Nei Paesi arabi c’è il più alto tasso di disoccupazione del mondo e un terzo della popolazione vive in povertà

Indagine ESCWA Onu: disoccupazione al 12% nel 2022, nonostante una crescita positiva

[2 Gennaio 2023]

Secondo l’ultima versione della “Survey of Economic and Social Developments in the Arab Region” della  pubblicata dall’United Nations Economic and Social Commission for Western Asia (ESCWA, una delle cinque commissioni regionali dell’Onu), «Nonostante l’interruzione della ripresa dell’economia globale a causa delle ripercussioni della pandemia di Covid-19 e causate dalla guerra in Ucraina, l’economia della regione araba dovrebbe aumentare crescere del 4,5% nel 2023 e del 3,4% nel 2024».

L’indagine ESCWA  evidenzia però che «I tassi di inflazione sono aumentati al 14% nel 2022, ma probabilmente scenderanno rispettivamente all’8 e al 4,5% nei prossimi due anni. Anche la povertà, misurata rispetto alle soglie nazionali di povertà, è aumentata fino a colpire 130 milioni di persone nei Paesi arabi, vale a dire più di un terzo della popolazione della regione esclusi i paesi del Gulf Cooperation Council (le petro-monarchie di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Kuwait, Oman, Bahrein) e la Libia». L’indagine prevede nei prossimi due anni «Un ulteriore aumento dei livelli di povertà che raggoingerà il 36% della popolazione nel 2024».

Inoltre, nel 2022 la regione araba ha registrato il tasso di disoccupazione più alto del mondo: il 12% e molti dei lavori sono “informali”, cioè al nero o di piccolo commercio che no bastano a tenere lavoratori e famiglie fuori dalla povertà. Per l’ ESCWA «Grazie degli sforzi di ripresa economica post-COVID-19Potrebbe esserci una leggera diminuzione nel 2023 all’11,7%».

Attraverso questa inchiesta aggiornata annualmente, l’ESCWA fornisce un’analisi delle ultime tendenze sociali ed economiche nella regione, per sostenere gli sforzi degli Stati membri nello sviluppo e nell’attuazione di politiche basate su dati certi e nel miglioramento dei processi di pianificazione economica per raggiungere uno sviluppo sostenibile e inclusivo.

Il principale autore dell’indagine Ahmed Moummi, ha evidenziato che «Nonostante le prospettive di crescita positive della regione, ci sono discrepanze significative tra i Paesi, che sono state esacerbate dalla guerra in Ucraina. In effetti, le ripercussioni di quella guerra non sono le stesse per tutti i Paesi arabi: i Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo e altri esportatori di petrolio continueranno a beneficiare dell’aumento dei prezzi dell’energia, mentre i Paesi importatori di petrolio soffriranno per diversi problemi socioeconomici, tra cui l’aumento di costi dell’energia, la scarsità di approvvigionamento alimentare e il calo sia del turismo che degli afflussi di aiuti internazionali. La situazione attuale rappresenta per i Paesi arabi esportatori di petrolio un’opportunità di diversificare le loro economie allontanandole dal settore energetico,  accumulando riserve e investendo in progetti che generino crescita inclusiva e sviluppo sostenibile».

Dati che dovrebbero preoccupare (e far intervenire) l’Europa e l’Italia, visto che una buona parte del flusso dei profughi e dei migranti viene proprio dai Paesi arabi.