L’assessora Monni in visita al cantiere

Non solo Nimby, nelle terre del Chianti sta nascendo il biodigestore più grande d’Italia

Il sindaco Mugnaini: «Siamo orgogliosi che questo impianto nasca sul territorio e che, grazie all’impegno di Alia, porti anche benefici alla cittadinanza»

[21 Ottobre 2021]

Con investimenti da 30 milioni di euro, Alia – il gestore unico e interamente pubblico dei servizi d’igiene urbana nell’Ato Toscana centro – sta realizzando a Montespertoli quello che diventerà il biodigestore più grande in Italia.

In un Comune di 13mila anime adagiato sulle colline fiorentine, nel cuore delle terre del Chianti, a partire dal 2022 arriveranno 160mila ton/anno di rifiuti organici: una parte della raccolta differenziata operata dai cittadini, che qui troverà nuovo valore trasformandosi in 25mila tonnellate di compost e 11 milioni di metri cubi di biometano (con un potenziale energetico di 100 milioni di kWh/anno).

Il nascente biodigestore costituisce, in sostanza, un ammodernamento tecnologico del già presente impianto di compostaggio. Permetterà di migliorare e raddoppiare la capacità di riciclo dei rifiuti organici e biodegrabili, e di produrre  biometano, un carburante rinnovabile e CO2 neutrale (in quanto proveniente appunto dalla degradazione di rifiuti organici) che sarà poi utilizzato anche dai mezzi di Alia per gli spostamenti (tra 1 anno il 50% dei suoi mezzi andrà a metano o biometano) oltre che immesso sul mercato.

Nei giorni scorsi, l’assessora regionale all’Ambiente Monia Monni ha visitato il cantiere del biodigestore presso l’Ecocentro di Casa Sartori per fare il punto sui lavori: «In un’ottica di economia circolare l’impianto di Montespertoli rappresenta sicuramente una delle massime espressioni in Italia. Uno sviluppo che consentirà ad Ato Toscana centro di essere autosufficiente riguardo al recupero della frazione organica, anche in previsione delle trasformazioni dei servizi di raccolta nei comuni gestiti: una risposta ecologicamente sostenibile al problema della gestione dei rifiuti, senza trascurare il rispetto dell’ambiente ed i riflessi sull’economia del territorio attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro».

La realizzazione del biodigestore concorrerà così a sanare un paradosso cocente, che vede i cittadini adoperarsi nella raccolta differenziata senza che sul territorio regionale siano presenti impianti adeguati per valorizzarla.

Secondo i dati messi in fila dall’Arpat, ad oggi circa il 10% dell’organico raccolto in Toscana deve essere spedito fuori confine;  un recente report Ambrosetti-A2A documenta invece come la Toscana soffra un deficit pari a 279.847 ton/anno per l’organico (Forsu + verde): sono infatti 550.489 le ton raccolte ma solo 270.642 quelle gestite, affidandosi evidentemente all’export – con impatti ambientali ed economici rilevanti – per la quota rimanente. Proiettando questi dati agli obiettivi Ue al 2035, il gap impiantistico si allarga fino a 390mila ton/anno.

La scelta di realizzare nuovi biodigestori appare dunque non solo come la più sostenibile, ma anche come la più economica e razionale. Eppure si tratta di una scelta per niente scontata, dato l’ammontare di sindromi Nimby & Nimto che spesso si addensano attorno agli impianti per gestire rifiuti, così come sugli impianti legati alle fonti rinnovabili.

Basti pensare che Francesco Ferrante – vicepresidente Kyoto club e Coordinamento Free – ha segnalato finora ben 175 casi di opposizioni Nimby legati soltanto ai biodigestori, mentre Legambiente ha elaborato una campagna contro le fake news diffuse sul tema. Il caso di Montespertoli mostra però che esiti positivi sono possibili.

«La comunità di Montespertoli – dichiara il sindaco Alessio Mugnaini – ha costruito nel tempo una consapevolezza forte sul tema dei rifiuti e dell’impiantistica e ha saputo sostenere il grande impegno di Alia nel progettare e realizzare questo nuovo biodigestore. Siamo orgogliosi che questo impianto nasca sul territorio e che, grazie all’impegno di Alia, porti anche benefici alla cittadinanza. La realizzazione di questo impianto è la testimonianza che interventi di questo tipo si possono fare senza snaturare un contesto rurale come quello di una delle capitali del vino toscano».