L’estinzione dei giovani lavoratori: in Italia -7,6% in dieci anni

Censis: il 39,3% dei lavoratori 15-34enni è precario, mentre il 53% ha una retribuzione insoddisfacente

[3 Marzo 2023]

Secondo la teoria economica un bene scarso è anche più prezioso, ma si tratta di una regola che per i giovani italiani – una fascia demografica sempre più sottile – sembra non valere.

Secondo il VI rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, infatti, i «lavoratori giovani in Italia sono diventati una rarità», mentre i pochi rimasti hanno retribuzioni ampiamente insoddisfacenti.

Nel decennio 2012-2022 gli occupati 15-34enni sono infatti diminuiti del 7,6% e quelli con 35-49 anni del 14,8%, mentre i 50-64enni sono aumentati del 40,8% e quelli con 65 anni e oltre del 68,9%. I lavoratori invecchiano e in futuro ce ne saranno sempre meno: si stima che nel 2040 le forze di lavoro nel complesso saranno diminuite dell’1,6%, come esito della radicale transizione demografica che il Paese sta vivendo.

Nel frattempo, nei primi nove mesi del 2022 ogni giorno in media 8.500 italiani si sono dimessi dal lavoro (+30,1% rispetto allo stesso periodo del 2019) e, al contempo, giornalmente in 49.500 hanno iniziato un nuovo lavoro (+6,2%); la ricerca di una occupazione migliore (che per i giovani significa meno precaria) è la bussola che orienta le decisioni e i comportamenti.

Anche perché la fascia della precarietà è ancora ampia: complessivamente, il 21,3% dei lavoratori italiani è occupato con forme contrattuali non standard (tempo determinato, part-time, collaborazioni). La percentuale oscilla dal 27,9% delle lavoratrici donne (rispetto al 16,5% degli uomini) al 39,3% dei lavoratori 15-34enni. Tra gli occupati giovani, la percentuale dei contratti non standard raggiunge il 46,3% tra le femmine, rispetto al 34,2% dei maschi.

Non a caso, se potesse, il 46,7% degli occupati italiani lascerebbe l’attuale lavoro. Lo farebbero il 50,4% dei giovani e il 45,8% degli adulti, il 58,6% degli operai, il 41,6% degli impiegati e solo il 26,9% dei dirigenti. Anche perché il 64,4% degli occupati dichiara di lavorare solo per ricavare i soldi necessari per vivere e fare le cose che piacciono, senza altre motivazioni esistenziali. Questo vale in particolare per il 69,7% dei giovani e per il 75,6% degli operai.

I motivi sono molti: in primis difficoltà di carriera, paura di perdere il posto di lavoro e retribuzioni insoddisfacenti, col 44,2% degli occupati che considera lo stipendio percepito non adeguato alle proprie esigenze. Un dato che per i giovani arriva al 53%, oltre la metà del totale.