Istat, progressi a metà per l’Italia verso gli obiettivi Onu di sviluppo sostenibile

Meno della metà degli Sdgs è migliorata nel corso dell’ultimo anno. E la pandemia non aiuta

[15 Maggio 2020]

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs) stabiliti dall’Onu nell’Agenda 2030 e adottati all’unanimità da tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite – Italia compresa – dovranno essere centrati entro 10 anni, ma il nostro Paese è ancora molto indietro nella tabella di marcia, come testimonia il rapporto Istat idi monitoraggio pubblicato ieri.

L’andamento dei 17 macro-obiettivi dell’Agenda 2030 (ovvero gli Sdgs) incrocia la dimensione ambientale, quella sociale e quella economica dello sviluppo sostenibile, e per l’Italia mostra un quadro che l’Istat definisce «complessivamente positivo» ma che appare comunque molto sfaccettato. Rispetto a 10 anni fa infatti la quota di indicatori in miglioramento è pari al 61,1%, il 17,8% risulta invariato e 21,1% peggiora; nell’ultimo anno analizzato il trend mostra invece miglioramenti per il 48,1% degli indicatori, mentre il 29,7% rimangono invariati e il 22,2% segnalano un peggioramento. Ovvero, meno della metà degli Sdgs è migliorata in Italia nell’ultimo anno.

«Approfondendo le dinamiche per ciascun Goal, rispetto all’anno precedente – documenta Istat – la percentuale di indicatori con variazione positiva risulta significativamente alta per i Goal 2 (Fame zero, 71,4%), e 13 (Agire per il clima, 66,7%) mentre nei Goal 12 (Consumo e produzione responsabili) e 15 (La vita sulla terra) si registrano i livelli più elevati di indicatori in peggioramento (rispettivamente 54,5% e 41,7%)».

In questo contesto di deboli miglioramenti è venuta quest’anno ad abbattersi anche la pandemia da Covid-19, che complica ulteriormente lo scenario. Come osserva Istat «le misure volte a limitare il contagio da Covid-19 hanno portato, nelle ultime settimane, a un deciso restringimento delle attività di imprese e famiglie. Il lockdown ha implicato la chiusura, parziale o totale, di un elevato numero di attività produttive restringendo allo stesso tempo i comportamenti sociali e di consumo delle famiglie. Se da un lato il lockdown ha avuto un impatto negativo sulle attività economiche, dall’altra ha prodotto effetti positivi sulle emissioni climalteranti e inquinanti. La stima delle riduzioni delle emissioni di gas climalteranti (GHG) e di Precursori dell’ozono troposferico (POT) riconducibili al lockdown sarebbe pari rispettivamente al 2,6% e al 4% rispetto allo scenario base di assenza di lockdown».

Detto questo, come argomenta l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS) – che vede nel suo portavoce l’ex presidente Istat Enrico Giovanni – dalla pandemia si attendono decisamente più danni che benefici lungo il percorso di sviluppo sostenibile che ci attende. In primis prospettando un aumento della povertà in tutte le sue dimensioni.

Giovannini al proposito sottolinea quanto sia fuorviante l’idea che «una crisi economica “faccia bene” allo sviluppo sostenibile come definito dall’Agenda 2030 che comprende le dimensioni economiche, sociali, ambientali e istituzionali. È perciò opportuno che il disegno delle politiche pubbliche per rispondere alla crisi sia realizzato tenendo presente tutte le dimensioni della sostenibilità. Ribadiamo, quindi, la raccomandazione al Governo e al Parlamento che i provvedimenti normativi in discussione siano sempre accompagnati da una valutazione, ancorché qualitativa, del loro impatto atteso sulle diverse dimensioni dello sviluppo sostenibile».