La finanza “sostenibile” europea è inquinata da un’ondata di greenwashing

Intanto le banche etiche danno più credito a famiglie e imprese e battono la finanza tradizionale

[8 Giugno 2021]

Il “Piano d’Azione sulla Finanza Sostenibile della Commissione Europea“, pubblicato nel 2018, è lo strumento normativo che dovrebbe rendere la finanza europea più sostenibile, trasparente, inclusiva, eco-compatibile allo scopo di contrastare i cambiamenti climatici. Con l’entrata in vigore del regolamento Ue 2019/2088 Sustainable finance disclosure regulation (SFDR) sull’informativa di sostenibilità dei servizi finanziari, il 10 marzo è stato fatto il primo passo formale dell’Action Plan. Ma Fondazione Finanza Etica ricorda che «Il quadro normativo è in continuo divenire. Non si è ancora trovato un accordo su quali settori produttivi potranno essere considerati davvero “sostenibili”. La decisione è stata rinviata a dopo l’estate del 2021, principalmente a causa dello scontro con alcuni Stati membri sull’accettazione o meno del gas naturale e dell’energia nucleare».

I fondi di investimento sostenibili che selezionano i titoli su cui investire secondo criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) esistono da almeno 20 anni ma sono sempre stati una nicchia. In Italia, nel 2020, rappresentavano circa il 3,3% del totale investito tramite fondi.

I fondi etici si distinguono da quelli sostenibili perché escludono a priori investimenti in interi settori controversi come fonti fossili, armamenti, coltivazioni intensive e selezionano le aziende e gli Stati su cui investire in base a una rigorosa analisi degli impatti sociali e ambientali. Con l’Action Plan dell’Unione Europea sembra che improvvisamente un’ampissima quota di nuovi fondi di investimento possano definirsi sostenibili.

Il quarto rapporto “La finanza etica e sostenibile in Europa” di Fondazione Finanza Etica rivela come «alcune delle principali società di gestione del risparmio con sede in Italia e Spagna sarebbero corse a dichiarare “sostenibili” o “parzialmente sostenibili” una percentuale significativa dei propri fondi, dal 20% al 50%. Perché la sostenibilità attira nuovi clienti».

Secondo i dati della società internazionale indipendente Morningstar, «Sarebbero proprio le nuove regole varate dalla UE a far raddoppiare le dimensioni del mercato dei fondi che si definiscono sostenibili». L’European Funds and Asset Management Association (EFMA), rivela che «Il denaro gestito in totale in Europa a fine 2020 ammonterebbe a circa 25mila miliardi di euro» e l’analisi l’analisi di Zeb Consulting basata su dati Morningstar porta questa cifra a circa 34mila miliardi di euro secondo. «Quindi – riassume Fondazione Finanza Etica  – il peso dei fondi sostenibili sul totale dei fondi gestiti in Europa, in termini di patrimonio, sarebbe pari al 4-5%, 1.332 miliardi di euro, con gli occhiali di Morningstar e al 7%-10%, circa 2.500 miliardi di euro, mettendosi gli occhiali SFDR dell’Unione Europea».

Il rapporto “La finanza etica e sostenibile in Europa” analizza i fondi delle prime tre società di gestione del risparmio italiane (Generali, Gruppo Intesa-Sanpaolo e Amundi): con riferimento ai dati al 31 dicembre 2020 ne emerge che «Anche tra i fondi proposti come rispettosi dei criteri ESG (totalmente o in parte) appaiono società controverse, sia petrolifere sia produttrici di armi». Un’analisi confermata anche da una recente inchiesta dell’Economist che ha fatto i conti con i numeri dei 20 maggiori fondi venduti come ESG del mondo. Svelando che «Mediamente ciascuno di loro detiene investimenti in 17 produttori di combustibili fossili, a partire dalle note multinazionali Exxon Mobil e Saudi Aramco».

Il Rapporto di Fondazione Finanza Etica analizza anche il complesso tema degli impatti della finanza sulle perduranti violazioni dei diritti umani nel mondo ed evidenzia che «Nonostante la difficoltà a reperire informazioni a causa dell’opacità degli istituti finanziari, esistono Ong come BankTrack che da anni lavorano per scoprire e misurare gli impatti delle attività delle banche sui diritti umani. Dal lavoro di un team di ricercatori dell’Università di Pisa, realizzato con il contributo di Fondazione Finanza Etica ed Etica Sgr, è nato un nuovo indicatore, il Banks HUMAN RIGHTS Index. Sulla base di questo indice, tra le banche più coinvolte in violazioni dei diritti umani figurerebbero Standard Chartered Bank, BNP Paribas, Wells-Fargo, BlackRock, Morgan Stanley. Circa un quarto di esse (47 banche pari al 26% del campione) sarebbero  state coinvolte – in modo diretto o a causa di operazioni commerciali e industriali che hanno finanziato – in almeno un evento di violazione dei diritti umani, per un totale di 180 violazioni nel periodo 2000-2015».

La ricerca di Fondazione Finanza Etica e l’inchiesta dell’Economist rafforzano la determinazione del Gruppo Banca Etica a lavorare in rete con le altre banche etiche europee per far riconoscere il modello unico della finanza etica, sviluppato in 30 anni di attività e decisamente più radicale e incisivo negli impatti socio-ambientali rispetto a quello della finanza sostenibile così come regolamentata dall’Ue. Come riporta l’analisi del rapporto di Fondazione Finanza Etica, «Anche durante la pandemia da Covid-19 che ha colpito duramente anche le organizzazioni dell’economia sociale, le piccole imprese e i lavoratori autonomi  il mondo della finanza etica e solidale si è mobilitato per dare risposte alla crisi alle categorie più fragili, sostenendo i progetti con maggiori criticità in Italia, Spagna, Grecia, Francia, Belgio, Polonia e Portogallo. Dimostrando ancora una volta le potenzialità di una finanza realmente etica e inclusiva per sostenere una ripresa economica sana ed equa».

Di fronte al diffuso greenwashing della finanza “sostenibile”, le banche etiche europee mettono sempre più il credito al centro della loro attività, riuscendo a sostenere l’economia sociale e solidale anche durante la pandemia. Nel 2019 il 76,44% del totale degli attivi delle banche etiche europee ha riguardato l’erogazione di credito a famiglie e imprese. Le banche tradizionali hanno invece incentrato la propria attività sugli investimenti finanziari, la vendita di titoli, l’acquisto di quote di società: per loro l’attività creditizia corrisponde appena al 38,7%. Si distinguono anche le banche cooperative in cui l’attività di credito rappresenta quasi il 60% delle attività totali.

Negli ultimi dieci anni le banche etiche sono cresciute molto di più rispetto al sistema bancario europeo nel suo complesso, mentre le banche cooperative si sono collocate a un livello di crescita intermedia e comunque sensibilmente superiore a quella del sistema bancario. L’analisi dei ricercatori di Fondazione Finanza Etica rivela che per le banche etiche sono cresciuti in modo straordinario i prestiti e i depositi: rispettivamente del +10,16% e del +10,84% in media l’anno dal 2009 al 2019.