La sola repressione ha fallito mentre la sfiducia avanza: emblematico il caso keu

La Toscana vista attraverso il nuovo rapporto Ecomafia 2022 di Legambiente

Ferruzza: «Si conferma stabilmente al 6° posto in quella che io uso definire la classifica del disonore»

[22 Dicembre 2022]

Legambiente Toscana ha presentato oggi a Firenze lo spaccato regionale del rapporto Ecomafia 2022, realizzato dal Cigno verde e edito da Edizioni ambiente, a una settimana esatta dall’anteprima nazionale.

Guardando alla dimensione italiana nel suo complesso, il rapporto – aggiornato al 2021 – parla di 30.590 illeciti, 27.683 persone denunciate, 8.812 sequestri e 368 arresti: sostanzialmente la stessa situazione di un decennio fa, nonostante le varie leggi che si sono aggiunte nel frattempo per tentare di reprimere gli illeciti ambientali.

Forse sarebbe più utile un approccio diverso, che affianchi alla sola repressione – che finora ha dimostrato empiricamente la portata del proprio fallimento – un riordino della normativa ambientale all’insegna della semplificazione, in modo da poter distinguere gli ecomafiosi da coloro che rimangono ingiustamente impigliati in una normativa confusa e dunque con ampi margini di interpretabilità.

Senza neanche l’ombra di azioni propositive in tal senso, anche la Toscana galleggia da anni nella stessa situazione: il rapporto Ecomafia 2022 la posiziona al 6° posto nella classifica degli illeciti ambientali, esattamente come l’anno scorso, o nel prepandemia, etc. Per il 2021 il Cigno verde parla di 1.967 reati, 1.848 persone denunciate, 25 arresti, 14 sequestri.

Il 6,5% dell’ecomafia italiana, per Legambiente, è qui. Anche se sarebbe forse utile lasciar sedimentare quei numeri: proprio in Toscana, ad esempio, da anni si trascina stancamente un gran quantità di processi giudiziari e inchieste aperte sul ciclo dei rifiuti. Tra quelle che hanno fatto più rumore spicca il processo per corruzione e turbativa d’asta sull’affidamento dell’igiene urbana nell’Ato sud, con una gara pubblica effettuata 2012. Solo quest’anno il pm si accorge di aver sbagliato, e almeno ha chiesto scusa a tutti gli imputati; proprio oggi il processo si è concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati perché “il fatto non sussiste”.

«Il quadro che emerge dalla lettura del nostro rapporto Ecomafia 2022 continua a essere preoccupante – dichiara Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana – È fondamentale non abbassare la guardia nei confronti degli ecocriminali, ora più che mai visto che sono stati assegnati i primi finanziamenti dei bandi del Pnrr, molti altri ne verranno aggiudicati nel prossimo futuro, e presto si apriranno i tanti cantieri dell’agognata transizione ecologica. La Toscana, in particolare, si conferma stabilmente al 6° posto in quella che io uso definire la classifica del disonore. Tante infrazioni accertate nel ciclo del cemento (649), in quello dei rifiuti (507), nei reati contro il patrimonio boschivo (379) nei furti d’arte (59) classifica peculiare quella delle archeomafie che ci vede addirittura al 3°posto! Sul piano invece meramente qualitativo, il 2021, per la Toscana è l’anno della deflagrazione del caso keu. Inchiesta di cui si sono appena concluse le indagini preliminari e che, nel caso di rinvio a giudizio, vedrà certamente costituirsi parte civile la nostra associazione».

Proprio il caso keu, abbracciando la dimensione della gestione rifiuti e più in generale dell’economia circolare, è paradigmatico delle difficoltà a portare avanti la transizione ecologica all’interno di un contesto tutto teso al giustizialismo.

È utile infatti ricordare che il keu, prima di diventare il grande protagonista dell’ennesima inchiesta toscana sui rifiuti (ancora in attesa che inizi il processo), aveva un’accezione tutt’altro che negativa, tant’è che l’Università di Pisa questa primavera ha lanciato un nuovo progetto: usare il keu per abbattere l’inquinamento atmosferico delle concerie.

Il keu sono infatti le ceneri derivanti dai processi di essiccazione dei fanghi dei depurazione del distretto conciario di Santa Croce sull’Arno che, dopo miscelazione con carbonato di calcio, risultano impiegabili per la produzione di granulati inerti per l’edilizia e conglomerati bituminosi per asfalti; dunque un’operazione pienamente sostenibile, nel rispetto dei principi dell’economia circolare;  oggetto dell’inchiesta keu non è dunque il recupero in sé di queste ceneri, ma il presunto inquinamento che deriva dall’effettivo rispetto o meno dei limiti nelle concentrazioni di inquinanti all’interno di questi materiali, soprattutto dopo le operazioni di miscelazione, con l’azienda Lerose accusata di averle condotte illegalmente.

Essendo il processo ancora ben lungi dal concludersi, ancora non sappiamo se queste accuse sono fondate o meno. Due elementi però sono evidenti: da una parte, dopo oltre un anno di analisi sul campo, quest’estate l’Arpat ha concluso che i pozzi acquiferi privati controllati finora non sono inquinati da keu; lo stesso vale per le acque superficiali; tutti i campioni di aggregato riciclato contenente keu sono classificabili come rifiuti non pericolosi.

Dall’altra parte, nel frattempo però la popolazione direttamente interessata dai presunti inquinamenti si è comprensibilmente terrorizzata dal clamore giudiziario e mediatico della vicenda, maturando una forte sfiducia verso la classe politica e l’autorità pubblica. Come diretta conseguenza, oggi si oppone strenuamente ad ogni ipotesi di realizzare nuovi impianti sul territorio per la corretta gestione dei rifiuti.

Nell’aprile 2021, l’assessora regionale all’Ambiente Monia Monni, intervenendo in Consiglio regionale per spiegare la propria posizione sul caso keu, affermava: «La politica ha le proprie responsabilità perché ogni volta che si prova a far atterrare un impianto, si scatena il gioco del consenso che spesso insegue la pancia e perde di vista l’obiettivo. Ognuno porterà avanti la battaglia di dissenso, magari del proprio territorio, o farà la sua parte per mettere al sicuro il sistema?».

Un anno dopo, proprio nel territorio empolese si è affacciata l’ipotesi di realizzare un innovativo impianto di riciclo chimico a controllo pubblico, per dare finalmente un’occasione di recupero a rifiuti secchi non riciclabili meccanicamente (come plasmix e Css) che oggi la Toscana centrale non sa come gestire: quando va bene finiscono in inceneritori fuori dall’Ato di competenza, altrimenti in discarica o all’estero. Il Comune di Empoli inizialmente ha aperto all’ipotesi progettuale, contro la quale però sono poi insorti i comitati locali, tra i quali l’Assemblea permanente no keu.

Risultato: il Comune ha ritirato la disponibilità a valutare il progetto, la Regione fa spallucce, i comitati pensano di aver fatto qualcosa di ambientalista, mentre i rifiuti continuano a non avere un impianto di prossimità dove essere valorizzati. Lasciando così all’ecomafia, quella vera, più occasioni di potersene occupare.