Il gas “gratis” in Basilicata peserà sul conto climatico di tutti

A fronte di una proroga decennale della concessione in Val d’Agri per Eni e Shell, la Regione userà le compensazioni ambientali per tagliare le bollette dei cittadini

[25 Agosto 2022]

Il presidente forzista della Regione Basilicata, Vito Bardi, ha firmato la legge Misure regionali di compensazione ambientale per la transizione energetica ed il ripopolamento del territorio lucano, con la quale si rivedono tempi e compensazione ambientali per l’estrazione di idrocarburi in Val d’Agri.

Le compagnie petrolifere potranno estrarre in Basilicata per altri 10 anni, grazie ad una proroga della concessione, ed in cambio hanno firmato lo scorso giugno un accordo che stanzia risorse ingenti per il territorio: 190 milioni di euro per “progetti di sviluppo sostenibile” e soprattutto la consegna di 160 milioni di metri cubi di gas naturale all’anno alla Regione Basilicata, il cui valore è stato stimato – lungo l’intero decennio – in circa 1,3 miliardi di euro.

«La compensazione è dovuta ai cittadini lucani per il danno che patiscono nel proprio territorio dalle attività estrattive», spiega Bardi, che con la firma della nuova legge ha introdotto una novità importante: «Le compensazioni ambientali per la prima volta andranno nelle tasche dei cittadini. La Regione Basilicata, per i prossimi 10 anni, destinerà le risorse derivanti dalle compensazioni ambientali in favore dei cittadini, intervenendo direttamente sulle bollette», azzerando il costo della componente energia, il che significa dimezzare le bollette del gas per i cittadini lucani, senza distinzioni di Isee.

Della misura non se ne avvantaggeranno le imprese – in quanto si configurerebbe come un «aiuto di Stato», argomenta Bardi – e neanche i molti cittadini che non possono allacciarsi alla rete del gas; per questi ultimi utenze è però previsto lo stanziamento fino a 5mila€ a utenza, destinati a installare pannelli solari termici o fotovoltaici.

L’operazione resta comunque di grande portata, e di grande impatto – mediatico e non solo – in un frangente in cui il prezzo del gas è alle stelle, trascinandosi dietro anche il costo della bolletta elettrica. Ma non è affatto “gratis”.

Il dimezzamento delle bollette gas viene finanziato appunto tramite le compensazioni ambientali, distogliendole dunque da altre finalità; la Regione Basilicata ha stanziato allo scopo un massimo di 60 mln di euro per il 2022, e 200 mln di euro per ognuno dei prossimi due anni.

Inoltre, il costo climatico di una proroga decennale delle concessioni per l’estrazione di idrocarburi è molto salato, e non si ferma certo ai 160 mln di mc di gas garantiti annualmente alla Basilicata: solo lo scorso anno sono stati estratti in Regione circa 1,2 mld di mc di gas, che non servono ad abbassare le bollette degli italiani. Semplicemente confluiscono sul mercato, dove si forma il prezzo che paghiamo.

«L’occasione fornita dalla disponibilità di risorse rivenienti dagli Accordi sulle compensazioni ambientali con le compagnie petrolifere dovrebbe essere colta davvero in un ottica che traguardi i prossimi decenni nella direzione della sostenibilità e dell’indipendenza energetica. Al contrario la legge che la Regione Basilicata si appresta ad approvare prevede solo sostegni temporanei che rischiano di vincolarci pericolosamente ad una fonte fossile come il gas, erroneamente indicata come fonte di transizione – commenta Antonio Lanorte, presidente di Legambiente Basilicata – Al netto degli opportuni interventi emergenziali, le risorse disponibili dovrebbero essere soprattutto destinate ad interventi concreti di efficientamento energetico e di elettrificazione dei sistemi di riscaldamento domestico, ad esempio incentivando, in primo luogo per i redditi bassi, la conversione degli impianti di riscaldamento a gas verso sistemi a rinnovabili e pompe di calore». Come quelle geotermiche.

Per ridurre le emissioni di gas serra (che al 2030 l’Italia dovrà tagliare del 55% rispetto al 1990, anche se ora è ferma a solo -19,4%) e al contempo difendere le tasche dei cittadini, l’unica energia che dovremmo puntare ad estrarre ancora dal sottosuolo è quella rinnovabile: il calore della geotermia, che da solo avrebbe il potenziale per soddisfare il quintuplo dei consumi nazionali, senza peraltro soffrire la dipendenza dalle condizioni meteorologiche come accade per altre fondamentali fonti rinnovabili come eolico o fotovoltaico.

Nonostante le tecnologie geotermiche siano nate proprio in Italia, ormai oltre due secoli fa, ancora oggi le uniche centrali geotermoelettriche italiane sono presenti solo in Toscana, dove soddisfano circa il 35% della domanda regionale di elettricità oltre a fornire molto calore per usi diretti: non a caso nei 9 Comuni sede d’impianto i teleriscaldamenti stanno più che dimezzando il costo della bolletta termica dei cittadini (oltre a tagliare al contempo l’emissione di oltre 100mila ton annue di CO2 l’anno) e anche delle imprese, al contrario di quanto accade in Basilicata.

Peccato però che l’ultima centrale geotermoelettrica costruita, sempre in Toscana, risalga ormai al 2014 (Bagnore 4, a Santa Fiora). L’attuale gestore – Enel green power – si è già mostrato disponibile, a fronte di una proroga quindicennale delle concessioni in scadenza al 2024, a investire altri 3 miliardi di euro sulla geotermia toscana. Eppure, al contrario di quanto succede per il gas in Basilicata, per questa fonte rinnovabile ancora non si è trovata una soluzione in grado di sbloccarne lo sviluppo sostenibile.