Atteso da almeno un anno, dovrebbe essere pronto entro l’estate ma ancora non si vede

Il decreto Fer 2 e le semplificazioni che mancano per le energie rinnovabili

Patuanelli: «Il Mise sta lavorando per concludere al più presto, al momento è oggetto di confronto con i ministeri dell’Ambiente e delle Politiche agricole, chiamati a esprimere il proprio concerto»

[14 Luglio 2020]

Sono ormai lontani gli anni di robusta crescita delle energie rinnovabili in Italia, che fino al 2012 è stato un Paese di punta a livello globale per quanto riguarda le nuove installazioni: da allora la crescita annuale è andata avanti con progressi minimali, tanto che ai ritmi attuali i pur magri obiettivi individuati al 2030 dal vigente Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) appaiono irraggiungibili.

«Se dovessimo andare avanti con questo ritmo autorizzativo servirebbero 67 anni per realizzare il Pniec – dichiara la deputata Rossella Muroni nel question time al ministro Patuanelli (nella foto, ndr) tenutosi alla Camera nei giorni scorsi – Basti considerare che per costruire un campo eolico servono in media 5 anni, così al momento dell’avvio della produzione la tecnologia utilizzata è già diventata vecchia. Sono queste le semplificazioni che servono al Paese: quelle per modernizzare gli impianti di energia rinnovabile e per realizzarne di nuovi in tempi rapidi».

Premesse che il ministro per lo Sviluppo economico sottolinea di condividere «al 100%», riconoscendo però le difficoltà a tradurle in pratica. Da un monitoraggio effettuato avvalendosi di dati Terna, i progetti autorizzati e non ancora ammessi a un meccanismo di sostegno crescono di circa 500 MW/anno, contro un fabbisogno di nuovi impianti, per gli obiettivi Pniec, di circa 4000 MW/anno, in larga parte eolici e fotovoltaici. Ne è un esempio quanto accaduto in attuazione del cosiddetto DM Fer1, destinato all’incentivazione delle fonti più economiche e mature (eolico, fotovoltaico, idroelettrico, gas di depurazione), che ha visto lo svolgimento finora di due procedure di aste e registri, in cui per la prima volta è rimasta non assegnata una parte della capacità disponibile. Nella prima procedura sono stati messi a disposizione per nuovi impianti 730 MW, di cui sono stati assegnati 587 MW. Nella seconda procedura, per i nuovi impianti sono stati messi a disposizione 872 MW,  comprensivi della potenza non assegnata nella prima procedura, ma sono stati assegnati solo 502 MW.

Dunque, non basta mettere a disposizione incentivi economici, occorre incidere anche sui vincoli che frenano gli investimenti e creare condizioni abilitanti». Eppure i problemi permangono ancora su entrambi  i fronti, sebbene qualcosa si stia muovendo. Patuanelli ricorda in proposito le ultime norme approvate nel merito dal Consiglio dei ministri, in attesa del vaglio del Parlamento: in particolare la “Semplificazione dei procedimenti autorizzativi delle infrastrutture delle reti energetiche nazionali”, la “Semplificazione dei procedimenti autorizzativi delle infrastrutture della rete di distribuzione elettrica” e la “Semplificazione dei procedimenti per l’adeguamento di centrali di produzione di energia”.

Ma è paradigmatica la storia del decreto Fer 2 per illustrare le difficoltà a procedere spediti quando si parla di energie rinnovabili: dedicato agli incentivi dedicati alle rinnovabili “innovative” come biogas, solare termodinamico e geotermia, è atteso almeno dall’anno scorso, quando è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il Fer 1. Dato per pronto da ultimo “entro l’estate”, ancora non si vede.

«Il ministero dello Sviluppo economico – dichiara Patuanelli nel merito – sta lavorando per concludere al più presto il dm Fer 2, il quale è stato aggiornato con le disposizioni legislative intervenute in materia di biogas e biomasse ed al momento è oggetto di confronto con i ministeri dell’Ambiente e delle Politiche agricole, chiamati a esprimere il proprio concerto».