Legge di bilancio 2019: «Il cambiamento passa per l’ambiente»

Le proposte di Legambiente: 30 interventi realizzabili da subito e a parità di gettito per lo Stato. 4 ambiti di intervento: concessioni, cambiamenti climatici, fiscalità, rilancio degli investimenti utili

[9 Ottobre 2018]

Legambiente lancia la sfida al governo Movimento 5 Stelle – Lega, perché sia davvero il governo del cambiamento, presentando le sue proposte per la Legge di bilancio 2019 in un dossier  nel quale sottolinea che «La sfida del cambiamento passa per l’ambiente e non ci sono più scuse per rinviare investimenti capaci di rilanciare l’economia, l’occupazione e la crescita del Paese. Non c’è più tempo da perdere come ci ricordano anche i dai dati del report Ipcc sul riscaldamento globale, serve solo la volontà e il coraggio di intraprendere davvero questo cambiamento green, a partire dalla prossima legge di bilancio».

Il Cigno Verde ha presentato un pacchetto di 30 proposte per la Legge di Stabilità 2019, «a parità di gettito per lo Stato» che riguardano 4 settori di intervento principali: concessioni, cambiamenti climatici, fiscalità, rilancio degli investimenti utili.  Gli ambientalisti spiegano che «Si va, ad esempio, dal rivedere i canoni per le attività estrattive, il prelievo di acqua minerale e le concessioni balneari, dal cancellare i sussidi alle fonti fossili – incomprensibili in un Paese impegnato nella lotta ai cambiamenti climatici – incentivando, invece investimenti per rendere più moderne e sostenibili le città, per riqualificare gli edifici da un punto d vista sismico e energetico, per rilanciare le fonti rinnovabili e le produzioni certificate di qualità e da filiere territoriali. La strada è quella di intervenire sui canoni di concessione e sull’Iva sulla base di obiettivi ambientali e sociali. E di spingere tutti gli interventi indispensabili a rendere davvero sicure case e scuole, attraverso incentivi per le diagnosi sismiche e energetiche di edifici e scuole in modo da completare l’anagrafe scolastica, e poi intervenire sulla sicurezza, solo per citarne alcuni».

Con queste proposte Legambiente chiede al Governo del cambiamento di «mettere davvero al centro dell’agenda politica l’ambiente, che invece anche nell’ultimo Def – nonostante contenga alcuni interventi positivi e condivisibili – continua a non essere tra le priorità e appare marginale nella visione di sviluppo del Paese».

L’associazione ambientalista  dice che gli interventi proposti sono facilmente realizzabili de che «consentirebbero di generare effetti già a partire del 2019, senza creare debito o determinare un aumento della tassazione e senza aprire un nuovo fronte di scontro con l’Europa per realizzarle. Potrebbero produrre un investimento per 1 miliardo di euro in innovazione e riqualificazione ambientale, urbana, territoriale e permetterebbero di cancellare evidenti ingiustizie e rendite in campo ambientale. A ciò si deve aggiungere una grande riforma della fiscalità per l’ambiente, spostando il peso della tassazione dal lavoro al consumo di risorse ambientali, in pratica tanto inquini tanto paghi, scommettendo sull’economia circolare, le fonti rinnovabili e su innovazioni capaci di ridurre emissioni di gas serra. In questo modo si possono orientare almeno 10 miliardi di euro di entrate fiscali verso l’innovazione ambientale e il lavoro».

E mentre impazza la polemica su dove e a chi prendere i soldi, Legambiente rivela che «Se poi si guarda nel grande bilancio dello Stato italiano si scopre che le risorse ci sono, ma bisogna finalmente avere il coraggio di aggredire le rendite a danno dell’ambiente che impediscono una corretta gestione delle risorse naturali e dei beni comuni, gli enormi sprechi, le scelte infrastrutturali sbagliate. E se si aggiunge quanto si può recuperare da evasione fiscale, sprechi della pubblica amministrazione, investimenti in infrastrutture inutili si comprende come non esistano scuse per rilanciare investimenti virtuosi in campo ambientale capaci di creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro».

Per questo l’associazione ambientalista lancia un appello al Governo M5S-Lega e al Parlamento, «affinché l’ambiente, tema che preoccupa sempre di più i cittadini, torni a trovare il giusto spazio all’interno del dibattito politico e non solo durante le periodiche emergenze».

Presentando le proposte di fronte a un folto gruppo di parlamentari e esponenti di associazioni, il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, ha ricordato che «La nuova legislatura si è aperta con un Governo che ha fatto del cambiamento la propria bandiera per superare i problemi del Paese. Le proposte che abbiamo messo in fila vanno proprio nella direzione di ripensare l’economia italiana e di rilanciarla affrontando i problemi e le diseguaglianze economiche, sociali e territoriali cresciute nel Paese. Perché proprio la mancanza e precarietà del lavoro, le barriere e disparità nelle condizioni di accesso sono la ragione della paura del futuro non solo tra i giovani ma in tutta la società italiana, sono alla base dei terribili crescenti fenomeni di intolleranza e razzismo. Le risorse e le idee ci sono per cambiare questa situazione, per questo al nuovo Governo e al nuovo Parlamento chiediamo di dare seguito alle promesse e agli impegni presi».

Legambiente sottolinea che «Investire sull’ambiente conviene. Lo dimostra la crescita di nuove imprese e dell’occupazione nei settori che più stanno andando in una direzione tenendo insieme qualità e innovazione: dal turismo all’agricoltura biologica, dal mondo del riciclo a quello dell’efficienza energetica. Sono quattro gli ambiti di intervento proposti: le concessioni, dove nella gestione di autostrade e aeroporti, di cave e acque minerali occorre ristabilire regole che garantiscano una corretta gestione di beni pubblici come, purtroppo, oggi non avviene e dove è possibile recuperare risorse per centinaia di milioni di Euro all’anno da chi guadagna dallo sfruttamento e dal degrado dell’ambiente. I cambiamenti climatici, dove si può intervenire su esenzioni dalle tasse per centinaia di milioni di Euro che oggi premiano le fonti fossili, spostando la fiscalità verso le fonti con minori impatti ambientali e l’innovazione, eliminando le barriere che oggi limitano le fonti rinnovabili e la mobilità sostenibile ed elettrica. Oggi, infatti, per estrarre petrolio e gas le aziende pagano solo il 10% di royalties per le trivellazioni su terra ferma e il 7% per quelle marine. Royalties troppo basse se paragonate con quelle di altri Paesi europei –– ad esempio Danimarca, Germania, Norvegia – come evidenziato da analisi internazionali e dallo stesso Ministero dell’Ambiente. Inoltre le royalties che le imprese pagano alle Regioni le possono dedurre dalle tasse che pagano allo Stato».

Altro ambito di intervento è la fiscalità sull’economia circolare e le filiere locali di qualità: «Intervenendo sull’IVA (attualmente articolata tra il 4 e il 22%) per differenziare i diversi beni sulla base di come e dove sono prodotti in modo da premiare l’innovazione ambientale e la coesione sociale e territoriale, il Made in Italy di qualità».

E infine il rilancio degli investimenti utili: «fondamentali per il rilancio dell’economia, e dove la priorità deve andare agli interventi capaci di riqualificare edifici e periferie urbane, scuole, di creare nuove linee metro e tram, piste ciclabili, di adattare le città ai cambiamenti climatici, di intervenire finalmente sui problemi di acquedotti e depuratori, sui ritardi delle bonifiche dei terreni inquinati, su quelli di demolizione degli edifici abusivi».

Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente, ha concluso: «Gli interventi che presentiamo oggi non hanno bisogno di nuove tasse o debiti, né di aprire un nuovo fronte di scontro con l’Europa. Al contrario è Bruxelles che ci chiede da tempo di ripensare la fiscalità per spingere innovazione e qualità ambientale. La grande opportunità di questa prospettiva è che permette di rilanciare la domanda interna, ossia quella che più ha sofferto questi anni di crisi, ed aiuta gli investimenti in innovazione e ricerca che sono fondamentali per rafforzare la propensione all’export delle imprese. La sfida sta oggi proprio nell’accompagnare una innovazione diffusa del tessuto imprenditoriale italiano attraverso la chiave dell’economia circolare e della decarbonizzazione, che oggi non sono più ricette ambientaliste ma gli obiettivi delle politiche europee al 2030. Un Paese come l’Italia avrebbe tutto l’interesse a scegliere questa direzione di cambiamento – e spingendo nella stessa direzione le scelte a livello europeo -, perché potrebbe rafforzare la propria competitività legando ancora di più il marchio del Made in Italy ad un’idea di qualità che include salute, sostenibilità ambientale e sociale dei prodotti».