La nuova ricerca del Censis

La crisi ha cambiato il consumatore-tipo italiano

Il welfare dei consumi: il 25,9% degli italiani si è affidato ai supermarket per non vedere crollare il proprio tenore di vita in questi anni

[12 Luglio 2017]

«Poter scegliere in modo sempre più informato per consumi personalizzati: è questo il futuro del consumo a cui deve rispondere la distribuzione moderna organizzata 4.0», secondo l’analisi offerta dal Censis nel suo rapporto su Lo sviluppo italiano e il ruolo sociale della Distribuzione moderna organizzata, presentato in Senato. I dati duri mostrano ad oggi un’evoluzione in crescendo, dopo anni di contrazione nei consumi degli italiani: «Nel primo trimestre 2017 i consumi complessivi delle famiglie hanno registrato l’incremento sul trimestre precedente (+1,3%) più alto dal 1999 e l’incremento annuo (+2,6%) più alto dal 2011». La differenza maggiore si misura però sul piano qualitativo.

«Il consumatore esce dalla crisi molto cambiato. Oggi è iperinformato, infedele al punto vendita, scaltro combinatore di canali d’acquisto diversificati, attento non solo al prezzo, amante di consumi salutisti, etici, di pregio. Unica invariante: la distribuzione moderna organizzata (supermercati, ipermercati, centri commerciali, grandi magazzini e grandi superfici specializzate) resta il luogo d’elezione dove fare la spesa».

Spesa che non si riduce più, ormai, è un mero atto di consumo passivo. Sebbene l’Italia sia ancora al penultimo posto nella classifica Ue per utilizzo del web da parte della popolazione (il 40% usa la rete, secondo i dati Agcom diffusi ieri), il Censis rileva che «sono 31,7 milioni gli italiani maggiorenni che nell’ultimo anno hanno letto i giudizi sui prodotti nei social network e nei blog per decidere se e cosa acquistare (10,7 milioni lo fanno regolarmente)». Dunque, il consumatore diventa «esso stesso produttore di informazioni, con 20,4 milioni di italiani (6,2 milioni regolarmente) che hanno pubblicato post su siti web o social network con commenti personali o con il racconto di proprie esperienze relative a prodotti, spese, luoghi della grande distribuzione».

Anche le modalità di acquisto sono sempre più ibride: sono 30,5 milioni gli italiani (8,8 milioni regolarmente) che nell’ultimo anno hanno visto o verificato un prodotto nei negozi fisici e poi lo hanno acquistato sul web, in 19,6 milioni (5,4 milioni regolarmente) hanno ordinato prodotti tramite il web e poi li hanno ritirati presso il punto vendita, mentre 46,6 milioni di italiani (24,5 milioni regolarmente) hanno fatto lo shopping classico, guardando le vetrine e recandosi nei negozi.

Per comprare cosa? «La soggettività nomadica, sfuggente, scaltra, pronta a giocare su più tavoli, del nuovo consumatore trova nella distribuzione moderna organizzata il punto di riferimento per diverse ragioni – conclude il Censis – Innanzitutto per la convenienza, visto che il 91% degli italiani (il 94,6% tra le persone a basso reddito) ritiene importante poter fare la spesa in questi punti vendita per preservare il proprio tenore di vita (senza la convenienza della grande distribuzione, per il 25,9% il proprio tenore di vita sarebbe crollato in questi anni di crisi: qui hanno trovato il loro «welfare dei consumi»). Risponde alle nuove esigenze di consumi salutisti, etici e di qualità, visto che 46,1 milioni di italiani (17 milioni regolarmente) acquistano nei supermercati prodotti Dop e Igp, 39,8 milioni (13,5 milioni regolarmente) i prodotti biologici (carne, frutta e verdura), 38,6 milioni (9,4 milioni regolarmente) i prodotti alimentari del commercio equo e solidale, 25 milioni (8,7 milioni regolarmente) prodotti per particolari esigenze (gluten free o per l’infanzia), 31,7 milioni (5,9 milioni regolarmente) prodotti etnici. E vanno bene anche per i prodotti di gamma medio-alta, su cui spendere qualche euro in più, visto che 42,2 milioni di italiani (12,9 milioni regolarmente) acquistano nei supermercati vini e formaggi pregiati».

L. A.