Gli ambientalisti compatti contro lo sblocca trivelle del Governo: «La solita politica fossile»

Greenpeace, Legambiente e Wwf: motivazioni inconsistenti, si stima di estrarre l’equivalente dell’l’1,9% del fabbisogno nazionale di gas

[10 Novembre 2022]

Le tre più grandi associazioni ambientaliste italiane – Greenpeace, Legambiente e Wwf – si sono schierate con decisione contro il decreto al dl Aiuti ter annunciato dal Governo guidato da Giorgia Meloni, che prevede nuove trivellazioni a caccia di gas lungo le coste nazionali.

Se confermato, spiegano gli ambientalisti, si tratta in sostanza di «un regalo alle industrie petrolifere estrattive, in primis all’Eni, mentre il vantaggio per le industrie energivore, annunciato dal Governo,  appare essere del tutto marginale e  sulla strada sbagliata rispetto agli impegni per la decarbonizzazione dell’economia assunti dall’Italia su scala globale dato che favorisce la fornitura e l’uso di una fonte fossile come il gas a prezzi agevolati».

Le motivazioni alla base della decretazione d’urgenza appaiono infatti «inconsistenti», dato che il fabbisogno italiano annuale di gas si aggira attorno ai 76 miliardi di metri cubi e che ad oggi  la produzione annuale di gas nazionale pesa attorno ai 3-5 miliardi di metri cubi l’anno; come cambierebbe col via libera a nuove trivelle?

«Secondo le stime del Governo – evidenziano gli ambientalisti – l’incremento atteso con l’emendamento sblocca trivelle è di 15 miliardi di metri cubi in 10 anni, cioè 1,5 miliardi di metri cubi l’anno, che sarebbero equivalenti solo all’1,9% del fabbisogno nazionale».

C’è poi da notare, aggiungono le associazioni, che il Piano  per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai), elaborato  dal ministero della Transizione ecologica – è stato approvato nel settembre 2021 e sottoposto alla Conferenza Stato-Regioni nel dicembre 2021 – non si trova traccia di quanto  annunciato in questi giorni dal Governo sulla possibilità di riammettere a produrre le concessioni esistenti in Alto Adriatico e di prevedere il rilascio di nuove concessioni tra le 9 e le 12 miglia.

Aumentare le trivellazioni in mare significa inoltre aggravare quella crisi climatica che Meloni ha apparentemente riconosciuto e si è impegnata a combattere nel suo discorso di apertura della Cop27 a Sharm El-Sheik. Inaugurare nuove trivellazioni significa però fare esattamente il contrario, continuando con lo stesso identico modello energetico che ha prodotto la crisi energetica e climatica in corso: la soluzione ad entrambe passa invece dall’installazione di nuovi impianti per catturare le abbondanti energie rinnovabili presenti lungo lo Stivale, eppure ad oggi Terna segnala impianti in attesa di autorizzazione per circa 280 GW.

«Siamo certi – concludono gli ambientalisti – della sincera volontà della presidente del Consiglio Meloni di tener fede agli impegni recentemente presi occasione della Cop27. Ma per abbattere le emissioni climalteranti non abbiamo bisogno di nuove trivelle ma di un nuovo Piano nazionale integrato energia clima (Pniec), che tenga conto dei nuovi target europei (RePowerEu), e dell’approvazione di una legge sul clima su cui basare le urgenti scelte politiche che sia capace di creare un confronto con la comunità scientifica».