L’energia da nucleare costa il triplo di quella eolica o fotovoltaica

Ronchi: «Per avere solo un terzo della potenza nucleare installata in Francia servirebbe in Italia un reattore di quarta generazione in ogni provincia»

[19 Novembre 2021]

Ad ogni rallentamento sul fronte delle energie rinnovabili – e in Italia lo stallo dura ormai dal 2014 –, il fantasma del nucleare torna ad aleggiare sul dibattito pubblico. Senza però tenere in debito conto né le criticità ambientali né quelle economiche legate a questa tecnologia, per non parlare dei profondi intrecci del nucleare civile con quello militare.

Neanche il nucleare di quarta generazione sta offrendo elementi per ripensare una scelta confermata per ben due volte dagli italiani tramite referendum.

«Per valutare sicurezza, rischi, impatti e costi reali di questi impianti si dovrebbe disporre delle analisi di almeno una centrale in condizioni di reale funzionamento – spiega Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e già ministro dell’Ambiente – Tenendo conto sempre che le centrali di 4° generazione continuerebbero ad usare la fissione dell’uranio, che genera radioattività e  rifiuti radioattivi ad alta attività che l’Italia non è in grado di stoccare, visto che ancora oggi non è stato localizzato neppure un sito».

Ronchi ironizza poi sul fatto che si parli di piccoli reattori, in riferimento a questa tecnologia: «Per avere solo un terzo  della potenza nucleare installata in Francia servirebbero in Italia 100 reattori di quarta generazione da 200 megawatt: un reattore nucleare in ogni provincia italiana».

Si tratta di aspetti recentemente messi in evidenza anche da Giorgio Parisi: sulla questione nucleare «bisogna guardare al rapporto danni-benefici e tutto dipende dal Paese – ha dichiarato pochi giorni fa il fresco Nobel per la fisica – Se Chernobyl fosse stata in Val Padana, con una popolazione molto superiore a quella zona dell’allora Urss, avrebbe provocato milioni di morti. In ogni caso è da escludere in Paesi come l’Italia densamente abitati. Per la quarta generazione degli impianti nucleari a fissione di cui si parla perché più sicuri, adesso esistono solo prototipi che devono dimostrare la loro qualità; tuttavia sono sempre da escludere dove vive la gente. È diverso se i cinesi vogliono realizzarle in zone remote».

Ma a frenare la diffusione del nucleare non sono “solo” questioni legate alla sicurezza degli impianti, o alla gestione dei rifiuti radioattivi, ma anche le valutazioni economiche; non a caso Ronchi ricorda che «l’energia prodotta dall’atomo costa 150 dollari per MWh contro 50 dollari dell’eolico e 55 del fotovoltaico».

Per tutti questi motivi, anche l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) pone il nucleare in un ruolo strettamente minoritario nella lotta alla crisi climatica, tanto da stimare che alla metà del secolo arriverà da questa fonte circa il 10% dell’elettricità, per lasciare sostanzialmente tutto il resto alle rinnovabili.

«Fino al 2030 ed oltre – conclude Ronchi – non vi sarà alcuna centrale nucleare di quarta generazione funzionante. Nel prossimo decennio, decisivo per ridurre le emissioni di gas serra, non potranno dare quindi alcun contributo. E anche nel decennio successivo, viste le difficoltà per localizzare, realizzare e finanziare questi impianti, il loro contributo alla decarbonizzazione sarà modesto, per non dire ininfluente».

Le speranze sono dunque tutte racchiuse nel nucleare da fusione, che però – come afferma il Consiglio Ue sarà una tecnologia pronta per il mercato non prima del 2050 (una deadline finora spostata sempre più avanti), ovvero quando dovremo aver già raggiunto la carbon neutrality per avere qualche chance di contenere il riscaldamento globale entro i +1,5-2°C rispetto al periodo preindustriale.