Le manifestazioni d'interesse dovranno arrivare entro tre mesi: come partecipare

Nuovi impianti per gestire i rifiuti in Toscana, ecco l’avviso pubblico della Regione

«Devono essere impianti di recupero/riciclo di rifiuti urbani e rifiuti derivanti dal trattamento degli urbani», ma niente termovalorizzatori

[24 Novembre 2021]

Su proposta dell’assessora all’Ambiente, Monia Monni (nella foto, ndr), la Giunta toscana ha approvato con delibera 1232 l’atteso avviso pubblico esplorativo “per la manifestazione di interesse alla realizzazione di impianti di recupero/riciclo rifiuti urbani e/o rifiuti derivati dal trattamento degli urbani”, chiamando a raccolta attori pubblici e privati che dovranno far pervenire le loro proposte entro tre mesi.

L’avviso coi relativi allegati (disponibili in coda all’articolo, ndr) nasce per rafforzare il quadro conoscitivo a disposizione del Consiglio regionale, finalizzato alla redazione del nuovo “Piano dell’economia circolare” che andrà a sostituire il vigente Piano rifiuti e bonifiche (Prb), dopo che quest’ultimo non ha centrato nessuno dei principali obiettivi posti alla sua approvazione nel 2014.

Il nuovo Piano mira in primis ad «assicurare la chiusura del ciclo di trattamento dei rifiuti urbani prodotti annualmente in Toscana», nel rispetto degli obiettivi posti dalle ultime direttive Ue sull’economia circolare – anch’esse incentrate sui rifiuti urbani – recepite dal Governo nazionale.

In quest’ottica, la Regione punta a raccogliere manifestazioni d’interesse a realizzare nuovi impianti (o alla messa a disposizione di impianti industriali esistenti) per il «recupero/riciclo di rifiuti urbani e rifiuti derivanti dal trattamento degli urbani», togliendo però dal campo l’ipotesi di nuovi termovalorizzatori, anche se quelli ad oggi presenti in Toscana – passati da 11 a 4 nel corso di pochi anni, e presto scenderanno a 2 – rispettano tutti i limiti emissivi previsti dalla normativa.

«Con riferimento agli impianti di recupero – spiega la Regione – l’avviso si muove nella direzione di affiancare ai termovalorizzatori presenti al netto delle chiusure programmate, che tuttavia restano tecnologie di economia circolare in termini di recupero energetico, impianti che sfruttano tecnologie alternative e che minimizzano ancora di più l’emissione di CO2 in atmosfera, in linea con l’obiettivo di decarbonizzazione al 2050».

Il riferimento implicito, compreso un richiamo alle tipologie d’impianti finanziabili coi fondi Pnrr, sembra dunque condurre alle nuove tecnologie waste to chemicals come quelle presentate a inizio ottobre dalla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa insieme a NextChem, in merito alle quali sono già arrivati apprezzamenti da sindacati, ambientalisti e dalla stessa Regione.

Più in generale, le manifestazioni d’interesse sono attese via Pec entro 90 giorni: tra le altre cose dovranno indicare tipologia e quantità di rifiuti urbani (e derivanti dal trattamento degli urbani) che sono disposti ad accogliere, garantendo l’accesso agli impianti «a tariffe regolate e predeterminate». Gli impianti dovranno inoltre essere configurati secondo le Bat (Best available techniques) e Bref (Bat reference document) vigenti, e la loro localizzazione non deve essere oggetto di uno o più criteri escludenti indicati dal Prb.

Una volta ricevute, le manifestazioni d’interesse verranno valutate da un apposito gruppo tecnico-istruttorio – composto da membri della direzione Ambiente ed energia della Regione, dei tre Ato toscani e dell’Arrr –, con la Regione che si riserva di organizzare «forme di partecipazione pubblica di approfondimento» nel caso in cui arrivino sul tavolo «tecnologie particolarmente innovative e complesse».

In definitiva, la Regione conclude spiegando che l’avviso «è rivolto al mercato, oltre che ai gestori delle tre Autorità territoriali ottimali toscane, perché i rifiuti raccolti in forma differenziata, in quantità crescenti e diversificate, assieme agli scarti delle lavorazioni dei principali sistemi economici regionali, costituiscono una risorsa di materia per uno sviluppo economico e occupazionale sostenibile dei nostri territori».

Compare dunque un riferimento esplicito ai rifiuti speciali (ovvero provenienti da attività industriali, commerciali, sanitarie, ecc.), anche se il focus dell’avviso resta incentrato sugli urbani, nonostante le evidenti asimmetrie dei due flussi.

In Toscana infatti vengono generati annualmente 2,28 mln di ton di rifiuti urbani, cui si aggiungono almeno altre 10,1 mln di ton rifiuti speciali. Per soddisfare gli obiettivi Ue sugli urbani al 2035 si stima manchino impianti per gestire ben 1 milione di tonnellate l’anno – con 447mila ton/a legate al solo recupero energetico –, con importanti aggravi di costo che impattano sulla Tari pagata dai cittadini, ma nel frattempo già oggi non trovano adeguata collocazione almeno 338mila ton/a di rifiuti speciali.

Perché dunque continuare a mantenere l’attenzione prevalentemente sugli urbani? Vero è che “solo” i rifiuti urbani ricadono nell’ambito della privativa comunale e dunque la loro gestione è (su base diretta o tramite affidamento) in capo alla mano pubblica, mentre i rifiuti speciali sono di norma affidati al mercato. Ma è utile ricordare che tutta l’infrastruttura impiantistica per la loro gestione, dal riciclo al recupero energetico allo smaltimento, è soggetta e dunque dipende dalle autorizzazioni regionali: tentare di eludere il tema non risolve il problema, come ricordato recentemente proprio l’assessora Monni intervenendo in merito all’inchiesta Keu, incentrata esclusivamente su rifiuti speciali, che (non a caso) ha portato scompiglio in Regione.