A Ecomondo le utility hanno presentato i loro progetti per la ripresa post-Covid

Energia, rifiuti e mobilità ai tempi del Recovery fund: 234mila posti di lavoro e oltre 1 punto di Pil

Ma a una condizione: “C’è bisogno di un piano dettagliato e di una serie di riforme”

[5 Novembre 2020]

Oltre 230mila (234mila per l’esattezza) nuovi posti di lavoro e 1.02 punti di Pil: a tanto ammonta il potenziale dei progetti da 17,4 miliardi di euro che metterà in campo il settore dei servizi pubblici nel quadro del Recovery fund. Per la ripresa il settore punta forte sull’energia, con le utility locali che sono pronte a realizzare importanti investimenti sull’efficientamento energetico degli edifici, sul teleriscaldamento, le smart grid fino allo sviluppo delle energy community. A darne conto è stata Michaela Castelli, presidente di Utilitalia (la Federazione delle imprese di acqua, ambiente e energia), nel corso del suo intervento alla tavola rotonda “Investimenti pubblici e privati per la transizione” all’interno degli Stati generali della green economy nell’ambito della fiera Ecomondo.

“Grazie anche all’impegno delle nostre aziende che si occupano di raccolta e gestione dei rifiuti, di distribuire l’energia e portarla nelle case degli italiani e di rendere disponibile per tutti l’acqua – ha osservato Castelli – il Paese non si è fermato. Ora la sfida è quella di ripartire con una strategia per rendere le aziende di pubblica utilità un punto di riferimento per lo sviluppo sostenibile”.

Degli oltre 16 miliardi per la transizione, 2,3 sono dedicati a progetti sull’economia circolare, che vanno “dall’accelerazione sulla raccolta differenziata all’ampliamento della tariffa puntuale, fino alla realizzazione di nuovi impianti per il riciclo e la valorizzazione dei fanghi di depurazione”. Sulle città, e in particolare sulla mobilità, ci sono pronti progetti per 1,3 miliardi per la sostituzione del parco mezzi delle flotte aziendali con veicoli che sfruttano carburanti “verdi” come l’elettrico, il metano, il biometano, fino all’idrogeno.

Ma non è tutto rosa e fiori, perché “la transizione ecologica – ha aggiunto Castelli –, che occuperà il 37% del totale delle risorse europee, ha bisogno di un piano dettagliato e di una serie di riforme, perché le risorse da sole non bastano: serve una forte semplificazione normativa, soprattutto in fase di iter autorizzativi e snellimento dei tempi delle procedure, e un impegno non più procrastinabile sul Meridione, dove è indispensabile favorire un approccio industriale ai servizi pubblici”.

Sul tema Mezzogiorno è intervenuto Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia, spiegando per l’ennesima volta che “nella gestione dei rifiuti in Italia è centrale la questione della carenza degli impianti di trattamento, rispetto ai quali bisogna muoversi ora per riuscire a centrare i target Ue al 2035. In quest’ottica, il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta un’occasione storica per mettere in campo non solo risorse, ma soprattutto riforme che consentano lo sviluppo dell’intero settore”.

Per il direttore generale di Utilitalia “occorre agire subito perché l’equilibrio attuale della gestione dei rifiuti nelle regioni meridionali è apparente, dal momento che si basa sullo smaltimento in discarica e sull’esportazione. Il raggiungimento degli obiettivi di economia circolare produce ricadute positive in termini ambientali, economici e sociali: la realizzazione degli impianti porterebbe a un risparmio annuo di 544.000 tonnellate di CO2 equivalente, alla creazione di posti di lavoro, a servizi più efficienti e a tariffe più basse per i cittadini”.

Da questo punto di vista, “un’importante occasione è costituita dal Programma nazionale per la gestione dei rifiuti, attraverso il quale è possibile adottare una strategia di lungo termine che superi pianificazioni locali e localistiche”.

In buona sostanza l’idea – finalmente imposta, peraltro, dal recepimento delle ultime direttive Ue sull’economia circolare – è quella di concertare dall’alto la necessità e la dislocazione degli impianti sul territorio, con decisioni prese a livello statale. Idea comprensibile, ma perché funzioni è necessaria una forte assunzione di responsabilità. Diversi precedenti per questo modus operandi sono purtroppo naufragati nel corso degli anni: si pensi al più volte citato deposito unico per i rifiuti nucleari italiani: la carta dei possibili luoghi dove ospitarlo (Cnapi) è stata redatta a livello statale nel 2015, ma ancora non è stata neanche presentata e l’intero progetto è ancora totalmente fermo.