Informare, formare, misurare, comunicare: l’economia circolare parte da qui

Icesp: «Intraprendere una capillare, mirata e puntuale attività di comunicazione per superare la sindrome Nimby, ossia tutti quei pregiudizi nei confronti degli impianti che continuano a diffondersi sui territori e tra le fila dei rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali, frenando la realizzazione di opere necessarie al Paese»

[22 Dicembre 2020]

Informare, formare, comunicare e misurare. Sono le proposte più importanti comprese nei nove ambiti prioritari “per fare dell’economia circolare la leva strategica per la ripresa post pandemia”, presentati nel documento Le priorità Icesp per la ripresa post Covid-19. Si tratta della 3a Conferenza annuale della Piattaforma italiana per l’economia circolare (Icesp) coordinata da Enea, alla quale hanno contribuito oltre 550 esperti, in rappresentanza di 200 organizzazioni.

Di economia circolare, infatti, se ne parla da un po’, ma l’errore più grave sarebbe pensare che basti questo a darle gambe. Tra slogan e falsi miti, il rischio vero è che i passi indietro fatti dal nostro Paese proseguano. Ma se della carenza di impianti dedicati, della necessità di incentivare il riciclo, di ecodesign, e di migliori strumenti normativi si è parlato e discusso tanto, di informare, formare, comunicare e misurare, è (non per noi) quasi una novità. Certamente positiva.

Prima di addentrarci più nello specifico, ecco quali sono i nove ambiti prioritari identificati dal Piano (che vede come primi destinatari i ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico): governance; formazione e cultura; infrastrutture; strumenti economici; strumenti normativi; strumenti di misurazione; eco-progettazione e consumo circolare; mercato dei sottoprodotti e riciclati; pianificazione integrata e gestione urbana-territoriale.

Ma ciò che colpisce è altro, ovvero le proposte nel dettaglio: “Affinché i progetti di economia circolare non rimangano esperienze superficiali e la transizione venga effettivamente implementata nelle attività aziendali – scrive l’Icesp al punto 2 del piano – è necessario creare consapevolezza, disseminare e promuovere le buone pratiche (anche attraverso piattaforme dedicate) e formare competenze interne (sia per aziende che per Pa) che possano monitorare, mantenere e migliorare gli obiettivi aziendali in questo contesto. Le conoscenze e le abilità richieste dall’implementazione di una cultura dell’economia circolare sono inoltre trasversali, e comprendono competenze tecniche, organizzative e relazionali, soprattutto nel coinvolgimento delconsumatore finale e, su scala più ampia, dei cittadini. Il sistema formazione, nei suoi diversi livelli possiede tutti gli elementi per diventare lo strumento primario per il supporto e l’accompagnamento delle aziende e della società civile verso una efficace e solida transizione verso l’economia circolare. In modo particolare oggi per superare l’emergenza sanitaria da Covid-19 è necessario che il mondo della formazione e della ricerca e la società lavorino insieme per condividere bisogni, risorse, azioni e soluzioni. A livello nazionale, è di primaria importanza giungere a nozioni condivise relativamente a termini, definizioni, opportunità, metodologie di economia circolare (es. eco-design, re-manufacturing, sharing economy, gestione dei rifiuti, etc”.

Detto che qua dentro ci stanno anche le motivazioni per cui quasi 15 anni fa è nata una testata come greenreport.it, meno referenzialmente c’è da dire che è attraverso questo modello che si può ottenere quanto il piano individua e propone anche in un altro punto (il 3, quello relativo alle Infrastrutture) : “Intraprendere una capillare, mirata e puntuale attività di comunicazione, ora finalmente prevista anche dal testo unico ambientale come modificato dal recepimento delle direttive comunitarie (cfr. art. 198-bis, comma 2, lett. h), per superare la sindrome Nimby (Not in my back yard), ossia tutti quei pregiudizi nei confronti degli impianti, anche quelli funzionali all’economia circolare, che continuano a diffondersi sui territori e tra le fila dei rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali, frenando la realizzazione di opere necessarie al Paese e accentuando la differenza tra le Regioni che adottano una visione strategica e quelle che sono condannate ad un’eterna emergenza”.

C’è poi l’altra priorità che segnalavamo che fa il filotto, dal nostro punto di vista, per fare stare insieme tutte le priorità: la misurazione. Come si può infatti inseguire target se non si hanno misurazioni efficaci e condivise? Ecco la proposta del piano: “Una strategia o un piano d’azione per l’economia circolare, come in generale per gli altri temi inerenti la transizione ecologica e sostenibile, per essere efficace necessita di un opportuno sistema di misurazione e di monitoraggio. Dopo una prima promettente esperienza che ha portato nel 2018 all’elaborazione, attraverso anche una partecipata consultazione pubblica, del documento congiunto Mattm/Mise dal titolo “Economia circolare ed uso efficiente delle risorse – Indicatori per la misurazione dell’economia circolare“, il processo sembra essersi interrotto. Tuttavia, a fronte della disponibilità di crescenti risorse, pubbliche e private, stanziate in virtù dei recenti orientamenti dettati dal Green new deal e dal paradigma Recovering better connesso alla ripresa post Covid-19, senza una chiara definizione degli obiettivi cui tendere e della relativa misurazione, il percorso di transizione verso l’economia circolare rischia di vanificare gli sforzi compiuti”.

“L’Italia – è il commento di Roberto Morabito, presidente Icesp – deve dotarsi di una strategia nazionale per l’economia circolare e di un piano di azione con chiari target e step di realizzazione e di un istituto di coordinamento dell’economia circolare, sfruttando competenze e strutture esistenti, con principale ruolo di supporto a Pa centrale e locale, alle imprese e ai cittadini. Il piano – aggiunge Morabito – deve essere  basato su un approccio sistemico fondato su multidisciplinarietà e collaborazione tra tutti gli attori, dalle istituzioni alle imprese, dai centri di formazione e ricerca ai cittadini, in grado di intersecare trasversalmente diversi ambiti e settori della vita sociale ed economica nazionale e di aumentare la sostenibilità del Paese e la competitività delle nostre imprese. Sarà fondamentale avviare un vero e proprio cambiamento culturale, intervenendo in modo trasversale a livello di educazione primaria, secondaria, accademica e aziendale allo scopo di creare nuove figure professionali, sia nel pubblico che nel privato”.

Ecco, questa è la strada: informare, formare, misurare, comunicare.