La differenza tra termovalorizzatori e “waste-to-chemicals” spiegata e Empoli

Ampia partecipazione (e 50 domande) al secondo incontro sul progetto del Distretto circolare

[28 Ottobre 2022]

È arrivato al giro di boa il ciclo di tre incontri di approfondimento sul progetto del Distretto circolare di Empoli; dopo un primo appuntamento che ha visto la partecipazione di oltre cento persone, il Palazzo delle esposizioni è tornato a riempirsi per l’approfondimento dedicato a La tecnologia NextChem: il sistema di produzione del syngas.

I tecnici di Alia, NextChem e dell’Alleanza circolare hanno spiegato il funzionamento del Distretto, tutte le diverse fasi e processi all’interno dell’impianto e «le fondamentali differenze della tecnologia “waste-to-chemicals” rispetto a quella di termovalorizzazione».

Un tema già esplorato in passato su queste colonne. I termovalorizzatori sono impianti che si basano sulla combustione completa dei rifiuti, generalmente tramite forni a griglia o a letto fluido, per produrre vapore e da questo ottenere energia elet­trica e/o termica; come scarti presentano la generazione di ceneri pesanti, leggere, fanghi e fumi contenenti numerosi micro e macro inquinanti, senza dimenticare importanti quantitativi di un gas climalterante come la CO2.

Tutti i termovalorizzatori attivi in Italia sono monitorati e regolarmente autorizzati ad operare, ma una mole crescente di studi mostra come le diverse e innovative tecnologie “waste-to-chemicals” presentino performance ambientali migliori.

Tra le più recenti analisi condotti in materia spiccano quella in fase di pubblicazione del Jrc europeo, che suggerisce impatti ambientali migliori per il riciclo chimico rispetto ad approcci più tradizionali alla gestione dei rifiuti non riciclabili meccanicamente; uno studio Lca condotto da Sphera e revisionato da esperti Unep, Eunomia e Northwestern University, che testimonia un minor impatto ambientale per il riciclo chimico rispetto alla termovalorizzazione; infine, il nuovo lavoro condotto dall’Earth engineering center (Eec) della City University di New York, che esamina i risultati di 13 studi Lca sul riciclo chimico della plastica.

Più in generale, con “waste to chemicals” si intende il riciclo e/o recupero chimico dei rifiuti: una soluzione tecnologica che permette di ottenere dai rifiuti plastici e secchi non riciclabili meccanicamente (come Css e plasmix) molecole re-impiegabili come elementi di partenza per nuovi prodotti o carburanti sostenibili. Il “waste to chemicals” non è dunque alternativo ma è complementare agli impianti di riciclo meccanico, in quanto tratta rifiuti che non è possibile recuperare con il riciclo tradizionale.

A partire da un processo di ossidazione parziale (ovvero senza combustione completa), la tecnologia NextChem prevede infatti la conversione chimica delle molecole di idrogeno, carbonio e ossigeno – gli stessi elementi compongono oltre il 90% del corpo umano – contenute in questi rifiuti in un gas di sintesi detto syngas, che è un prodotto chimico particolarmente pregiato: una volta purificato, il syngas può essere trasformato in prodotti come metanolo e idrogeno, che rappresentano elementi chiave per la transizione ecologica, potendo trovare impieghi per chimica di base, carburanti sostenibili e molti altri processi produttivi.

Qual è dunque, in sintesi, la differenza tra la combustione completa dei rifiuti che avviene negli inceneritori e la conversione chimica della tecnologia “waste to chemicals”? «La combustione completa di un idrocarburo – spiegano i proponenti del Distretto circolare – porta alla formazione di anidride carbonica, acqua e calore e una serie di microinquinanti dannosi per la salute. Con il calore generato normalmente viene prodotta energia elettrica. Al contrario, la conversione chimica si basa su un processo di ossidazione parziale, che viene fermato allo stadio in cui si generano ossido di carbonio e idrogeno (denominato gas di sintesi), e che non produce microinquinanti dannosi per la salute (le emissioni in atmosfera sono insignificanti)».

Al contempo «le emissioni di CO2 saranno meno della metà di quelle di un inceneritore. Il processo complessivamente consente di risparmiare fino al 90% di emissioni se si considerano quelle evitate a monte, ovvero non incenerendo i rifiuti, e a valle, ovvero sostituendo petrolio con i combustibili circolari che verranno prodotti. La CO2 che uscirà dall’impianto sarà quasi tutta pura e riutilizzabile sul mercato».

Al Palazzo delle esposizioni di Empoli, il confronto su questi temi si è svolto secondo il format collaudato già nel primo incontro. Dopo le presentazioni i cittadini, già divisi in tavoli da circa 10-15 persone coordinati dai facilitatori, hanno avuto il tempo per dialogare tra loro e presentare quesiti (circa 50) su tutti gli aspetti relativi al progetto; Alia e i partner dell’Alleanza circolare  hanno poi risposto a tutte le domande dei partecipanti, e adesso «ringraziano i cittadini per la partecipazione a questo secondo incontro e per i diversi spunti e le proposte emerse dentro un confronto approfondito e costruttivo con gli esperti presenti».

Il ciclo di incontri prevede il terzo appuntamento pubblico il 10 novembre, alle ore 21 sempre al Palazzo delle esposizioni, e avrà ad oggetto L’architettura e gli spazi pubblici e privati dell’impianto; dal 3 novembre alle ore 18 sarà pubblicato il link per la registrazione, obbligatoria per poter partecipare, sul sito www.distrettocircolareempoli.it, e a coloro che non sono riusciti a iscriversi ai primi incontri verrà dato diritto di precedenza.