Il Piano per il sud come occasione di sviluppo sostenibile per l’Italia

Giovannini (ASviS): «Si tratta di un’occasione molto importante per rilanciare il Mezzogiorno alla luce del nuovo orientamento politico europeo, tutto centrato sull’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile»

[17 Febbraio 2020]

Il Governo ha presentato il nuovo piano per lo sviluppo del Mezzogiorno: un “Piano per il sud” – al momento solo sotto forma di slide – ambizioso nelle intenzioni e innovativo nell’approccio, che trova un’importante ancora nell’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile al 2030, ma che attende ancora di essere declinato operativamente.

Le risorse economiche poste sul tavolo appaiono consistenti, e ancora una volta sottolineano il legame inscindibile che unisce lo sviluppo del sud Italia non solo a quello del nord del Paese, ma anche alla bussola offerta dall’Unione europea. Il Piano stima infatti una maggiore spesa per il sud (+21 miliardi di euro) nel triennio 2020-2022, e soprattutto ben 123 miliardi di euro da qui al 2030: nella quasi totalità dei casi si tratta di ri-orientare risorse provenienti da fondi europei, e soprattutto di spenderle tutte e meglio.

Forte anche l’accento posto sul Green deal per il sud, che prevede «l’occasione di una nuova grande opera di infrastrutturazione verde del territorio (mitigazione del rischio sismico e idrogeologico; contenimento della produzione di rifiuti; servizio idrico integrato; l’uso efficiente e razionale delle risorse naturali)», la necessità di «investire nell’efficenza energetica, sostenere le iniziative di economia circolare, riqualificare i siti industriali dismessi», oltre che «sostenere la filiera agroalimentare per innescare processi di innovazione coerenti con il Green deal» e «coniugare attività produttiva e standard ambientali stringenti (potenzialità del biotech al Sud)». Tutte formule teoricamente condivisibili, che attendono però di essere concretamente valutate in fase di attuazione.

Nel frattempo, le ambizioni contenute nel Piano per il sud hanno meritato un primo attestato di fiducia da parte dell’ASviS, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile: «Si tratta di un’occasione molto importante per rilanciare il Mezzogiorno alla luce del nuovo orientamento politico europeo, tutto centrato sull’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile – commenta il portavoce dell’ASviS, Enrico Giovannini – Siamo soddisfatti che il governo abbia accolto la nostra proposta di riorientare allo sviluppo sostenibile i fondi strutturali e di investimento europei della programmazione 2014-2020 non spesi. Bisogna erogare rapidamente questi fondi, che, aggiungendosi a quelli stanziati dalla Legge di Bilancio 2020, a quelli della programmazione 2021-2027 e a quelli che la Bei (Banca europea per gli investimenti) orienterà allo sviluppo sostenibile, potrebbero generare una massa finanziaria senza precedenti per il Mezzogiorno. Ora è fondamentale che le procedure operative vengano rese più efficienti e che le regioni e gli enti locali orientino le loro politiche verso gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, evitando interventi ‘a pioggia’».

Anche perché del concreto funzionamento del Piano non beneficerebbe “solo” il sud del Paese, ma tutta Italia: nel suo ultimo report la Svimez ha calcolato ad esempio che «20 dei 50 miliardi di euro circa di residuo fiscale trasferito alle Regioni meridionali dal bilancio pubblico ritornano al Centro-Nord sotto forma di domanda di beni e servizi. Inoltre, la domanda interna per consumi e investimenti del Mezzogiorno attiva circa il 14% del Pil del Centro-Nord».