Le rinnovabili non sono un costo ma un guadagno, basta saper contare

Al 2030 vantaggi per l’Italia tra i 29 e 104 miliardi di euro dall’energia pulita (senza contare i materiali)

[25 Maggio 2016]

All’interno della ricerca “Il Global Cost dell’energia e gli effetti dello sviluppo delle rinnovabili” condotta da Althesys e presentata ieri da assoRinnovabili nel convegno “COP21: cosa deve cambiare nella politica energetica italiana” sono stati tracciati due scenari. Uno, più prudente, prevede di mantenere una quota di generazione Fer del 38% sulla domanda elettrica al 2030 (345 TWh). L’altro ipotizza una penetrazione maggiore delle Fer elettriche, sino a raggiungere il 55% della domanda al 2030. Nel primo caso i benefici netti (dunque, sottraendo già dal computo i costi) per l’Italia ammonterebbero a oltre 29 miliardi di euro, che balzano a 104 nel secondo, senza contare i vantaggi per la salute e per l’ambiente.
«I dati che abbiamo presentato – dichiara Agostino Re Rebaudengo, presidente di assoRinnovabili – dimostrano in maniera chiara e scientifica che il sorpasso delle rinnovabili sulle fossili è già una realtà: sono economicamente competitive, hanno un costo sociale nullo, creano occupazione e hanno le potenzialità per far tornare l’Italia tra i protagonisti della scena energetica e tecnologica europea. Purtroppo nell’ultimo triennio non abbiamo visto provvedimenti del governo coerenti con questi dati. Non c’è tempo da perdere: Cop21 è stata firmata, ora dobbiamo attuarla».

Da parte sua il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, intervenendo a Roma ha convenuto che «come Paese dobbiamo incidere sempre di più nelle scelte europee, e dobbiamo fare in modo che il recepimento di Cop21 avvenga nel più breve tempo possibile. Dobbiamo poi continuare a investire sulle rinnovabili anche semplificando il sistema». Azioni che purtroppo, come ha sottolineato Re Rebaudengo, di fatto non stanno avvenendo.

Nel corso dei lavori, assoRinnovabili ha lanciato una proposta in tre azioni per ridurre la CO2 e rilanciare l’industria europea. La prima prevede il rafforzamento dell’attuale Emission Trading Scheme (Ets) con l’introduzione di un prezzo minimo di almeno 20 euro/ton di CO2 destinato a crescere progressivamente, così come già introdotto nel Regno Unito e in Francia (che per il 2017 pensa già ad arrivare a 30€/ton). La seconda consiste nell’introduzione di una Border adjustment tax (Bat) sui beni e servizi importati in Europa, basata solo sulle emissioni derivanti dall’energia impiegata nelle attività di produzione e distribuzione degli stessi. La terza proposta prevede l’obbligo per tutti i prodotti venduti in Europa di indicare sull’etichetta il carbonio emesso per la loro produzione e per il loro funzionamento: ciò permetterebbe di promuovere il consumo di prodotti maggiormente ecosostenibili.

Il dato di fatto è che le rinnovabili non rappresentano un costo per il Paese, ma un intelligente investimento per ritrovare un ruolo nell’economia di oggi e quella di domani. Non solo nella rinnovabiltà dell’energia, ma anche in quella della materia: l’impatto dei processi di produzione, consumo e smaltimento va contabilizzato complessivamente, guardando all’intensità carbonica quanto all’utilizzo di materie prime, che nel mondo è in costante crescita. I progressi vanno portati avanti su entrambi i fronti per essere sostanziali: l’economia circolare fa bene al portafogli, al pianeta e al clima.