Il futuro di Piombino tra chiacchiere e un “embrione di piano industriale”
Il lavoro ha futuro se è qualificato ed ad alta intensità di conoscenza, con tecnologie all'avanguardia e quindi anche sano, sicuro e pulito
[8 Settembre 2017]
In un paese normale, un’azienda che vuole rilevare una fabbrica, dopo un commissariamento governativo, dovrebbe presentare un piano industriale in cui spiega e dimostra quello che vuol fare.
Quali sono i costi medi di produzione per i prodotti previsti: barre, vergella, rotaie, coils o quant’altro?
Quali sono i prezzi medi sul mercato di questi singoli prodotti? Quali tendenze di costi e di prezzi sono prevedibili?
Quale sarebbe il margine operativo netto? Questo ripagherebbe in un tempo ragionevole il costo degli investimenti necessari?
Quale impatto ambientale e compatibilità con le scelte di indirizzo urbanistico?
Le risposte a questi interrogativi dovrebbero essere la parte fondamentale di un piano industriale, la base di ogni ipotesi e ragionamenti. Se il progetto sta il piedi, cioè ha una sua fondatezza e sostenibilità. Non è neppure sufficiente, occorre che questi numeri e strategie siano verificati e certificati come attendibili.
Altrimenti sono chiacchiere che servono ad alimentare altre chiacchiere, paure e ragionamenti fatti con la pancia: la contrapposizione tra il vecchio e il nuovo, tra l’ambiente e il lavoro, la paura del ritorno allo spolverino, la paura della disoccupazione di massa e la paura che si neghi una nuova economia. Insomma una spaccatura nella popolazione e nella classe dirigente della società.
Io a questo gioco al massacro di contrapposizioni astratte non ci sto, per me da sempre il lavoro ha futuro se è qualificato ed ad alta intensità di conoscenza, con tecnologie all’avanguardia e quindi anche sano, sicuro e pulito. Inoltre voglio vedere e sincerarmi che si stia parlando di una cosa seria e siccome un piano industriale serio non è mai stato presentano anche da Rebrab, chiedo che non si valuti come sempre, se questo è un importante imprenditore del settore ma se quello che afferma è serio e ci piace, basta con i salvatori della patria.
Non mi accontento di un “embrione di piano industriale”, riportato in malo modo dalla stampa, chiedo un piano industriale che risponda alla domanda della sostenibilità economica e sociale, con i numeri della sostenibilità, corredato da studi e valutazioni di impatto ambientale e urbanistico.
Alla politica chiedo di esprimere le proprie strategie del territorio, compatibilità fra attività economiche e miglioramento della qualità della vita dei cittadini, non voglio che si continui con l’urbanistica contrattata e l’accondiscendenza verso il padrone di turno.
di Adriano Bruschi, presidente Legambiente Val di Cornia