Ispra, in trent’anni le emissioni di mercurio e ammoniaca da geotermia sono crollate

L’elettricità prodotta dalle centrali toscane è quasi raddoppiata dal 1990, mentre le emissioni di ammoniaca sono calate del 65% e quelle di mercurio del 79%: i dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale

[30 Aprile 2020]

In Italia la produzione di elettricità da geotermia è cresciuta molto negli ultimi trent’anni, ma al contempo le relative emissioni inquinanti hanno registrato una drastica diminuzione grazie all’implementazione di nuove tecnologie. A mostrarlo sono i dati contenuti nell’Italian emission inventory 1990-2018 e nel rapporto 2020 sui Fattori di emissione atmosferica di gas a effetto serra nel settore elettrico nazionale e nei principali Paesi europei, pubblicati entrambi nei giorni scorsi dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.

Quella geotermica rappresenta una fonte particolarmente significativa per il nostro Paese, in quanto è stata impiegata per la prima volta a fini industriali in Toscana oltre due secoli fa, e da allora ha dato vita a una filiera radicata sul territorio con un know-how che permette una gestione sempre più sostenibile della risorsa: è in Toscana ad esempio che è iniziata la sua coltivazione (attraverso la reiniezione dei fluidi geotermici in serbatoio, grazie alla quale la portata del ­fluido estratto si è mantenuta pressoché costante nei decenni) anziché il suo sfruttamento, ed è qui che sono stati brevettati gli Amis (Abbattitori mercurio idrogeno solforato). Ad oggi la geotermia rappresenta il 5,3% dell’elettricità da fonti rinnovabili prodotta in Italia, ma in Toscana – dove in alcune aree la risorsa è presente in qualità e quantità elevate – si arriva a superare il 70%. Tutto questo si traduce in performance ambientali in continuo miglioramento, come mostrano i dati Ispra.

A partire dal 1990, infatti, la produzione elettrica lorda da geotermia è quasi raddoppiata in Italia – e dunque in Toscana, dove ad oggi si concentrano tutte le centrali geotermoelettriche nazionali –, passando da 3,2 TWh ai 6,0 stimati per il 2019: quasi un raddoppio. Al contempo le emissioni inquinanti sono diminuite in maniera sensibile: l’Ispra ne esamina due in particolare, ovvero ammoniaca e mercurio.

In particolare, le emissioni di mercurio legate alla geotermia sono passate da 3.40 Mg nel 1990 a 0.72 Mg nel 2018, con un calo pari al 79% dovuto «all’introduzione di sistemi di controllo e abbattimento negli impianti», ovvero principalmente agli abbattitori Amis. Ad oggi dalla geotermia arriva il 10% delle emissioni nazionali di mercurio, mentre i primi responsabili sono i processi produttivi nelle industrie del ferro, dell’acciaio e del carbone (che pesano per il 44% sul totale, e le cui emissioni sono cresciute del 23% dal 1990).

Guardando invece alle emissioni di ammoniaca, quelle attribuite da Ispra alla produzione geotermica ammontano a 2,9 Gg nel 2018, con un calo del 65% rispetto al 1990 (8,4 Gg) dovuto anche stavolta «all’introduzione di sistemi di controllo e abbattimento negli impianti». Nelle centrali amiatine di Bagnore 3 e 4, ad esempio, sono stati installati impianti di abbattimento dell’ammoniaca e dell’acido solfidrico, sottoposti a controllo da parte dell’Arpat. Questo naturalmente non significa che non ci siano ancora margini di miglioramento, come messo in evidenza anche da un recente studio condotto da ricercatori CoSviG, Università di Siena, Cnr-Iccom e Csgi, ma il risultato è che secondo Ispra oggi dalla geotermia arriva lo 0,8% di tutte le emissioni di ammoniaca italiane, mentre l’agricoltura rimane il primo contributore con il 94%.

Questo, di nuovo, non significa che le centrali geotermoelettriche non emettano ammoniaca, un parametro importante da osservare perché l’ammoniaca è un precursore dell’inquinamento da PM10: secondo il vigente Piano regionale per la qualità dell’aria, in Toscana l’ammoniaca è emessa principalmente dalle attività di coltivazione della risorsa geotermica (51%, mentre il settore agricolo incide per il 34%), ma stimando le emissioni complessive di precursori di PM10 per macrosettore la geotermia figura ex aequo all’ultimo posto della classifica, dove sono appaiati «il riscaldamento domestico con il 9% e le attività di coltivazione della risorsa geotermica con il 9%». I dati mostrano come siano maggiormente incisivi il settore uso di solventi per
l’applicazione di vernici e industria conciaria (29%), la mobilità (28%), il comparto industriale (10%).

Più in generale, la geotermia come ogni fonte energetica non è a impatto zero (qui una stima aggiornata al 2018 delle emissioni legate alle centrali toscane), ma il suo impiego si è reso progressivamente più sostenibile grazie alle innovazioni tecnologiche – coi rapporti Arpat che testimoniano il rispetto di tutti i parametri emissivi in vigore – e contribuisce già oggi a rendere il centro Italia la regione con la più bassa impronta di carbonio del Paese, fornendo al contempo elettricità (senza contare l’apporto in termini di calore) a 1.120.000 persone.