In Italia sono i giovani i più attenti all’ambiente, ma solo il 10% sa cos’è lo sviluppo sostenibile

Rosina: «Grande potenziale di mobilitazione, ma ancora fortemente sottoutilizzato». Fondamentale migliorare la diffusione dell’informazione su questi temi

[4 Febbraio 2019]

Se i temi legati all’ambiente e allo sviluppo sostenibile stanno scalando le priorità dell’opinione pubblica nazionale – come testimonia anche l’ultima indagine condotta da Ipsos e l’Istituto per gli studi di politica internazionale – c’è soprattutto una fascia d’età che si mostra particolarmente sensibile al tema: quella dei giovani, che non a caso in alcune città (Roma, Milano, Torino, Pisa, Genova) lo scorso venerdì è scesa in piazza per mobilitarsi contro i cambiamenti climatici dandosi appuntamento con l’hashtag #Fridaysforfuture, sulle orme della sedicenne svedese Greta Thunberg. Non si tratta di casi sporadici, ma di una tendenza in crescita: a documentarlo è  un’indagine condotta dall’Osservatorio giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo, con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo, su un campione di 2000 giovani nati tra il 1982 al 1997.

Come spiegano dall’Osservatorio, l’interesse dei giovani verso il tema dell’ambiente emerge dall’indagine in modo molto chiaro: «Difficile trovare un argomento sul presente e futuro collettivo in grado di raccogliere un riconoscimento così trasversale, non solo sulla sua importanza, ma anche sulla necessità di impegnarsi in prima persona». Il sondaggio evidenzia infatti come la grande maggioranza dei giovani «si dichiari sensibile e attenta (con il 49% che lo è «molto»), mentre i disinteressati sono meno del 15%. Per oltre la metà degli intervistati l’interesse è aumentato negli ultimi anni».

Allo stesso tempo è molto ampia la fetta degli intervistati che vede la qualità ecologica come strettamente legata alla responsabilità individuale (59%), e che dunque si impegna nel fare la raccolta differenziata dei rifiuti (85,53%) o cerca di scegliere prodotti di aziende impegnate nella salvaguardia dell’ambiente (70%); una presa di coscienza indubbiamente positiva, ma che rischia di condurre a un’eccessiva atomizzazione – e dunque a un’azione efficace, di fronte a problemi complessi e di portata globale – se non guidata verso un’azione collettiva e all’interno di una cornice condivisa di conoscenze.

Un gap che emerge dalla stessa indagine: meno di un giovane su quattro sull’ambiente «si tiene informato in modo sistematico e non solo occasionale. A sapere molto bene cos’è lo sviluppo sostenibile è poco più del 10%  dei giovani – documentano dall’Osservatorio – Infine, oltre l’80% è poco attratto dalle associazioni oggi attivamente impegnate su questi fronti».

Dati che suggeriscono quanto sia importante fare buona informazione e comunicazione sui temi ambientali, sui canali e con le modalità più fruibili dalle nuove generazioni, anche nell’ottica di canalizzarne la domanda di cambiamento: se un’onda politica verde riuscirà mai a scuotere il nostro Paese sarà grazie ai giovani.

«Il tema dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile (assieme alla sensibilità per la giustizia sociale), si conferma avere sui giovani un grande potenziale di mobilitazione e sviluppo di cittadinanza attiva e consapevole, ma sembra ancora fortemente sottoutilizzato – argomenta sulle pagine di Arpat Alessandro Rosina, demografo e membro del think tank di greerenport, oltre che coordinatore scientifico del “Rapporto giovani” dell’Istituto Toniolo – Eppure potrebbe essere una delle chiavi principali per un loro ruolo attivo (e politico in senso lato) nel ripensare il futuro collettivo. Quello che è necessario fare è: aumentare la diffusione dell’informazione su questi temi, usare a tal fine i canali più familiari ai giovani, renderli parte attiva di discussione su questi temi, sperimentare modalità di impegno legato a laboratori di innovazione sociale, ma anche formare e offrire esperienze concrete che aiutino a capire come funziona l’economia circolare e le opportunità della green economy. Non si tratta solo di difendere il pianeta, c’è un nuovo modello sociale e di sviluppo da costruire, con meno squilibri e più sostenibile, che ha bisogno del protagonismo positivo delle nuove generazioni».