Presentato il Rapporto di sostenibilità del consorzio Conou

Olii lubrificanti quintessenza dell’economia circolare: avviato alla rigenerazione il 100% del raccolto

Nel 2019 evitato che finissero nell’aria 73 mila tonnellate di anidride carbonica equivalente

[27 Novembre 2020]

Se c’è un esempio virtuoso ed efficace di economia circolare, questo è rappresentato dall’olio lubrificante. Un settore di nicchia, è vero, ma un settore che riesce ad avviare al 100% alla rigenerazione, tutto ciò che viene raccolto. Detto in numeri: 191,3 mila le tonnellate di olio minerale usato raccolte nel 2019 (+2,5 punti percentuali rispetto al 2018) ed avviate tutto a rigenerazione. Riammesse così al consumo 128 mila tonnellate di olio rigenerato “di qualità equivalente a quello di prima raffinazione”. Insomma, il consorzio Conou funziona, e lo dimostra anche la sua ultratrentennale storia durante la quale ha raccolto 6,1 milioni di tonnellate di olio usato, avviandone a rigenerazione 5,5 milioni e consentendo così la produzione di 3,2 milioni di tonnellate di olio rigenerato e un risparmio sulle importazioni di petrolio di circa 3 miliardi di euro.

E il suo Rapporto di Sostenibilità 2019 appena pubblicato e presentato riassume i suoi tanti obiettivi virtuosi centrati nel 2019, a partire da quante emissioni a evitato con il suo impegno: 73 mila tonnellate di anidride carbonica equivalente (CO2 eq.) responsabili dell’effetto serra, paragonabili alle emissioni di circa 1.130 mezzi pesanti Euro 5 con una percorrenza annua media di 110.000 Km;1.121 tonnellate di anidride solforosa equivalente (SO2eq) connesse alla produzione di “piogge acide”;109 kg eq. di clorofluorocarburo-11 (CFC-11) causa della riduzione dello Strato di Ozono Troposferico, paragonabili a circa 6.800 viaggi intercontinentali in aereo;81 tonnellate di fosfato equivalente (PO43-) relative all’Eutrofizzazione Potenziale, ossia l’accumulo di nutrienti chimici in un ecosistema, che porta a una produttività anomala;58 mila tonnellate di 1,4-diclorobenzene eq., causa di ecotossicità per l’uomo.

Non solo, è stato evitata anche “la perdita del contenuto di materia organica del suolo per 1,5 milioni di tonnellate eq. di Carbonio (C Deficit), corrispondenti alla salvaguardia di 107,5 ettari di terreno, nonché il risparmio di 42 milioni di metri cubi di risorse idriche, l’equivalente del consumo medio di 210.000 famiglie di quattro componenti”.C’è poi un altro aspetto da non trascurare, che è quello economico: le 191 mila tonnellate complessivamente avviate a recupero in Italia nel 2019 hanno garantito un risparmio di circa 83 milioni di euro sulla bilancia commerciale del Paese per importazioni di greggio evitate. Sotto il profilo economico, il valore generato dal CONOU è stato pari a 62,7 milioni di euro, con 1.266 persone impiegate a vario titolo lungo la Filiera.

Per il presidente del Conou Paolo Tommasi, “il 2019 ha visto il Consorzio ribadire i risultati d’eccellenza già acquisiti nei mesi precedenti. Un obiettivo centrato grazie alle qualità delle aziende che compongono la Filiera del CONOU, realtà coesa, guidata da spirito d’innovazione e adattamento ai contesti in rapida evoluzione. Una capacità che rappresenta l’anima di un Consorzio che persegue con decisione e continuità i valori della salvaguardia dell’ambiente. Il contesto attuale, che ci vede ancora impegnati nella lotta al Covid-19, richiama l’urgenza di adottare un piano di “rinascita green”. I criteri della responsabilità ambientale, della sostenibilità sociale e della circolarità economica appaiono oggi come una scelta inevitabile per garantire uno sviluppo armonico e prospero” .

Per Riccardo Fraccaro, sottosegretario alla presidenza del Consiglio: “La Pianura Padana è uno dei territori più inquinati al mondo. Abbiamo tutta la conoscenze e tutte le tecnologie per cambiare rotta. Il problema è metterle a terra e realizzarle. Servono buone politiche ma soprattutto serve una politica chiara, quella che cambia linea non ce la possiamo più permettere”. “La lotta ai cambiamenti climatici è la più grande crisi che abbiamo di fronte: serve una politica che vada diritta. Quello che serve è un grande piano di investimenti pubblici, chiaro e di lungo periodo affinché il sistema economico investi in questa direzione”. “Abbiamo ancora un’economia che quando cresce aumenta le emissioni di Co2. La vera sfida dunque è vera una crescita con una riduzione della Co2. Oggi con il Conou stiamo discutendo una buona pratica” che dimostra che “oggi è possibile fare crescita, Pil, giro d’affari investendo in sostenibilità, economia circolare, sul green”.

“Dovremmo prendere con molta più serietà i richiami e le condanne che ci arrivano dall’Europa in tema ambientale visto che Bruxelles è un’avanguardia mondiale”, ha detto l’eurodeputata Simona Bonafè. “Sostenibilità ambientale ed economia circolare dovrebbero essere temi che non si abbandonano a seconda della maggioranza che sale al governo. La classe imprenditoriale del resto chiede certezza delle regole per mettere in moto quei processi virtuosi che noi come legislatori e cittadini le chiediamo”.

Stefano Ciafani, Presidente di Legambiente, nel corso della presentazione ha ricordato che: “L’esperienza del recupero e rigenerazione degli oli usati ci vede primeggiare non solo in Europa ma pure nel mondo”. “I numeri ci dicono che siamo assai più bravi dei tedeschi. Loro raccontano meglio ciò che fanno, noi non così bene, ma dati alla mano è indubbio che sappiamo farlo meglio. Ciò non toglie che in molti altri ambiti siamo pasticcioni. Ma l’esperienza del consorzio Conou sarebbe da replicare anche in molti altri ambiti, come per esempio sulle batterie usate”.

Infine il sottosegretario di Stato al ministero dell’Ambiente, Roberto Morassut, ha incentrato il suo intervento sempre sull’ambiente, ma  su un altro tema altrettanto importante e attuale: “Il punto dove siamo più in ritardo rispetto ad altri paesi è una normativa semplice ed efficace sul tema del consumo di suolo. La questione fondamentale è questa: le città tendono a crescere demograficamente ma non possono ampliare i perimetri. Quindi ci vogliono città diverse, tecnologicamente più avanzate, più strette e più alte. Il processo industriale dell’edilizia deve cambiare, non può più usare come materia prima il territorio vergine ma la materia prima è il territorio costruito questo comporta maggiori costi e diverse politiche fiscali di incoraggiamento dell’impresa. Ed è quello che cercheremo di discutere anche nel prossimo collegato ambientale”.