine, iniziata a maggio 2018, alcuni soggetti al vertice dell’Associazione conciatori di Santa Croce sull’Arno rappresenterebbero il fulcro decisionale di presunti smaltimenti illeciti di rifiuti: i reati contestati a 19 indagati, compresi alcuni vertici politici locali e dirigenti pubblici regionali, vanno dall’associazione a delinquere aggravata all’agevolazione mafiosa, alle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti all’inquinamento ambientale ed all’impedimento del controllo da parte degli organi amministrativi e giudiziari.

Come riportano dal Mite, secondo l’indagine «i rifiuti derivanti dal trattamento dei fanghi della depurazione degli scarichi delle concerie trattati dal complesso industriale Aquarno, e denominati “Keu”, consistevano in ceneri che presentano concentrazioni di inquinanti tali da non poter essere riutilizzati per recupero in attività edilizie di riempimento di rilevati o ripristini ambientali, ed invece erano inviati ad un impianto di produzione di materiali riciclati che provvedeva a miscelare questo rifiuto con altri inerti e a classificarlo materia prima per l’edilizia, così da essere impiegato in vari siti del territorio con concreto pericolo di contaminazione del suolo e delle falde. Inoltre sono emerse altre criticità per quanto le attività di scarico delle acque del depuratore “Aquarno” che riversa nel corpo recettore, il canale Usciana, acque non adeguatamente trattate. Anche la fase di lavorazione del cromo esausto ha presentato notevoli profili di criticità, essendo commercializzato dopo un trattamento, come materia prima pur non avendone i requisiti, e rimanendo un vero e proprio rifiuto. Di particolare rilievo la circostanza che il titolare dell’impianto di trattamento abusivo dei materiali riciclati fosse in stretto contatto con ambienti di spessore criminale della cosca Gallace, i quali avevano preso il controllo del subappalto del movimento terra per la realizzazione del V lotto della SRT 429 empolese. Grazie a questi contatti e infiltrazioni risulterebbero essere stati smaltiti abusivamente nei rilevati della superstrada circa 8.000 tonnellate di rifiuti contaminati».

Per capire se ci sia stato smaltimento illecito o meno sarà necessario attendere la fine di indagine e processo – con l’auspicio che avvenga rapidamente –, ma nel frattempo è utile soffermarsi sulle dimensioni del fenomeno.

Le 8mila tonnellate di rifiuti citate nell’inchiesta possono sembrare molte, ma è utile ricordare che si tratta in realtà di una frazione minima rispetto agli scarti del distretto conciario. «Le innovazioni tecnologiche e impiantistiche adottate a livello depurativo hanno sensibilmente ridotto la produzione di fanghi da smaltire che nell’ultimo ventennio (1995 – 2015) sono passati da 180.000 a 15.000 ton/anno – dichiarano nel merito proprio dal depuratore Acquarno – Tuttavia i flussi in gioco sono assolutamente rilevanti e la disposizione in discarica non ha tardato a presentare limiti e criticità oggettive connesse, in primo luogo, al reperimento dei volumi necessari. Proprio per questo motivo è stata studiata una soluzione alternativa che potesse garantire la riduzione volumetrica dei fanghi di depurazione e il loro riutilizzo come materia prima seconda (Mps)», ovvero il famigerato Keu.

Sempre Acquarno spiega che «il prodotto finale del trattamento di recupero (dei fanghi, ndr) è il granulato sinterizzato (Keu) che, dopo miscelazione con carbonato di calcio, è impiegato per la produzione di granulati inerti per l’edilizia (Hsc) e conglomerati bituminosi (Hcb) per asfalti». Un’operazione condotta illecitamente, secondo l’inchiesta.

Si tratta di un interrogativo fondamentale da chiarire, come fondamentale però è risolvere un problema oggettivo. Il distretto industriale conciario di Santa Croce sull’Arno rappresenta infatti oltre 500 aziende e 6mila addetti sfornano il 35% della produzione nazionale di pelli e il 98% di quella di cuoio da suola, con un fatturato pari a 2,4 miliardi di euro dovuto per il 70% all’export. Per favorire una gestione più sostenibile dei rifiuti che questo distretto inevitabilmente continuerà a generare, nel 2019 la Regione aveva siglato il “primo patto per l’economia circolare in Toscana”: uno strumento indispensabile ma ancora non sufficiente, evidentemente.

Il nodo, ancora una volta, è quello di una dotazione impiantisca palesemente insufficiente a gestire, recuperare o smaltire i rifiuti generati dalle imprese ma anche dai cittadini toscani. Perché i fanghi non sono un problema “solo” per le aziende che li producono, ma anche per la depurazione delle acque reflue urbane: un recente studio Ref ricerche mostra che sotto questo profilo la Toscana esporta (legalmente) 72mila ton/anno di fanghi, e che ce ne saranno altre 48.713 ton/anno quando i depuratori ad oggi mancanti entreranno – si spera – in funzione. Se queste sono le difficoltà che si incontrano nella gestione degli scarti dovuti alla depurazione delle acque reflue urbane, difficile pensare che soggetti privati possano passasserla meglio.