Dalla Lipu bocciatura su tutta la linea: «Natura dimenticata e in balia delle opere»

Il Pnrr di Draghi non convince gli ambientalisti. Wwf: «Passo significativo ma non basta»

Dal Panda nazionale proposte migliorative su biodiversità, energia e clima, economia circolare, dissesto idrogeologico, agricoltura biologica

[26 Aprile 2021]

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) elaborato dal Governo Draghi non convince appieno gli ambientalisti, ma le gradazioni del dissenso sono assai sfumate.

Quella assunta dalla Lipu ad esempio è una posizione lapidaria e contraria: «Natura dimenticata e in balia delle opere». Secondo l’associazione ambientalista, storicamente impostata su posizioni conservazioniste più che di sostenibilità dello sviluppo, «la più grande occasione per cambiare strada, portando al centro la natura e un modello economico realmente sostenibile, sta per trasformarsi nell’assedio finale al territorio italiano, tra grandi opere, semplificazioni normative e biodiversità sacrificata».

«Da un lato – dichiara il presidente della Lipu, Aldo Verner – c’è la completa assenza di programmi complessivi per ripristinare la biodiversità italiana, fatta eccezione per un progetto sul fiume Po e azioni sui parchi nazionali Mai una sola volta, in tutto il Piano, è citata la rete Natura 2000, il più grande strumento comunitario per la conservazione della biodiversità. Dall’altro lato, c’è l’assalto che si prepara al territorio naturale nazionale, con una moltitudine di opere, strade, valichi, trafori, opere idrauliche obsolete e impattanti, impianti sciistici, impianti di energia rinnovabile in assenza di un piano programmatico, favorite da un programma di semplificazione delle normative ambientali che rappresenterà la deroga a quelle norme che, fino ad oggi, hanno salvato il nostro Paese».

Sotto questo profilo, è opportuno però aggiungere che ad oggi il farraginoso impianto normativo italiano non aiuta la concretizzazione di investimenti – come quelli relativi alle fonti rinnovabili – indispensabili per la lotta alla crisi climatica e dunque anche per la tutela del capitale naturale nazionale. Tanto che secondo le stime di Elettricità futura, la burocrazia italiana tiene in ostaggio investimenti, solo sul fronte delle rinnovabili, pari a 8,5 mld di euro l’anno; difficile, con queste premesse, raggiungere gli obiettivi europei di decarbonizzazione – a meno che non si pensi semplicemente di spengere il motore economico del Paese, in una sorta di lockdown ad libitum –  previsti già al 2030.

Più articolata e aperturista la posizione offerta dal Wwf in merito al Pnrr di Draghi. Secondo il Panda nazionale il Pnrr trasmesso oggi alle Camere è «un passo significativo ma non basta per una la rivoluzione verde che ha bisogno di una spinta ulteriore sull’energia, sulla biodiversità, sul territorio, l’economia circolare e l’agricoltura biologica».

Il Pnrr presentato alle Camere, osserva il Wwf, si pone «l’obiettivo di assicurare la quota del 37% da destinare ad azioni per il clima e la biodiversità (la Missione 2 assegna a questo scopo 59,3 mld di euro pari al 36% dei 191,5 miliardi del Pnrr) ma, secondo il Wwf la tutela del nostro capitale naturale e conversione ecologica dell’economia e della nostra società devono essere perseguite con maggiore determinazione. Per questa ragione il Wwf chiede al Governo di usare anche una quota significativa, almeno 10,6 miliardi di euro dei 30 della programmazione complementare al Pnrr per tentare di superarne alcuni limiti».

Più nel dettaglio, il Wwf mostra che «il Pnrr dedica un’attenzione che rimane ancora marginale alla biodiversità terrestre e marina assegnando appena 1,69 miliardi, che costituiscono lo 0,8% dell’ammontare totale del Piano». A sostegno delle rinnovabili ci sono invece «5.90 miliardi di euro che costituiscono il 3% del Piano», ai quali vanno poi aggiunti «1,1 miliardi per lo sviluppo dello agrivoltaico e 1,98 miliardi per il biometano», oltre a «3,19 miliardi per promuovere produzione, distribuzione e usi finali dell’idrogeno che però – ricorda il Wwf – non è una fonte energetica, ma un vettore che deve derivare da fonti rinnovabili se si vuole decarbonizzare che va usato solo laddove davvero indispensabile». Alla “Gestione del rischio alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico” sono assegnati dal Pnrr «solo 2,49 miliardi di euro in 6 anni, che equivalgono all’1,3% delle risorse, mentre per la messa in sicurezza del nostro territorio Ispra calcola che ci sarebbe bisogno di almeno 26 miliardi di euro», con il ministero dell’Ambiente che è arrivato invece a stimarne 40. All’economia circolare il Pnrr dedica invece «solo 2,1 miliardi di euro, pari a poco più dell’1% delle risorse messe in campo» e all’agroecologia zero.

Partendo da questo stato dell’arte, il Wwf avanza molteplici proposte di investimenti aggiuntivi. Tra le più significative: 1,8 miliardi di euro per realizzare interventi di riqualificazione in 5 “Aree vaste prioritarie per la connettività ecologica” (Corridoio Alpi Appennino, l’Appennino umbro-marchigiano, l’Appennino campano centrale, la Valle del Crati – Presila Cosentina); 1 miliardo di euro per creare  meccanismi, anche attraverso i crediti di imposta, che favoriscano contratti di lungo periodo tra produttori e grandi consumatori di energia (Ppa) e altri 3 miliardi di euro a integrazione della voce “Rinnovabili e batterie” del Pnrr; 1 miliardo di euro per finanziare l’introduzione di un sistema di deposito cauzionale per gli imballaggi; 650 milioni di euro destinati allo sviluppo dei sistemi agroalimentari del biologico.