Guterres al World Economic Forum: «La solidarietà globale è missing in action»

Giustizia sociale, sanitaria e climatica per uscire dalla crisi con un mondo più prospero per tutti

[19 Gennaio 2022]

Intervenendo alla Davos Agenda  del World Economic Forum in corso nella località Svizzera, il segretario generale dell’Onu, Antünio Guterres ha ricordato che quest’anno il meeting «Si svolge all’ombra di un periodo estremamente difficile per le economie, per le persone e per il pianeta».

Secondo il rapporto  “2022 World Economic Situation and Prospects” (WESP) pubblicato il 13 gennaio dall’United Nations Department of Economic and Social Affairs (DESA) «Il mondo sta emergendo dalle profondità di una crisi economica paralizzante. Ma la ripresa rimane fragile e irregolare in mezzo alla persistente pandemia, alle persistenti sfide del mercato del lavoro, alle continue interruzioni della catena di approvvigionamento, all’aumento dell’inflazione e alle incombenti trappole del debito, per non parlare del gap geopolitico – ha ricordato Guterres – Di conseguenza, vediamo un rallentamento della ripresa in modo sostanziale. Tutto questo minaccia i progressi duramente conquistati nell’avanzamento dell’Agenda 2030 e degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, i nostri progetti chiave».

Di fronte a una platea costituita in gran parte da chi con questa crisi si è arricchito ancora di più, il capo dell’Onu ha evidenziato che «Gli ultimi due anni hanno dimostrato una verità semplice ma brutale: se lasciamo indietro qualcuno, alla fine, lasciamo indietro tutti. Se non riusciamo a vaccinare ogni persona, diamo vita a nuove varianti che si diffondono oltre i confini e bloccano la vita quotidiana e le economie. Se non riusciamo a fornire una riduzione del debito e finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo, creiamo una ripresa sbilenca che può mandare in tilt un’economia globale interconnessa. Se non riusciamo a ridurre le disuguaglianze, appesantiamo il progresso economico per tutte le persone in tutti i Paesi. E se non riusciamo a far corrispondere la retorica sul clima con le azioni per il clima, ci condanniamo a una Terra più calda e instabile, con disastri in peggioramento e sfollamenti di massa».

Per l’ex presidente socialista del Portogallo, «Al centro di questi fallimenti c’è l’incapacità globale di sostenere i Paesi in via di sviluppo nel momento del bisogno e anche un problema di governance o di sistemi internazionali diversi. Senza un’azione immediata a loro sostegno, le disuguaglianze e la povertà aumenteranno. Questo si tradurrà in più disordini sociali e più violenza. Come ci ricorda il nuovo Global Risk Report del Forum, il mondo sta marciando lungo un sentiero carico di enormi rischi. Non possiamo permetterci questo tipo di instabilità. Per tracciare una nuova rotta, abbiamo bisogno che tutti collaborin, in particolare di tutti voi della comunità imprenditoriale globale».

E il segretario generale dell’Onu si è rivolto direttamente proprio ai grandi imprenditori che organizzano e frequentano il meeting WEF di Davos: «Mentre vi incontrate, discutete e deliberate sulle prospettive di ripresa e ripresa economica per il prossimo anno, vi esorto a concentrarvi su tre aree urgenti. Primo: dobbiamo affrontare la pandemia con equità ed equità. Lo scorso autunno, l’Organizzazione mondiale della sanità ha presentato una strategia per vaccinare il 40% delle persone in tutti i Paesi entro la fine dello scorso anno e il 70% entro la metà di quest’anno. Non siamo affatto vicini a questi obiettivi. I tassi di vaccinazione nei Paesi ad alto reddito sono – vergognosamente – 7 volte superiori a quelli dei Paesi africani. Abbiamo bisogno di equità sui vaccini, ora. Tutti i Paesi e tutti i produttori devono dare priorità alla fornitura di vaccini a COVAX e supportare la produzione locale di test, vaccini e trattamenti in tutto il mondo. Abbiamo bisogno che le aziende farmaceutiche siano solidali con i Paesi in via di sviluppo condividendo licenze, know-how e tecnologia in modo che tutti possiamo trovare una via d’uscita da questa pandemia. E, naturalmente, in situazioni in cui può essere giustificato un risarcimento – non vogliamo che nessuna azienda farmaceutica in difficoltà finanziarie non sia in grado di investire – in tali situazioni i Paesi sviluppati dovrebbero esplorare i modi per fornire il sostegno finanziario necessario.  E dobbiamo prepararci per la prossima pandemia attraverso investimenti di buon senso nel monitoraggio, nella diagnosi precoce e nei piani di risposta rapida in ogni Paese  e rafforzando l’autorità dell’Organizzazione mondiale della sanità. Prima di tutto, dobbiamo rafforzare l’assistenza sanitaria primaria locale e mettere tutti i Paesi sulla strada per ottenere la copertura sanitaria universale e ne siamo ancora davvero lontani».

La seconda richiesta è ancora più indigesta per la platea di Davos: riformare il sistema finanziario globale in modo che possa funzionare per tutti i Paesi, senza prevenzioni di sotta.  «In questo momento critico, stiamo mettendo la prima pietra di una ripresa sbilenca. Più di 8 dollari su 10 per la ripresa vengono spesi nei Paesi sviluppati. I Paesi a basso reddito sono in enorme svantaggio. Stanno vivendo la loro crescita più lenta da una generazione e stanno cercando di cavarsela con budget nazionali terribilmente insufficienti. Gli oneri dell’inflazione record, della riduzione del margine fiscale, dei tassi di interesse elevati – e che saranno più elevati – e l’impennata dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari sta colpendo ogni angolo del mondo e bloccando la ripresa, specialmente nei Paesi a basso reddito e in alcuni Paesi a reddito medio. Soffocano ogni speranza di crescita rendendo ancora più difficile per i governi investire nei sistemi sostenibili e resilienti di cui le persone hanno bisogno. Salute, istruzione, lavoro dignitoso e protezione sociale non sono solo diritti umani. Rappresentano collettivamente il motore economico di un Paese. E, in questo momento, nei Paesi in via di sviluppo questo motore è in stallo con terribili conseguenze per i mezzi di sussistenza delle persone, in particolare per le donne e i giovani. Il sistema finanziario globale li ha delusi quando ne avevano più bisogno.  E la solidarietà globale è missing in action. I Paesi sono imprigionati dall’aumento del debito e dai tassi di interesse esorbitanti, e tutto questo senza avere la garanzia che non saranno inadempienti nei pagamenti. E molti Paesi a reddito medio si trovano non idonei per la cancellazione del debito, nonostante l’aumento della povertà, l’aumento della disoccupazione e la perdita di sviluppo. Abbiamo bisogno di un sistema finanziario globale adatto allo scopo. Questo significa un’urgente ristrutturazione del debito e riforme dell’architettura del debito a lungo termine. Significa espandere il Common Framework for Debt ai Paesi a medio reddito e farlo funzionare con i creditori del settore privato che si impegnano anche con il Framework. Significa andare oltre il Prodotto Interno Lordo, per misurare, mitigare e prepararsi ai rischi di vulnerabilità e di investimento, in particolare ai rischi climatici. Significa affrontare la corruzione e i flussi finanziari illeciti e garantire che i sistemi fiscali siano equi e progettati in modo da ridurre realmente le disuguaglianze. E significa riunire governi, imprese, settore finanziario e istituzioni finanziarie internazionali per costruire investimenti privati ​​nei Paesi in via di sviluppo. Come business leaders, state dalla nostra parte mentre modelliamo un sistema finanziario globale che funzioni per tutti i Paesi, non solo per i pochi ricchi».

Il terzo punto sollevato da Guterres è anche il rischio più importante secondo il Global Risk Report, il fallimento di una vera azione climatica nei Paesi in via di sviluppo.

Guterres ha fatto notare che «Le emissioni devono diminuire, ma continuano ad aumentare. La produzione di energia da carbone sta raggiungendo un nuovo record assoluto. Anche se tutti i Paesi sviluppati mantenessero le promesse, promesse molto importanti, di ridurre drasticamente le emissioni entro il 2030, il problema è che –anche se tutti i Paesi in via di sviluppo che rispettassero i loro attuali Nationally Determined Contribution, in particolare le economie emergenti – le emissioni globali sarebbero ancora troppo elevate per mantenere l’obiettivo 1,5° C a portata di mano. Avremmo infatti bisogno di una riduzione del 45% delle emissioni globali in questo decennio. Eppure, con le condizioni attuali, le emissioni globali sono destinate ad aumentare del 14% entro il 2030, sfidando la ragione e ignorando gli impatti sulle persone, sulle economie e sul nostro pianeta. 1,2 gradi di riscaldamento hanno già portato conseguenze devastanti e prezzi in aumento, misurati in dollari, e disperazione. Negli ultimi due decenni, il bilancio economico dei disastri legati al clima è salito alle stelle dell’82%. Le condizioni meteorologiche estreme nel 2021 hanno causato danni assicurati per 120 miliardi di dollari e ucciso 10.000 persone. Gli shock climatici hanno costretto 30 milioni di persone a fuggire dalle proprie case nel solo 2020, tre volte di più di quelle sfollate a causa di guerre e violenze. E un miliardo di bambini è a rischio estremamente elevato per gli impatti dei cambiamenti climatici. Far virare questa nave richiederà un’immensa forza di volontà e ingegno da parte dei governi e delle imprese allo stesso modo, in ogni nazione con le maggiori emissioni».

E qui la giustizia sociale si fa giustizia climatica: «Un certo numero di Paesi si è impegnato a realizzare riduzioni significative delle emissioni negli anni 2020. Altri Paesi devono affrontare enormi ostacoli strutturali. Hanno un mix energetico che si basa sulla forte dipendenza dal carbone. Questo ostacola il progresso per noi tutti. Hanno bisogno di assistenza. Non diamo loro la colpa e la vergogna. Aiutiamo, aiutiamo le principali economie emergenti ad accelerare la transizione, chiedo la creazione di coalizioni di Paesi, istituzioni finanziarie pubbliche e private, fondi di investimento e companies che hanno il know-how tecnologico per fornire supporto finanziario e tecnico mirato per ogni Paese che ha bisogno di assistenza.

Abbiamo chiesto agli Stati Uniti e alla Cina di concludere un accordo che spero fornirà alla Cina tecnologie più adeguate per accelerare la transizione dal carbone. All’India la coalizione non piace, ma l’India ha accettato diverse forme di sostegno bilaterali e sono stato in stretto contatto con gli Stati Uniti, il Regno Unito e molti altri Paesi per assicurarmi che ci sia un forte progetto a sostegno dell’India, in particolare per il loro investimento in 450 gigawatt di energia solare. Indonesia e Vietnam hanno già accettato l’idea di una coalizione che li sostenga nell’eliminazione del carbone.  Questa deve essere una priorità per tutti noi: eliminare gradualmente il carbone.Non dovrebbero essere costruite nuove centrali a carbone.  Come ho detto, i governi di Indonesia e Vietnam hanno appena annunciato l’intenzione di abbandonare il carbone e di passare alle energie rinnovabili, ma hanno bisogno di sostegno per questo. Il Sudafrica ha ora in atto una giusta transizione energetica con una partnership che coinvolge un certo numero di Paesi chiave e istituzioni finanziarie internazionali per sostenere l’accelerazione, il trasferimento, il progresso, l’abbandono del carbone».

Guterres, che non ha per niente gradito il semi-fallimento politico della COP26 Unfccc di Glasgow, ha detto al WEF di Davos: «Vediamo un ruolo chiaro per le imprese e gli investitori nel sostenere il nostro obiettivo net zero. La Net-Zero Asset Owners Alliance ha stabilito il gold standard. La scorsa settimana ho partecipato a un incontro della Glasgow Financial Alliance for Net Zero. Quel gruppo rappresenta più di 130 trilioni di dollari di asset mobilitati per l’obiettivo del net zero. L’intero sistema finanziario dovrebbe seguire il loro esempio. Ma questi sforzi devono essere integrati. Abbiamo bisogno che salgano a bordo interi settori. L’industria pesante, il trasporto marittimo, l’aviazione e altri devono mettersi su una traiettoria verso il net zero entro il 2050. Alla COP26, ho anche annunciato la creazione di un gruppo di esperti di alto livello per valutare gli standard e i criteri utilizzati per definire, attuare e monitorare gli impegni net zero da parte di attori non statali: imprese, città, istituzioni finanziarie e regioni. Nel corso di quest’anno, il gruppo proporrà nuovi quadri e svilupperà raccomandazioni. E’ incoraggiante vedere il settore privato prendere l’iniziativa, ma è essenziale fare pressione sui governi affinché tengano il passo e non rimangano indietro. La verità è che molte delle politiche e dei quadri normativi odierni sono un ostacolo all’impegno del settore privato. Allo stesso tempo, le istituzioni finanziarie internazionali non stanno facendo abbastanza per creare forme di partnership che consentano di ridurre il rischio degli investimenti privati ​​nei Paesi che devono accelerare la loro transizione. Tutto questo deve cambiare».

Guterres ha concluso: «In tutte e tre queste aree, abbiamo bisogno del supporto, delle idee, dei finanziamenti e della voce della business community globale. Non possiamo permetterci di replicare le disuguaglianze e le ingiustizie che continuano a condannare decine di milioni di persone a vite di miseria, povertà e cattive condizioni di salute. Non possiamo continuare a costruire muri tra abbienti e non abbienti. Oppure, costruire muri che minano un mercato globale che ha bisogno di lavorare in modo unito.

Abbiamo bisogno di unirci – in tutti i Paesi e in tutti i settori – per sostenere quei Paesi che hanno più bisogno di aiuto. Restiamo uniti per rendere il 2022 un vero momento di ripresa».