L’analisi di Rossella Muroni dopo il successo dell’Onda verde alle elezioni europee

L’ecologismo in politica funziona se lotta contro l’ingiustizia climatica e sociale

L’Italia sconta un problema culturale della classe politica, della sua classe dirigente e del mondo dell’informazione

[7 Giugno 2019]

Dalle urne dei Paesi membri è uscito un parlamento europeo in cui i Democratici e socialisti e il Partito popolare insieme non hanno la maggioranza, ma dovranno cercare nuove alleanze. Ad esempio con i Liberali o con i Verdi. Che sono la vera novità e che hanno avuto un’affermazione decisamente più rilevante dei sovranisti. Proprio per questo salto in avanti dei Verdi europei – che hanno grandi competenze, cultura politica europeista, capacità di fare squadra e di proporre soluzioni adeguate ai temi che pongono – credo che la prossima legislatura europea abbia le carte in regola per affrontare con maggiore determinazione che in passato le sfide della decarbonizzazione, della transizione verso un’economia sostenibile e verso una società più equa e meno diseguale.

È davvero un peccato che in questo processo l’Italia sia tagliata fuori, costretta ai margini dalle scelte isolazioniste e retrograde della Lega. Scelte che inevitabilmente metteranno l’Italia all’angolo in Europa, accanto a paesi come l’Ungheria o la Polonia. Di fronte al successo travolgente della Lega e all’arretramento dei Cinque Stelle – legato all’incapacità del Movimento di passare dalla fase della protesta a quella più matura della proposta di soluzioni – in Italia non siamo ancora riusciti  a dare agli elettori un progetto che tenga insieme le istanze economiche e sociali con quelle ambientali. Per me l’ecologismo è da sempre questo: una lotta costante e coraggiosa contro l’ingiustizia climatica e sociale. Un legame indissolubile che non sono mai riuscita ad etichettare. Spero che ora si faccia tesoro di questo errore per ripartire, per riorganizzare il campo e dare rappresentanza alle richieste di inclusione, di giustizia sociale, economica e ambientale di una fascia sempre più ampia di cittadini.  Perché anche nel nostro Paese è forte la richiesta di una società più equa, sostenibile e solidale, capace di creare e difendere il lavoro, di accogliere e integrare; che sappia redistribuire la ricchezza e ridurre le diseguaglianze, rafforzare il welfare, migliorare la qualità ambientale e proteggere gli ideali democratici, arginando i nuovi focolai di razzismo.

Sarebbe davvero imperdonabile il contrario: una sfida che in tante e tanti siamo pronti ad accettare e rilanciare.

Ma dobbiamo anche essere coscienti che l’Italia sconta un problema culturale della classe politica, della sua classe dirigente e del mondo dell’informazione. L’obiettivo di chi come me ha una cultura ecologista è rendere la questione ambientale patrimonio comune condiviso. Perché l’ambiente non conosce confini e non appartiene a questa o quella parte, ma è un bene comune. E anche perché l’ecologia si può conciliare con l’economia.

La missione dell’Italia, infatti, non è competere al ribasso sui costi e sui diritti con le potenze economiche mondiali, ma è competere grazie alla qualità dei suoi prodotti e servizi, alla sua capacità di innovazione, di trovare nuove soluzioni ai problemi, grazie alla valorizzazione del capitale umano. Faccio un esempio per tutti: è l’italiana Catia Bastioli la scienziata che ha inventato il polimero in bioplastica alternativo alle plastiche derivate dal petrolio e la Susdef calcola che se in Italia riuscissimo a dare un forte impulso allo sviluppo sostenibile, e quindi ai settori economici collegati, potremmo generare fino a 800.000 addetti in 6 anni.

Niente di tutto questo è scritto negli atti che fin qui il Governo italiano ha approvato. Una promessa tradita che un pezzo del Paese aspetta di veder rappresentata: penso ai comitati che difendono i territori, ai giovani dei Fridays for Future, alle tante esperienze di presidio sociale e di associazionismo, ai tanti che puntano sull’agricoltura biologica e di qualità ma anche alle migliaia di imprese della green economy.

Dunque non solo abbiamo le tecnologie e le capacità per rendere la nostra economia e la nostra società più giuste e sostenibili, ma questo aiuterebbe anche a creare lavoro di qualità. Per farlo però abbiamo bisogno di buona politica. Tocca a noi, a tutti noi che ci diciamo ecologisti, progressisti, europeisti, costruire questa alternativa. Al più presto però.

di Rossella Muroni per greenreport.it