La comunicazione scientifica come bene comune e atto politico, per l’economia ecologica

Si è conclusa all'Università di Pisa la conferenza Esee che ha riunito oltre 500 esperti da tutta Europa

[20 Giugno 2022]

Si è conclusa all’Università di Pisa la XIV Conferenza scientifica della Società europea per l’economia ecologica (Esee), che ha richiamato in Toscana oltre 500 accademici da tutto il Vecchio continente e non solo per tornare a confrontarsi dopo anni di reclusione forzata a causa della pandemia.

Una riunione che ha riscosso un notevole interesse tra gli addetti ai lavori ma non solo, un aspetto particolarmente interessante in un Paese come il nostro che purtroppo non ha una grande tradizione in fatto di economia ecologica.

Un’apertura verso la società civile che ha offerto l’opportunità di un confronto ad ampio spettro anche sui temi più scottanti dell’attualità, a partire dalla doppia crisi – energetica e climatica – in corso.

«Sul tema dell’energia, ad esempio – spiega Tommaso Luzzati, economista ecologico dell’Ateneo toscano nonché perno dell’iniziativa che ha portato a Pisa la Conferenza – abbiamo invitato Niek Lopes Cardozo, professore olandese (dell’Eindhoven University of technology, ndr) che studia la fusione nucleare da tutta la vita. Secondo lui sarà pronta troppo tardi per poter fronteggiare l’attuale crisi climatica: la sua tesi è che noi adesso abbiamo le rinnovabili a portata di mano, e dovremmo puntare su quelle».

In Toscana questo significa in primis mettere a frutto la geotermia, ovvero il calore naturalmente presente nel sottosuolo, che è stato impiegato a fini industriali per la prima volta al mondo proprio nella provincia pisana (a Larderello) oltre due secoli fa, e che ancora oggi rappresenta il 70% dell’elettricità rinnovabile prodotta su suolo regionale.

«La geotermia è un’importante fonte importante ed è utile continuare a svilupparla qui in Toscana – argomenta Luzzati – Naturalmente la geotermia da sola però non basta, si pensi alla portata della sfida a livello globale: i contributi delle varie fonti rinnovabili devono essere integrate tra loro, con l’eolico offshore che appare particolarmente promettente».

Senza dimenticare che nessun quantitativo di energia (rinnovabile o meno) potrà mai soddisfare un appetito insaziabile. Non a caso l’intervento dell’esperto Istat Aldo Femia, oggi alla Conferenza, ha evidenziato come l’unica strada percorribile sia quella del dimagrimento: siamo chiamati a rendere tutti i consumi di energia e di materia più efficienti, ma dobbiamo essere pronti a ridurne alcuni in senso assoluto: «I flussi di materia che consumiamo sono enormi, per cui puoi mettere quante rinnovabili vuoi ma se non riduci un po’ i consumi non ce la fai», sintetizza Luzzati ricordando che la registrazione di ogni sessione plenaria svoltasi durante la Conferenza è liberamente accessibile online.

Ma come tradurre questi desiderata in politiche concrete? Intervenendo al question time svoltosi ieri con rappresentanti politici di spicco – europei ed italiani, in particolare Giuseppe Conte, Patty L’Abbate ed Enrico Letta –, che si sono interfacciati con la società civile ed in particolare coi giovani, il segretario Pd ha sottolineato come la politica abbia bisogno dei giovani, che facciano sentire la propria voce, perché la politica può fare se i cittadini chiedono.

Di fatto ormai da tempo la politica sembra aver abdicato alla sua funzione pedagogica, cavalcando i capricci dell’elettorato anziché spiegare in modo solido e scientificamente fondato una rotta per lo sviluppo (sostenibile). Anche l’elettorato deve dunque riscoprire le proprie responsabilità: dato il contesto, senza una domanda politica di maggiore qualità è assai improbabile che l’offerta migliori.

Non a caso si è chiuso il sipario sulla Conferenza con una sessione dedicata all’arte della comunicazione –  scientifica naturalmente –, durante la quale sono intervenuti esperti di settore (Giuseppe Pellegrini di Observa science society, col progetto europeo Tresca) e protagonisti di case history di successo (da Marta Turinetti del Politecnico di Torino col progetto WaterToFood a Francesco Suman e Sofia Belardinelli, divulgatori scientifici de Il Bo Live – Università di Padova).

Filo conduttore del panel è stata da una parte la necessità di responsabilizzare i cittadini, sia come fruitori sia come diffusori (ad esempio su piattaforme particolarmente polarizzanti come i social media) di informazione, dall’altra l’urgenza di rafforzare gli strumenti contro la disinformazione per chi è già sul fronte: i professionisti della comunicazione, dai giornalisti agli uffici stampa.

Si pensi a quanto accaduto in ormai tre anni di pandemia. Per la prima volta gli scienziati hanno avuto l’occasione di discutere le loro teorie non solo all’interno della propria comunità scientifica di – dove il dibattito, anche intenso, è fondamentale per arrivare ad una sintesi efficace delle conoscenze – ma anche di fronte ad un pubblico ben più vasto, che si è trovato spiazzato da tante divisioni. Un contesto che i professionisti della comunicazione sarebbero chiamati a contestualizzare e spiegare, a partire dalla differenza tra la posizione di un singolo esperto (anche autorevole) in materia e quella maturata in un dato momento all’interno della comunità scientifica di riferimento.

Un contesto che abbraccia dunque anche l’importanza della comunicazione scientifica rivolta ai decisori politici, come elemento essenziale per costruire una mutua relazione di fiducia sul lungo termine (e non solo nelle fasi di emergenza) coi cittadini e gli altri stakeholder.

In definitiva, la comunicazione della scienza è stata messa in evidenza come bene comune e atto politico. Non è caso, forse, che nel nostro Paese il dibattito pubblico sull’economia ecologica sia del tutto minoritario e al contempo l’Italia abbia ancora così tanto lavoro da fare lungo il percorso dello sviluppo sostenibile.

Citando le parole di Pietro Greco, compianto collega – è stato per lungo tempo collaboratore di greenreport e caporedattore de Il Bo Live – nonché tra i migliori giornalisti scientifici d’Italia, la «domanda di partecipazione di tutti i cittadini nelle scelte tecniche è tipica della società della conoscenza e non la si può negare. Ma se male organizzata – ovvero se invita cittadini non informati ad esprimere le proprie opinioni – espone la società ai venti della demagogia. Dall’altro lato, se ben organizzata esortando la partecipazione di cittadini sempre meglio informati, amplia gli spazi della democrazia senza sacrificare l’efficienza e l’efficacia delle scelte».