Non solo rinnovabili, in Italia sono in calo anche gli investimenti sull’efficienza energetica
Chiaroni (Politecnico di Milano): «Il 2021 ha portato in dote un’ulteriore riforma dei Certificati bianchi, ma la direzione è ancora quella sbagliata»
[29 Giugno 2021]
Investire sull’efficienza energetica rappresenta la precondizione essenziale perché la transizione energetica verso le rinnovabili abbia successo, ma al momento in Italia entrambi i fronti sono in stallo.
Sappiamo che dal 2014 le energie rinnovabili crescono col contagocce, ma anche gli investimenti sull’efficienza energetica sono ormai in forte frenata – e non solo a causa del Covid-19 – come mostra il Digital energy efficiency report 2021, redatto dall’Energy&strategy group della School of management del Politecnico di Milano e presentato oggi.
Nel 2020 in Italia gli investimenti per l’efficienza energetica nel comparto industriale (poco più di 2 miliardi di euro, di cui il 90% in tecnologie hardware e solo l’8% in software per il monitoraggio dei cicli produttivi) sono infatti diminuiti del 19,6% rispetto all’anno precedente, ma non è tutta colpa del Covid. Già nel 2018-2019 era in atto una frenata, dopo la crescita del triennio 2015-2017, le cui cause sono da ricercare in un quadro normativo incerto (in particolare per i Certificati bianchi) e volto in direzioni opposte a quelle segnalate dagli operatori come necessarie per riprendere la crescita.
Entrando nel dettaglio, quasi il 20% degli investimenti in soluzioni hardware ha riguardato interventi sul processo produttivo (373 milioni di euro), il 18% gli impianti di cogenerazione (350 milioni) e il 15% i sistemi di combustione efficienti (circa 300 milioni), il 12% l’illuminazione (240 milioni); in coda sistemi Hvac, motori elettrici, inverter e sistemi di aria compressa (tra il 7% e il 10% degli investimenti totali). I 168 milioni di euro investiti in soluzioni software, invece, si sono concentrati su monitoraggio e sensoristica di base (oltre il 65% del totale).
«Il 2021 ha portato in dote un’ulteriore riforma dei Certificati bianchi, ma la direzione è ancora quella sbagliata, perché non ha tenuto conto di nessuna delle proposte avanzate dalle imprese del settore – commenta Davide Chiaroni, vicedirettore dell’E&S group del Politecnico – Un intervento incompleto che si traduce in un rischio per il comparto industriale legato all’efficienza energetica, come investitore o come fornitore di tecnologie o servizi».
Negli anni, nonostante il varo di più decreti relativi ai Certificati bianchi e al loro rilancio, il mercato ha continuato il trend di contrazione: nel 2020 sono stati riconosciuti 1.720.903 Certificati, circa 1.180.000 in meno rispetto al 2019 (-41%, contro il -24% dell’anno precedente). In buona sostanza, negli ultimi 2 anni il numero di Certificati bianchi riconosciuti è più che dimezzato.
Il 31 maggio 2021 è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale l’ennesima riforma dei Certificati bianchi, ma è apparso subito evidente come le proposte avanzate dagli operatori del settore non fossero state accolte, destando grandi perplessità. Particolarmente sensibile il meccanismo di valorizzazione dei Certificati bianchi: se si combinano la normativa che regola le Aste, i Certificati bianchi virtuali e la mancanza di un floor, ossia un meccanismo di minimo valore per la definizione del prezzo, è assai difficile che si possa concretizzare una situazione di mercato favorevole.
E adesso? Il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede uno stanziamento di 29,44 miliardi di euro per l’efficienza energetica nel comparto industriale e dei servizi, permettendo di stimare una crescita anno su anno del 17% e di arrivare al 2023 a quasi 3 miliardi di euro di investimenti. Tuttavia secondo il Politecnico si può aspirare anche a fare meglio: nello scenario “policy driven” disegnato dall’E&S group, dove accanto al Pnrr ci fosse una riforma vera dei Certificati Bianchi, si potrebbe raggiungere al 2023 un livello di investimenti di oltre 3,1 miliardi, pari al 120% di quanto registrato nel 2019.
«L’approvazione da parte dell’Unione europea del Pnrr è certamente una buona notizia, perché le risorse destinate al Piano transizione 4.0 potrebbero, secondo le nostre stime, annullare entro il 2023 l’effetto negativo del Covid. Ma non basta: per risolvere i problemi del comparto è necessario andare oltre il Pnrr e riprendere in mano seriamente il tema dei Certificati bianchi. Ci sono lo spazio e il tempo per farlo, le idee e anche la fiducia degli operatori e delle imprese, che guardano agli investimenti in efficienza energetica come a un patrimonio su cui fare leva per l’effettiva ripartenza», conclude Chiaroni.