Di questo passo irraggiungibili gli obiettivi al 2030

Gse, nel 2018 le rinnovabili hanno coperto il 18,1% dei consumi italiani (meno del 2017)

Ma gli incentivi volti a sostenere energie pulite ed efficienza sono ben spesi: 15,4 miliardi di euro che hanno fatto risparmiare 45 milioni di tonnellate di CO2 e sostenuto 45.000 unità di lavoro a tempo pieno

[16 Maggio 2019]

Nel 2017 la quota dei consumi complessivi di energia italiani coperta da fonti rinnovabili è stata pari al 18,3%, mentre – secondo le valutazioni preliminari espresse oggi dal Gestore dei servizi energetici (Gse) nel suo Rapporto delle attività 2018 – nel 2018 sarebbe calata intorno al 18,1%. Una diminuzione che «deriverebbe da un lieve aumento dei Consumi finali lordi (Cfl) complessivi, da un lato, e dalla flessione rilevata negli impieghi di Fer sia nel settore termico, per via delle temperature mediamente meno rigide che hanno caratterizzato il 2018 rispetto all’anno precedente, sia in quello elettrico».

Si tratta del primo passo indietro dopo molti anni di crescita del contributo offerto alle energie rinnovabili ai consumi italiani, aggravando ulteriormente un contesto in cui lo sviluppo delle fonti pulite avanza troppo lentamente ormai da tempo. Era stato lo stesso Gse, ovvero la società del ministero dell’Economia che ricopre un ruolo centrale nella promozione e nel monitoraggio dello sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica in Italia, a lanciare l’allarme lo scorso dicembre: «Negli ultimi 5 anni si è assistito a una crescita media annua di 0,3 punti percentuali dei consumi energetici soddisfatti dalla produzione da rinnovabili favorita, in parte, anche da una diminuzione tendenziale dei consumi stessi per la congiuntura economica internazionale. Continuando in questa direzione, al 2030 il Paese raggiungerebbe un obiettivo del 22%, ben lontano dal 30% che si pone il Piano energia e clima».

Adesso l’allarme si è concretizzato in un dato di fatto, e di certo un difetto d’impegno da parte del Gestore. Le azioni del Gse nei settori delle rinnovabili e dell’efficienza energetica – riporta infatti il Rapporto appena pubblicato – hanno consentito lo scorso anno un risparmio di 45 milioni di tonnellate di CO2 e attivato investimenti per 2,6 miliardi , e la società ha gestito incentivi per un valore di circa 15,4 miliardi di euro (11,6 per incentivare l’energia elettrica da Fer, 1,7 per efficienza energetica e rinnovabili termiche, 0,6 per i biocarburanti e 1,5 riconducibili ai proventi derivanti dall’Ets). Tutto questo in termini occupazionali significa non meno di 45.000 unità di lavoro a tempo pieno correlate alle iniziative sostenute: soldi ben spesi.

Quel che manca è una politica industriale più solida a sostegno del settore, che nonostante tutto non è comunque rimasto immobile. Le notizie più positive arrivano dal settore dei trasporti, dove nel 2018 il Gse individua un deciso incremento nell’immissione al consumo di biocarburanti (+18%), dovuta in primis all’aumento della quota d’obbligo di miscelazione. Le rinnovabili elettriche hanno visto invece l’installazione di 1 GW di potenza aggiuntiva rispetto al 2017 (soprattutto grazie all’eolico) e 11 TWh in più di energia prodotta, grazie però a una sorta di “effetto ottico” dovuto all’energia idroelettrica: il 2017 è stato l’anno più siccitoso da almeno due secoli per l’Italia, il che ha notevolmente frenato questa fonte rinnovabile, che nel 2018 – a fronte di condizioni meteo più favorevoli – è invece tornata a guadagnare +13 TWh sul 2017. Peggio ancora va sul fronte delle rinnovabili termiche, dove le stime del Gse indicano una flessione del 3% nei consumi (ma anche qui il meteo ha avuto un ruolo primario, viste le temperature invernali meno rigide).