Muroni e Karbai: «Ci sono scarti di ogni tipo da differenziata domestica destinati non al recupero bensì alla discarica o all’incenerimento»

I container di rifiuti italiani esportati illegalmente in Tunisia hanno preso fuoco

Polieco: «Più i rifiuti viaggiano verso l’estero, più diventa alto il rischio di sistemi illegali che compromettono non solo l’ambiente ma anche la concorrenza leale fra le imprese»

[30 Dicembre 2021]

Ci stanno pensando le fiamme a “risolvere” il problema dei 282 container zeppi di rifiuti italiani esportati illegalmente in Tunisia, a un anno esatto dall’inizio del più grande scandalo ecologico che la storia del Paese ricordi.

«I rifiuti inviati illegalmente dal porto di Salerno alla Tunisia hanno preso fuoco. L’incendio è divampato ieri presso l’azienda Soreplast di Sousse, in Tunisia, dove erano attualmente stoccati i rifiuti di 70 container, ossia la parte sdoganata dei 282 arrivati dall’Italia», spiegano da Polieco, il Consorzio nazionale per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene.

Inizialmente i container partiti illegalmente dal salernitano con direzione Sousse erano 212, poi incrementati di 70 unità, e mai rimpatriati in Italia nonostante le proteste e i numerosi appelli arrivati nel corso dei mesi da entrambe le sponde del Mediterraneo.

«Il triste epilogo di una vicenda i cui contorni restano torbidi è arrivato oggi con un incendio che riporta inevitabilmente il pensiero alla lunga scia di episodi simili che si sono registrati negli ultimi anni presso varie piattaforme italiane«, dichiara la direttrice di Polieco Claudia Salvestrini , la quale si augura che «la nuova modalità di tombamento che abbiamo riscontrato in Italia non venga esportata anche in altri Paesi. La verità è che in Italia da un lato abbiamo una raccolta differenziata improntata soprattutto sulla quantità, a discapito della qualità, dall’altro c’è una notevole carenza di impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti che non consentono la chiusura della filiera e così più i rifiuti viaggiano verso l’estero, più diventa alto il rischio di sistemi illegali ad opera di trafficanti che compromettono non solo l’ambiente ma anche la concorrenza leale fra le imprese, danneggiando i tanti operatori del settore che con grandi sforzi da sempre lavorano eticamente e nel rispetto delle regole».

Paradossalmente, il rogo dei rifiuti italiani ammassati in Tunisia ha avuto luogo mentre il nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha avviato una missione a Tunisi. Senza prendere posizione sulla questione.

«Migliaia di tonnellate di rifiuti urbani indifferenziati – ricordavano appena due giorni fa Rossella Muroni, deputata di FacciamoEco, e Majdi Karbai, deputato del Parlamento tunisino del Gruppo Democratico – sono stoccati nel porto tunisino di Sousse e con il passare dei mesi la situazione si fa sempre più grave per ambiente, giustizia e cooperazione internazionale. Come già stabilito dalla Regione Campania e confermato da Tar e Consiglio di Stato questi rifiuti devono essere rimpatriati in Italia. Di recente anche il Relatore Speciale delle Nazioni Unite su sostanze tossiche e diritti umani, Marcos Orellana, è intervenuto sul caso confermando quanto chiediamo da mesi: i rifiuti vanno rimpatriati in Italia senza ulteriori ritardi».

Come sottolineano i due parlamentari, anche «una ispezione delle Dogane tunisine ha infatti rivelato che nei container non ci sono rifiuti plastici come dichiarato, ma scarti di ogni tipo da differenziata domestica destinati non al recupero bensì alla discarica o all’incenerimento. Tipologia che non può essere esportata tra Paesi Ue ed extra Ue».

Ma che di fatto l’Italia non sa come gestire, a causa della strutturale carenza d’impianti utili a trattare queste frazioni tramite recupero energetico. L’auspicio è che «i fondi del Pnrr possano andare proprio nella direzione di un sistema autosufficiente di gestione in grado di agevolare un circuito virtuoso, consentendo così di ridurre drasticamente i viaggi dei rifiuti», conclude Salvestrini.

I fondi Pnrr dedicati all’economia circolare sono molto esigui (2,1 mld di euro su circa 200) e giustamente non prevedono fondi per inceneritori e discariche, rispettivamente al penultimo e ultimo posto della gerarchia europea per la gestione rifiuti. Il Pnrr lascia però spazio a alternative più sostenibili e innovative, come gli impianti waste to chemicals utili per estrarre idrogeno, metanolo o etanolo dai rifiuti non riciclabili. Anche per realizzare questi impianti, però, oltre alla sfida tecnologica è necessario vincere pure le resistenze Nimby&Nimto portate avanti da comitati, burocrati e politica locale (anche) contro gli impianti utili alla transizione ecologica.