Ex-Rimateria, il punto di Legambiente Val di Cornia sul piano Rinascenza Toscana

«La nuova società ripropone non solo il medesimo assetto di discarica, ma intende aggiungere altri impianti potenzialmente impattanti, tra cui un inceneritore,un impianto di essiccazione fanghi e uno di trattamento liquami»

[16 Maggio 2022]

Ci domandiamo innanzitutto perché è stata fatta fallire Rimateria, società a partecipazione pubblica, il cui pubblico esprimeva il Presidente, aveva diritto di veto sul piano industriale e avrebbe garantito una percentuale degli utili pari alle azioni detenute, per poi ritrovarci con una società completamente privata che propone le stesse cose del Piano Pellati a suo tempo bocciato dal Comune di Piombino.

La nuova società ripropone non solo il medesimo assetto di discarica, ma intende aggiungere altri impianti potenzialmente impattanti, tra cui un inceneritore, un impianto di essiccazione fanghi e uno di trattamento liquami. Comunque, per ora, ci preme dare una valutazione su quanto proposto da Rinascenza Toscana in base alle informazioni ad oggi in possesso.

I termovalorizzatori o inceneritori o se si vogliono chiamare “ossidazione termica”, che bruciano le plastiche non riciclabili e altro, sono superati dalle nuove tecnologie di “riciclo chimico” che producono metanolo, combustibili liquidi e, per ora in via sperimentale, a Ferrara, producono nuova plastica.

In Toscana si sta profilando la creazione di tre distretti industriali basati sul riciclo chimico, sufficienti a colmare il gap impiantistico toscano nella valorizzazione dei rifiuti non riciclabili meccanicamente, stimato in circa 597mila ton/anno, da parte di Alia, un’azienda pubblica dei rifiuti.

Alcuni rifiuti con un buon potere calorifico, ma non adatti al riciclo chimico possono essere anche bruciati in termovalorizzatori ma esistono anche impianti come quello proposto a Scarlino che ricicla pulper e plasmix con la tecnologia I.Blu, acquisita nel 2020 da Iren (già socia di Rimateria fatta fallire), per ottenere circa 65mila ton/anno di polimeri termoplastici, dei prodotti impiegabili per produrre asfalti più sostenibili (come già accade altrove in Italia, a valle di un accordo stipulato un anno fa tra Iren e Mapei).

Comunque, in Toscana si prevede la chiusura di alcuni dei 4 termovalorizzatori esistenti, ma sarebbe una contraddizione chiudere quelli esistenti e costruirne un altro per quelle tipologie di rifiuti che comunque non possono essere riciclati in alcun modo, per questo sarebbe saggio usare qualcuno di quelli esistenti.

Per i fanghi di depurazione, nuovo impianto che si intenderebbe realizzare, si possono utilizzare le tecnologie di carbonizzazione idrotermale (Htc), proposta anche questa a Scarlino, per produrre bio-carbone, oppure impianti di fermentazione anaerobica il cui biogas prodotto viene però depurato e scisso fra metano, idrogeno, così da valorizzarlo a pieno e non semplicemente bruciarlo come si prevede a Piombino.

Quindi il piano industriale proposto da Rinascenza Toscana prevede tecnologie impiantistiche in gran parte superate, è in contraddizione con quello che si muove in Toscana, non valorizza pienamente il riciclo e soprattutto sono finalizzate tutte ai rifiuti provenienti da fuori, cosa che, visto il furore demolitorio nei confronti di Rimateria da parte dell’attuale maggioranza appare assai strano il suo pubblico avallo, senza considerare che è in essere una variante urbanistica che prevede un parco pubblico in quel sito.

Il fallimento di Rimateria, sta determinando, già oggi sul territorio, un’ulteriore difficoltà dettata dalla mancanza di impianti specifici di riciclo e di spazi di discarica, per accogliere i 300.000 metri cubi di rifiuti che la Sales ha chiesto da tempo di conferire per poter scavare le fondamenta della strada 398, le 10.000 tonnellate di rifiuti della bonifica della zona Enel, i rifiuti dalle bonifiche di tutto il Sin che prima o poi dovranno essere fatte, in primis quelle di Città Futura e il confinamento idraulico dell’area industriale. A questi si aggiungono le 80.000 tonnellate di materiale, da riciclare, che deriverebbe dalla demolizione delle due ciminiere dell’Enel e dai rifiuti siderurgici presenti nell’area Li 53, per poi continuare con quelli presenti i nell’area industriale. Tutti interventi che altrimenti dovranno essere rivisti nei prezzi per la mancanza di un sito di prossimità.

Inoltre si presenta un’altra emergenza per questo territorio, quella di riciclare i gessi rossi di Scarlino che fino ad ora venivano utilizzati per il ripristino ambientale della ex-cava di Montioni. Su questo fronte riteniamo che possano esserci le condizioni per avviare delle sperimentazioni che possano permettere di riciclare i gessi e rifiuti siderurgici per generare un materiale di riciclo per fare fondi stradali o piazzali e banchine portuali. In sostanza da due zone di criticità potrebbe sorgere una virtuosa industria del riciclo e dare così concretezza al termine di economia circolare.

di Legambiente Val di Cornia