L’unica risposta strutturale alle pressioni della Russia passa dalle rinnovabili

L’Italia e l’Europa soffrono da troppo tempo una dipendenza dall’import di gas russo, e solo una transizione ecologica può ridisegnare la geopolitica energetica

[22 Febbraio 2022]

Mentre l’Unione europea prepara le sanzioni verso la Russia, dopo l’accelerazione della crisi ucraina delle ultime ore, il primo passo importante in tal senso arriva dalla Germania: il cancelliere Olaf Scholz ha annunciato un nuovo stop all’autorizzazione per il gasdotto Nord Stream 2, che collega proprio la Russia alla Germania bypassando l’Ucraina.

Scholz chiede nuovi sforzi diplomatici «per evitare una catastrofe», quella di una nuova e vasta guerra in Europa, ma le redini del conflitto passano ancora una volta dalla geopolitica energetica.

Non a caso il presidente russo Vladimir Putin, dopo il via libera all’ingresso delle truppe nel Donbass arrivato ieri sera, oggi afferma che «un uso più ampio del gas naturale, uno dei tipi di carburante più rispettosi dell’ambiente, è abbastanza rilevante in questa fase. La Russia è destinata a continuare la fornitura ininterrotta di questa risorsa energetica, compreso il gas naturale liquefatto, ai mercati globali, per migliorare l’infrastruttura esistente e aumentare gli investimenti nel settore del gas».

Tra questi “mercati globali”, l’Europa rappresenta lo sbocco principe per il gas russo:  il 41,1% del gas naturale consumato in Europa proviene dalla Russia, percentuale che sale al 47,1% (dato Eurostat 2019) nel caso dell’Italia, garantendo a Mosca una forte influenza sulle questioni europee: Fatih Birol, il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), ha spiegato ad esempio il ruolo della Russia nella crisi delle bollette energetiche che stiamo vivendo.

Questa reciproca dipendenza rappresenta un forte vincolo per le risposte europee alla crisi in corso, e l’unica soluzione strutturale per avere più potere negoziale e rafforzare l’indipendenza continentale da regimi autocratici passa dalle energie rinnovabili.

«Un’Unione europea forte non può dipendere così tanto da un fornitore di energia che minaccia di scatenare una guerra nel nostro continente – ha dichiarato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen – alla chiusura della Conferenza di Monaco sulla sicurezza – Gazprom sta deliberatamente cercando di immagazzinare e consegnare il meno possibile, mentre i prezzi e la domanda stanno salendo alle stelle. Un comportamento strano per un’azienda. Dobbiamo diversificare sia i nostri fornitori che le nostre fonti di energia: questo lavoro è già in corso. Abbiamo contattato i nostri partner e amici in tutto il mondo, e oggi posso dire che anche in caso di interruzione totale dell’approvvigionamento di gas da parte della Russia, siamo al sicuro per questo inverno. E nel medio e lungo termine, stiamo raddoppiando le energie rinnovabili. Ciò aumenterà l’indipendenza strategica dell’Europa in materia di energia».

La crisi Ucraina mostra però chiaramente l’urgenza di accelerare sul fronte delle rinnovabili. L’obiettivo per il 2030, stabilito nelle legge europea sul clima, punta a ridurre le emissioni di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990: di questo passo però, secondo le ultime proiezioni degli Stati membri, per il 2030 la riduzione delle emissioni arriverebbe solo al 41% circa.

L’Italia purtroppo rappresenta un caso esemplare di questa transizione al rallentatore. Nonostante la domanda primaria di energia si sia contratta in Italia del 9,2% nel corso del 2020, a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia, il 73,4% del nostro fabbisogno è stato soddisfatto solo grazie alle importazioni nette. Non solo: complessivamente, per coprire una domanda primaria pari a 143,5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, ci siamo affidati ad un approvvigionamento energetico per il 40% dal gas naturale, per il 33% dal petrolio e solo per il 20% circa dalle fonti energetiche rinnovabili.

Con il nuovo pacchetto “Fit for 55” presentato dalla Commissione Ue per traguardare entro il 2030 un taglio delle emissioni climalteranti pari al 55% rispetto al 1990 (a livello europeo per ora siamo a -24%, in Italia invece a -19,4%) si è già affacciata sul panorama legislativo la direttiva Red III, con l’obiettivo di «produrre il 40% della nostra energia da fonti rinnovabili entro il 2030».

Per l’Italia significa più che raddoppiare i risultati raggiunti finora, in meno di un decennio, ma per farlo occorre snellire non poco il permitting per i nuovi impianti: se il Paese avesse già traguardato gli obiettivi europei sulle rinnovabili potrebbe risparmiare in bolletta qualcosa come 50 mld di euro all’anno, ma tutto questo non sta avvenendo proprio perché i nuovi impianti crescono a passo di lumaca.