La scoperta e valorizzazione a Troia, in provincia di Foggia

Il più grande impianto fotovoltaico d’Italia riporta alla luce preziosi beni archeologici (FOTOGALLERY)

Migliorini (European energy): «Ci piace pensare che questo modello che vede rinnovabili e aree archeologiche come leva di sviluppo economico territoriale possa essere replicato anche in futuro»

[26 Agosto 2021]

Costruito dalla danese European energy in un solo anno in epoca Covid-19, a Troia – in provincia di Foggia – un anno fa è stato allacciato alla rete il più grande impianto fotovoltaico d’Italia: 103 MW in grado di produrre 150 GWh di elettricità rinnovabile l’anno. Quanto basta per soddisfare la richiesta di circa 50mila abitazioni, risparmiando al contempo l’emissione di 80mila ton di CO2.

Per raggiungere questi risultati l’impianto è molto grande, composto da 275mila moduli fotovoltaici che si estendono per 1,5 kmq di territorio; altrove sarebbe bastato molto meno per innescare gli allarmi di comitati e istituzioni locali contro l’aggressione al paesaggio, montando sindromi Nimby e Nimto che ovunque bloccano lo sviluppo delle rinnovabili, ma stavolta è andata in modo diverso.

La costruzione dell’impianto non solo è andata a buon fine, ma ha permesso di scoprire e valorizzare ricchezze archeologiche altrimenti destinate a rimanere sepolte.

Come spiegano dalla società danese, in seguito alle indagini preliminari degli archeologi in alcune aree adiacenti agli impianti, gli scavi – eseguiti rispondendo alle prescrizioni di tutela imposte dalla Soprintendenza e in collaborazione con la società specializzata in archeologia e servizi culturali Nostoi srl – hanno riportato alla luce su un lato dell’impianto i resti di una basilica datata tra il VI-VIII secolo con annessa una vasta necropoli su un altro lato un compound databile tra Neolitico antico e neolitico medio (IV millennio A.C) con una struttura ipogea tipica dei villaggi trincerati del Tavoliere. Della necropoli sono state indagate circa 117 cavità funerarie e rinvenuti reperti di rilevante importanza storica, come brocche in ceramica, reperti metallici, monete, bracciali, anelli, fibbie etc.

«Siamo felici che un progetto pensato per lo sviluppo delle energie rinnovabili in Italia abbia avuto anche un ritorno concreto in vista dello sviluppo territoriale delle aree interessate – dichiara Alessandro Migliorini, country manager per l’Italia di European energy – Ci piace pensare che questo modello che vede rinnovabili e aree archeologiche come leva di sviluppo economico territoriale contribuendo al tempo stesso al recupero del patrimonio culturale possa essere replicato anche in futuro».

European energy ha infatti sostenuto finanziariamente gli oneri di sorveglianza e scavo per una cifra vicina al milione di euro, ma non si è fermata qui: la programmazione e l’approccio condiviso con l’Ente e il Comune e la Soprintendenza ha reso possibile non solo valorizzare le aree archeologiche ma anche programmarne la fruizione attraverso la realizzazione di molteplici itinerari che permetteranno al visitatore di apprezzare il recupero del patrimonio culturale locale.

«L’azione sinergica di Comune, Soprintendenza e aziende private – conclude Maria Grazia Liseno di Nostoi – ha reso possibile il consolidamento di un modello innovativo che ha permesso di intervenire in maniera organica nella tutela, riqualificazione e promozione del bene culturale e territoriale, restituendo ai luoghi la funzione di salvaguardia della memoria storica. Attivare processi di cooperazione, infatti, offre l’opportunità di porre al centro dello sviluppo locale l’identità dei luoghi, migliorando l’accesso ai beni culturali e la diffusione delle informazioni di carattere storico e archeologico».