Il nuovo cda è composto da Colatarci, Franchi e Cantelli

Inizia una nuova era per Scapigliato: a che punto è la strada verso la “Fabbrica del futuro”

L’ex presidente e ad della società attiva nell’economia circolare, Alessadro Giari, chiude un impegnativo percorso durato oltre sei anni

[9 Giugno 2022]

Dopo un ambizioso viaggio durato oltre sei anni, si è concluso il percorso di Alessandro Giari alla guida di Scapigliato, la società interamente pubblica che ha in gestione l’omonimo Polo impiantistico di Rosignano Marittimo, sempre più al centro dell’economia circolare toscana grazie al progetto industriale che sta puntando a far superare la discarica per far posto alla “Fabbrica del futuro” in grado di recuperare sempre più materia ed energia dai rifiuti.

Nei giorni scorsi la società ha presentato il nuovo cda nominato dall’assemblea dei soci e composto da Marco Colatarci (presidente, nonché direttore generale di Solvay Italia), Alessandro Franchi (amministratore delegato) e Veronica Cantelli (consigliere): il nuovo ciclo è pronto a partire, offrendo a Giari – oggi ormai a tempo pieno nei panni del sindaco di Castellina Marittima – l’occasione di fare il punto sui progressi e sulle difficoltà incontrate finora.

La “Fabbrica del futuro” parte infatti da lontano: dal 2016 per l’esattezza, quando è iniziato il percorso che ha portato Scapigliato a ottenere (nel 2019) l’approvazione della nuova Autorizzazione intergrata ambientale (Aia) da parte della Regione Toscana.

Da lì parte «la revisione del progetto del biodigestore anaerobico (l’opera da 44 milioni di euro), per portarlo in appalto. Parte la progettazione del nuovo Tmb (3,7 milioni di euro). Parte, soprattutto, il lavoro della costruzione del nuovo lotto di discarica (11 milioni di euro), a cui si aggiungeranno la realizzazione dei silos per il percolato, il nuovo impianto interno per il suo trattamento e depurazione e la struttura per confinare i rifiuti che devono essere controllati in ingresso. Un piano di investimenti da oltre 80 milioni di euro da realizzare in quattro o cinque anni», ricorda Giari, che è stato strutturato contemporaneamente a una profonda rivoluzione della governance aziendale.

Da una parte «una modalità permanente di condivisione delle scelte, pianificazione e programmazione comune delle attività, verifica congiunta dei risultati», dall’altra strutturando una «dimensione di cooperazione e partenariato» con le istituzioni regionali, ma anche e soprattutto con il sistema economico e gestionale della filiera ambientale toscana «anticipando l’idea della cooperazione per la gestione congiunta delle filiere, in grado di consentire la programmazione coordinata dei flussi di rifiuti, pianificazione della realizzazione degli impianti, ed anche intrecci e partecipazioni societarie che portassero verso la logica di un gestore unico regionale».

Un’apertura che ha portato all’ingresso nel capitale sociale di Scapigliato di Alia, che «oggi è consolidato al 16,5% e che vede accordi commerciali e strategici, ed entro breve tempo pensiamo – aggiunge Giari – che si possa concretizzare anche l’ingresso di Retiambiente nel nostro capitale sociale», ovvero il gestore unico (anch’esso interamente pubblico) dei servizi d’igiene urbana lungo l’Ato Costa.

Nel mezzo, come purtroppo spesso accade per le attività (legali) di gestione rifiuti, anche tanto scetticismo, sfiducia, inchieste per presunti illeciti, con oltre 60 interventi di ispezione, sequestro, sopralluogo, verifica da parte delle autorità Arpat, Regione, Procura della Repubblica, ecc. «Peraltro essendo certi – sottolinea Giari – di aver permanentemente operato garantendo correttezza, trasparenza, rispetto formale e sostanziale della legalità e perseguendo sempre obiettivi di interesse generale. E ad oggi nessuno ha mai potuto dimostrare il contrario. Ma questo mondo qua funziona così. Almeno io ho imparato questo, non foss’altro parlando con vecchi amministratori e manager del settore pubblico. Ma forse, allora, c’è qualcosa che non gira bene nel sistema. Bisognerà capirlo, perché così è un problema serio. La dinamica del “facciamo di ogni erba un fascio” e non essere in grado di distinguere bene la patologia vera dalla capziosità delle interpretazioni normative e/o dalla banalità delle classificazioni dei codici, può arrecare un danno enorme ad un sistema pubblico che basa la sua attività e la sua gestione sui principi di correttezza e legalità, e lo spinge invece verso un baratro dove non si distingue più l’attività mafiosa e criminale dall’interpretazione di un Codice giusto o sbagliato di classificazione di un rifiuto. Un danno per gli occhi dei cittadini. Un danno per la necessaria credibilità della magistratura inquirente. Un danno perché a governare queste strutture rischiano di rimanere solo persone che, comunque, devono avere un tasso di “sopportazione” e tranquillità interiore fuori dal comune. Processi che durano anni e anni, ma che il danno lo producono non alla fine, ma al momento dell’avvio delle inchieste. Che fare? Ecco questo è il punto. Semplificare normativamente. Eliminare il rischio (che è una certezza) della discrezionalità delle interpretazioni normative e tecniche».

Una semplificazione che purtroppo ancora non si vede all’orizzonte, ma anche senza di essa l’evoluzione di Scapigliato non si è fermata. Dunque, all’alba di questo nuovo ciclo a che punto siamo del percorso verso la “Fabbrica del futuro”? Per rispondere è particolarmente indicativo osservare la dinamica degli investimenti messi in campo finora sull’evoluzione impiantistica.

Il digestore anaerobico per ricavare biometano e compost dai rifiuti – un’opera caratterizzata da un lavoro di inserimento ambientale e architettonico di un architetto come Mario Cucinella – è stato appaltato, e sono stati chiesti finanziamenti anche nell’ambito Pnrr; il nuovo Tmb è completato; l’impianto di depurazione del percolato e dei silos è appaltato e in fase di completamento; sono in fase di esecuzione le opere realizzate in economia per il nuovo lotto di discarica (per il quale l’Aia in vigore prevede lo stop ai conferimenti nel 2030); l’edificio della quarantena per il confinamento dei rifiuti in ingresso in discarica e soggetti a controllo è quasi al termine della progettazione esecutiva.

Restano comunque più aspetti fondamentali di carattere strategico da perfezionare, sia in termini progettuali che operativi.

Giari si sofferma su quattro in particolare: il nuovo impianto “waste to chemicals” proposto da Alia nell’ambito dell’avviso pubblico collegato al nuovo Piano regionale per l’economia circolare, che «qualora fosse realizzato a Scapigliato, costituirebbe un elemento formidabile per la chiusura del ciclo, con carattere davvero alternativo allo smaltimento in discarica per una buona parte dei rifiuti in ingresso. E la discarica, in particolar modo la vecchia, costituirebbe un possibile enorme contenitore di materia da utilizzare negli anni futuri all’interno dell’impianto».

Per la cosiddetta “fabbrica dei materiali”, ovvero un impianto «per la selezione delle plastiche, che possono essere intercettate dal flusso di rifiuti speciali», sono stati chiesti fondi Pnrr.

La realizzazione del Centro per lo sviluppo dell’economia circolare presso l’ex fattoria La Madonnina, pensato come luogo dove far sbocciare ricerca applicata e innovazione per far sì che la materia recuperata dagli impianti di selezione e trattamento divenga davvero base per la realizzazione di nuovi prodotti: «Uno snodo tra domanda e offerta di innovazione e soluzioni tecnologiche – argomenta Giari – con gli importanti progetti che abbiamo avviato (quasi 3 milioni di euro di investimenti in innovazione finanziati da Mise e Regione Toscana) ed in fase di attuazione. Ma soprattutto caratterizzata dall’impegno dei centri di competenza coinvolti e dalla disponibilità di uno scienziato come il prof. Paolo Dario, che ha accolto il nostro invito a divenire il coordinatore e il promotore dello sviluppo del Centro; vi saranno anche il dipartimento di Management della Scuola Superiore Sant’Anna, le Università pisane e fiorentine, Cispel, Anci, Polo della Magona, ecc, nonché gli altri che incontrerete nel percorso. Si tratta del progetto più innovativo e visionario che abbiamo nella nostra regione sul fronte degli operatori nel mondo dei rifiuti. Non lo sottovalutiamo, perché questo è il futuro del territorio e del comparto produttivo».

Infine, le serre idroponiche, su cui si registra uno stop: «Abbiamo lavorato un anno e mezzo senza successo, per trovare 15 ettari di terreno su cui favorire questo eccezionale investimento per l’agricoltura del futuro. Non li abbiamo trovati, ma il programma è interessantissimo e vale la pena insistere nella ricerca di soluzioni. Tuttavia, l’aggiornamento del programma ai fini di corrispondere alla prescrizione della Regione, è stato quello di prevedere comunque la nascita di start-up per la gestione di serre più tradizionali, che promuoveremo nel nostro “Podere Modello”. Il “Podere Modello” sono 20 ettari di terreni coltivati e abitazioni e stalle per l’allevamento di bestiame adiacenti al nostro impianto, che saranno disponibili dal 2023».

 

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