Green Reporting: 6 raccomandazioni green per la rendicontazione e la strategia aziendale

Per il 68% delle imprese italiane il cambiamento climatico è un tema strategicamente rilevante

[10 Ottobre 2019]

Oggi, nel corso dell’evento “La green economy nel reporting non finanziario”, organizzato da Fondazione per lo sviluppo sostenibile con il supporto di Itelyum, leader italiano nell’economia circolare, e in partnership con il Global Compact Network Italia, sono state presentate le “6 raccomandazioni per il green reporting” – 1. Dare più spazio alle tematiche ambientali: planet first!; 2. Dal processo al prodotto: mettere al centro la qualità ambientale dei beni e servizi; 3. Obiettivi e target: misurare le proprie performance ambientali; 4. Climate action: misurare e ridurre la carbon footprint di processo e di prodotto; 5. Circular economy: orientare il modello di business in chiave circolare, 6. Capitale naturale e biodiversità: un nuovo patto tra imprese e territorio.

Si tratta di un’indagine che prende in esame ben 86 indicatori e che contiene raccomandazioni «finalizzate a fare del reporting uno strumento di strategia e non solo di comunicazione« che «sono frutto di una riflessione sui risultati dell’indagine svolta dalla Fondazionper valutare le modalità e la qualità con cui gli aspetti ambientali vengono trattati nelle Dichiarazioni Non Finanziarie (DNF) delle imprese italiane».

Presentando l’indagine, Edo Ronchi, presidente della Fondazione sviluppo sostenibile, ha ricordato che «La transizione alla green economy richiede il pieno coinvolgimento del mondo delle imprese.  Questo necessariamente richiede agli imprenditori di innovare approcci e strumenti, inclusi quelli legati alla rendicontazione non finanziaria. Con questa indagine abbiamo voluto verificare il livello raggiunto dagli attuali strumenti di rendicontazione in relazione ai criteri e agli obiettivi di green economy. Ne sono scaturite  6 raccomandazioni che mi auguro possano essere utili alle imprese per trasformare il reporting in un efficace strumento di orientamento strategico e di innovazione green dei propri modelli di business».

Alla Fondazione per lo sviluppo sostenibile spiegano che «L’indagine ha interessato 130 imprese delle oltre 200 obbligate a rendicontare informazioni non finanziarie nel rispetto del D.Lgs. 254 del 2016. Le DNF delle imprese del campione sono state interrogate sulla base di una griglia di 86 indicatori chiave, allo scopo di fare il punto sullo stato del reporting non finanziario con un focus dal punto di vista della green economy toccando i temi del cambiamento climatico, dell’economia circolare e del capitale naturale e biodiversità. Le 6 raccomandazioni rappresentano dei suggerimenti per un green reporting e per sopperire alle principali criticità emerse dall’indagine. In primis, la dimensione ambientale è sempre presente negli strumenti di reporting non finanziario, ma raramente viene rappresentata in modo adeguato. Nelle liste e matrici di materialità delle imprese, il 21% degli aspetti indicati sono di tipo ambientale, e degli indicatori totalmente rendicontati il 33% riguardano performance ambientali».

Secondo Antonio Lazzarinetti, presidente di Itelyum, «E’ necessario applicare al green reporting indicatori omogenei per poter misurare l’operato non solo della singola azienda ma anche di gruppi di imprese come avviene nella rendicontazione finanziaria Ciò consentirà di misurare le performance di settori omogenei, nell’industria manifatturiera e in quella dei servizi, e di fornire alle istituzioni elementi preziosi per lo sviluppo di politiche industriali orientate alla sostenibilità».

Per quanto riguarda gli impatti ambientali derivanti dalle loro attività, dall’indagine emerge che «Le imprese sono consapevoli dell’importanza di misurarli e monitorarli, tuttavia tali misurazioni ricoprono nella maggior parte dei casi un perimetro limitato all’attività degli uffici e dei processi produttivi, tenendo fuori i beni e servizi. Sono, invece, proprio i prodotti gli artefici dei maggiori impatti ambientali negativi, ma solo l’8% delle imprese valuta in qualche modo le performance ambientali di questi ultimi. Mentre l’11% rendiconta interventi di miglioramento delle performance di circolarità sul design del prodotto o sul proprio modello di business. Il 92% delle imprese rendiconta serie storiche delle proprie emissioni di gas serra, un dato alto, ma solo il 35% delle imprese rendiconta le proprie emissioni nel perimetro più ampio della propria catena del valore (Scope 3)».

In ottica di economia circolare «solo l’11% delle imprese rendicontano interventi di migliora­mento della performance di circolarità a partire dal design del prodotto o sul proprio modello di business. Sono invece il 28% le imprese che rendicontano le percentuali di approvvigionamento di materia prima riciclata e il 31% quelle che descrivono le azioni tese al ridurre l’utilizzo di materia prima vergine».

Su questo punto è intervenuta Simona Melchiorri, sustainability officer Cassa Depositi e Prestiti: «Il business model di Cassa Depositi e Prestiti è da sempre caratterizzato da una dimensione di circolarità attraverso la quale il risparmio dei cittadini viene investito per lo sviluppo sostenibile del territorio. Con il nuovo Piano Industriale la dimensione degli impatti green è al centro dell’orizzonte strategico con l’obiettivo di far crescere il peso di questi investimenti fini al 15% delle risorse mobilitate nel prossimo triennio».

Anche se il tema della biodiversità viene toccato dal 45% dei report analizzati, appena il 12% delle imprese lo considera come qualcosa di tangibile. Eppure, come evidenzia l’indagine, «La perdita della biodiversità, la ridotta funzionalità degli ecosistemi, la diminuzione della resilienza ecologica possono retroagire sulle imprese e sulle filiere produttive, generando nuovi rischi e richiedendo strategie e azioni differenti. Per questo è importante che le imprese misurino e siano consapevoli dei propri potenziali fattori di impatto sul contesto ambientale e della loro relazione con la biodiversità: attualmente solo l’8% delle  imprese effettua tale tipo di rendicontazione».

Marco Frey, Presidente della Fondazione Global Compact Italia, ha concluso: «La sostenibilità sta acquisendo rapidamente rilevanza strategica e il tema dell’accountability è in una fase di evoluzione ben descritta nell’analisi svolta dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, che si è in particolare concentrata sulla dimensione ambientale. Le imprese sono infatti chiamate, anche dal mondo della finanza, a fornire una rappresentazione sempre più rigorosa del loro contributo alle sfide globali che l’Agenda 2030 ha tracciato».