Eolico, tutti i produttori europei di turbine stanno lavorando in perdita

«La lentezza dei processi autorizzativi fa sì che il mercato delle nuove turbine eoliche sia meno della metà di quello che dovrebbe essere per ottemperare agli obiettivi RePowerEu»

[7 Settembre 2022]

Mentre si inseguono gli extraprofitti calcando maggiormente la mano proprio su quelle fonti che possono contribuire alla transizione energetica, ovvero le rinnovabili, l’industria europea dell’eolico sta lavorando in perdita.

È quanto affermano l’associazione italiana (Anev) ed europea (WindEurope) di settore, sottolineando che «la maggior parte dei parchi eolici ha introiti fissi, derivanti o da un contratto d’asta governativo o da un contratto a lungo termine di acquisto di energia (Ppa) con un consumatore di energia. Oppure si assicurano contro le fluttuazioni dei prezzi del mercato all’ingrosso. Gli operatori dei parchi eolici non guadagnano quindi quando i prezzi dell’elettricità aumentano».

Di fatto quindi «i cinque produttori europei di turbine eoliche operano tutti in perdita, nonostante gli attuali prezzi elevati dell’elettricità», col rischio di distruggere una filiera industriale autoctona per favorire concorrenti internazionali: «Oggi quasi tutte le turbine eoliche europee vengono prodotte in Europa, ma i produttori cinesi battono l’industria europea sul prezzo e stanno iniziando ad aggiudicarsi gli ordini in Europa».

Un problema che affonda le radici in almeno tre concause diverse, oltre alla concorrenza internazionale. La prima è sempre la lentezza dei processi autorizzativi – particolarmente marcata in Italia, dove un iter per le rinnovabili dura in media 7 anni –, facendo sì che «il mercato delle nuove turbine eoliche sia meno della metà di quello che dovrebbe essere per ottemperare agli obiettivi del piano RePowerEu».

Al contempo le aste governative per i nuovi parchi eolici – che nel nostro Paese procedono col freno a mano tirato, come mostra l’andamento del bando Fer 1 gestito dal Gse – utilizzano quasi tutte il criterio del prezzo e questo «ha portato a una corsa al ribasso: alcuni Paesi consentono addirittura di fare offerte negative, obbligando gli sviluppatori a pagare per il diritto a costruire un parco eolico».

Infine, ci sono i problemi di costo legato all’approvvigionamento delle materie prime necessarie alla realizzazione degli impianti, trainati verso l’alto dalle bollette energetiche: «I prezzi più alti dell’acciaio, i costi di spedizione e le strettoie nella catena di fornitura rendono le turbine più costose. I produttori devono assorbire questi costi aggiuntivi, soprattutto quando i loro contratti con gli sviluppatori non sono indicizzati a causa del tempo che intercorre tra l’ordine di una turbina eolica e la sua effettiva consegna».

Cosa possono fare dunque i Governi europei per sostenere il comparto eolico del Vecchio continente? Al primo posto resta la necessità di «semplificare e accelerare le autorizzazioni: le rinnovabili sono di “preminente interesse pubblico“, una precisazione necessaria al fine di garantire iter con termine vincolante di rilascio di 2 anni»; c’è poi la necessità di progettare adeguatamente le aste (indicizzare le tariffe d’asta per rispecchiare i possibili aumenti dei prezzi delle materie prime, evitare le aste negative, utilizzare nelle aste criteri diversi dal prezzo per premiare anche la sostenibilità sociale ed ambientale), ed infine l’opportunità di incanalare i fondi Ue (Pnrr e RePowerEu) verso la filiera eolica europea.