In Italia soffia ancora il vento della polemica sull’eolico, anche offshore
Italia Nostra contesta l’impianto in progetto al largo (35 km) dalla costa della Sardegna, mentre arriva il sostegno di Legambiente
[13 Agosto 2020]
È un no categorico, ma che non sorprende, quello di Italia Nostra all’impianto eolico offshore proposto da Ichnusa wind power al largo – a 35 km dalla costa sud Occidentale – della Sardegna. Con l’associazione ambientalista, storicamente contraria a questo tipo di impianti, Pro Natura, Amici della Terra, Salviamo il Paesaggio e altre. Una posizione motivata già in passato con tanto di richiesta al Governo “di escludere gli impianti fotovoltaici a terra, di individuare con precisione le superfici edificate adatte, sia urbane che industriali, favorendo il loro utilizzo per la produzione di energia da fotovoltaico, e di vietare la proliferazione indiscriminata di devastanti campi eolici”. E sulla base della sono state inviate al ministero dell’Ambiente osservazioni contro la “procedura di scoping attivata in relazione all’esteso parco eolico offshore, che la società Ichnusa wind power srl intenderebbe posizionare al largo della costa sud occidentale della Sardegna”.
Il parco eolico contestato prima di nascere – e ad oggi sottoposto a valutazione da parte del ministero dell’Ambiente – vale 1,4 miliardi di euro in investimenti, necessari per realizzare 42 pale eoliche galleggianti con una potenza elettrica totale di 504 MW, quanto basta per dare elettricità da fonte rinnovabile a 650mila utenze.
A fronte di questi numeri una posizione esattamente opposta a quella di Italia Nostra arriva dagli ambientalisti di Legambiente, che sul Sole 24 Ore, dove solo pochi giorni fa il vicepresidente del Cigno verde Edoardo Zanchini spiegava di ritenere l’impianto una «rivoluzione nell’ambito dell’off shore», perché «con le pale sistemate a trenta o quaranta chilometri dalla costa e con i dovuti accorgimenti in materia di navigabilità e pesca, cadono tutti i problemi legati all’impatto ambientale e alla salvaguardia delle coste».
Italia Nostra Sardegna ritiene invece «di dover richiamare l’attenzione del Ministero sull’obbligo della congruenza di un impianto eolico delle proporzioni di quello proposto con i principi generali e gli obiettivi contenuti nel Pniec e sulla compatibilità dello stesso con le cogenti Direttive europee».
Italia Nostra però sembra dimenticare che i dati sull’eolico in Italia – come ha spiegato Legambiente nei giorni scorsi sostenendo un altro impianto eolico offshore in progetto in Emilia Romagna, anch’esso contestato da Italia Nostra – raccontano, purtroppo, che il nostro impegno è largamente insufficiente. Il Piano d’azione nazionale (Pan) individuava nel 2010 in attuazione della Direttiva 2009/28/CE un obiettivo di installazioni al 2020 pari a circa 12.680 MW di cui 12.000 MW on-shore e 680 MW off-shore. Siamo a due mila MW in meno sulla terra ferma e il target per l’off shore è totalmente mancato. La media di installazioni di impianti eolici all’anno, dal 2015 a oggi, è di appena 390 MW. Nel 2019 le installazioni sono leggermente cresciute con 400 nuovi MW (meno 118 MW rispetto al 2018), arrivando a 10,7 GW di potenza complessiva, numeri assolutamente inadeguati per raggiungere gli obiettivi fissati al 2030 dal Piano Energia e Clima, e che presto dovranno essere rivisti con l’innalzamento dei target previsti a livello europeo. L’Italia dovrà infatti impegnarsi a installare almeno 1 GW di potenza eolica l’anno con impianti a terra e in mare, e in parallelo realizzare investimenti diffusi per ridurre drasticamente consumi energetici e emissioni di CO2 in tutti i settori produttivi.
Ma per Italia Nostra, questi impianti, sono addirittura «speculazione energetica»; inoltre “per la concentrazione della produzione elettrica in mega impianti […] porterebbero in breve tempo la rete elettrica sarda, già sotto stress e tecnicamente obsolescente, al collasso, incrementando situazioni di instabilità e fenomeni di overgeneration”.
Insomma, la lotta contro i mulini a vento è sempre di moda. Negli anni sulle nostre pagine abbiamo raccontato tutte le motivazioni che sono state presentate contro questi tipi di impianti. Dal ghiaccio che si sarebbe staccato dalle pale in inverno e che avrebbe potuto colpire qualcuno; agli abbattimenti degli uccelli; alla deviazione dei flussi migratori sempre dei volatili; alla protezione delle uova del gabbiamo reale; al no nelle zone industriali in quanto già depresse e inquinate; al no sui crinali; al no vicino alle città; al no ad aree vicine a coltivazioni agricole; al recente no agli impianti offshore.
Alcuni di questi aspetti sono certamente meritori di approfondimenti e osservazioni, ma di certo non si può parlare di rinnovabili che sostituiscono le fonti fossili pensando che l’impatto ambientale sia zero – uno scenario che non esiste per qualsivoglia attività umana. L’alternativa, altrimenti, non c’è: è indispensabile accettare questa realtà, altrimenti anche spostando gli impianti da fonti rinnovabili a decine di km da qualsiasi abitato umano le contestazioni – com’è evidente – continueranno a montare.
I piccoli impianti sono più che auspicabili ma da soli non sono sufficienti, e peraltro anche contro di questo l’elenco dei no “ambientalisti” si spreca. Ricordiamo che in Sardegna non è mai arrivato neppure il gas – un tema tornato alla ribalta della cronaca proprio in questi giorni – e che l’isola ospita ancora centrali a carbone: l’eolico, offshore o meno, rappresenta certamente un grande passo avanti.