G7 Ambiente, l’Italia punta sul «dialogo tra generazioni». Ma i giovani sono lasciati soli

Come spiega il ministro Costa «si riconosce l’esistenza di collegamenti tra la protezione dell’ambiente, la crescita economica e le diseguaglianze». Perché allora non si agisce di conseguenza?

[6 Maggio 2019]

Si chiude oggi a Metz, in Francia, il G7 Ambiente che ha riunito i ministri di Francia, Canada, Germania, Usa, Giappone, Italia e Regno Unito – oltre a rappresentanti di Cile, Egitto, Gabon, Isole Fiji, India, Indonesia, Messico, Niger, Norvegia e Ue – per un confronto serrato su quattro pilastri: lotta alle disuguaglianze, per favorire una transizione ecologica solidale; sostegno agli allarmi scientifici e alla mobilitazione internazionale su clima e biodiversità; promozione di soluzioni concrete per clima e biodiversità; finanziamenti alla tutela della biodiversità.

È in questo contesto che il ministro italiano – Sergio Costa – rivendica un’attenzione particolare ai giovani, una «iniziativa italiana che è stata accolta con grande favore dagli altri Paesi». Come anticipa il ministro, nel «comunicato finale che chiuderà i lavori di questo G7 Ambiente a Metz è stato introdotto un passaggio importante frutto di una nostra iniziativa, e che ci rende orgogliosi. C’è scritto, nero su bianco, che bisogna enfatizzare l’importanza di un continuo dialogo inclusivo tra le generazioni su ogni questione ambientale. Il passaggio è stato inserito all’interno del punto 4, in cui si riconosce l’esistenza di collegamenti tra la protezione dell’ambiente, la crescita economica e le diseguaglianze». A dire il vero non si tratta di una grande novità: è almeno dal 1987 che lo sviluppo sostenibile è definito (dal rapporto Brundtland) come «quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri». Ciò non toglie che si tratti di un punto cruciale, ed è positiva l’intenzione italiana di rimarcarlo nel consesso del G7.

Proprio perché si tratta di un collegamento fondamentale stupisce però che i rappresentanti delle nostre istituzioni – nonostante i comunicati ufficiali – sembrino non riuscire a cogliere appieno, a discapito soprattutto dei più giovani. «Tutto quello che riguarda i giovani è sconsolatamente al ribasso nel nostro paese rispetto al mondo con cui ci confrontiamo – spiega su lavoce.info il demografo Alessandro Rosina – Oggi l’Italia è senza progetto per il proprio futuro e i giovani italiani sono senza ruolo. I dati lo riflettono in modo coerente. Nel 2008, all’inizio della recessione, il tasso di disoccupazione giovanile era in Italia del 21,2% contro una media europea pari al 15,9%, con un divario quindi di poco più di 5 punti percentuali. Nel 2018, ultimo dato completo disponibile, il tasso europeo risulta leggermente più basso rispetto al 2008 (15,2%) mentre il nostro è sensibilmente più alto (32,2%), con un divario salito a oltre 15 punti percentuali. Il dato mensile più recente, relativo a marzo 2019 e appena pubblicato dall’Istat, è pari al 30,2%».

La più solida prospettiva di sviluppo, anche lavorativo, rispetto a questo scenario sconsolante è offerto dalla green economy: secondo la Fondazione per lo sviluppo sostenibile guidata dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi sarebbe possibile creare nel nostro Paese, entro il 2025, 800mila posti di lavoro investendo in 5 importanti obiettivi ambientali. Eppure il Governo in carica (come del resto i precedenti, purtroppo) non sta facendo molto per centrare una simile prospettiva: né la legge di Bilancio 2019 né il Documento di economia e finanza (Def) approvati da questa maggioranza individuano nella sostenibilità un asset primario di sviluppo per il Paese, lasciandola anzi ai margini. E a pagarne le conseguenze sono e saranno soprattutto le giovani generazioni.

Se per il ministro Costa è necessario ascoltare «il grido di allarme che i giovani di tutto il mondo ci stanno lanciando affinché la lotta ai cambiamenti climatici venga condotta con forza e costanza», il modo più concreto per farlo è mettere in campo da subito politiche adeguate a promuovere un nuovo e più sostenibile modello di sviluppo, che sappia coniugare lavoro e tutela dell’ambiente.