Eni acquista il 20% del progetto eolico offshore più grande al mondo

L’investimento al largo delle coste della Gran Bretagna, mentre nelle acque italiane le sindromi Nimby e Nimto bloccano le pale

[4 Dicembre 2020]

Eni, la multinazionale italiana leader nell’oil&gas, entra nel mercato della produzione di energia elettrica da eolico offshore in Gran Bretagna grazie all’acquisizione del 20% (da Equinor e SSE Renewables) del progetto Dogger Bank, che a regime sarà il più grande al mondo.

Il progetto prevede l’installazione di 190 turbine di ultima generazione da 13 MW ciascuna a una distanza di oltre 130 km dalle coste britanniche, per una potenza complessiva di 2,4 GW. A regime Dogger Bank (3,6 GW) sarà il progetto più grande del mondo, in grado di produrre elettricità rinnovabile pari a circa il 5% della domanda del Regno Unito, fornendo energia a circa sei milioni di famiglie.

«L’ingresso nel mercato dell’eolico offshore in Nord Europa rappresenta per Eni una grande occasione – commenta l’ad Claudio Descalzi – che ci consentirà non solo di acquisire ulteriori skill nell’offshore wind, grazie alla collaborazione con due aziende leader del settore, ma anche di contribuire in modo sostanziale al raggiungimento del target di 5 GW di potenza installata da rinnovabili al 2025, tappa intermedia per il più ambizioso obiettivo relativo all’azzeramento delle emissioni nette di gas serra sia dirette sia indirette in Europa al 2050».

Un piano certamente ambizioso ma altrettanto fumoso, ad oggi, che con l’operazione Dogger Bank compie però un positivo passo in avanti. L’eolico offshore rappresenta una delle tecnologie più promettenti per la decarbonizzazione del mercato energetico, tanto che l’Europa punta a moltiplicare per 25 la potenza attualmente installata lungo le proprie coste: peccato solo che l’Italia sia ancora a quota zero, con nessun impianto operativo.

Ambientalisti (Legambiente, Greenpeace, Kyoto club) e imprese di settore (Anev) hanno firmato neanche un mese fa un manifesto congiunto per promuoverne la diffusione, che resta però al palo a causa delle sempre più incomprensibili sindromi Nimby e Nimto che bloccano lo sviluppo delle fonti rinnovabili – e non solo dell’eolico offshore – in tutto il Paese: un esempio su tutti quello dell’Emilia-Romagna, con la politica locale contraria all’arrivo delle pale lontano dalla costa, proprio dove già oggi ci sono le piattaforme oil&gas di Eni.