Efficienza energetica degli edifici, il via libera dell’Europarlamento rafforza gli obiettivi Ue

«Gli Stati membri devono istituire punti informativi gratuiti e programmi di ristrutturazione neutri sotto il profilo dei costi»

[9 Febbraio 2023]

Con 49 voti favorevoli, 18 contrari e 6 astensioni, la Commissione dell’Europarlamento per Industria, ricerca ed energia ha adottato stamani la proposta di revisione della Direttiva europea sulla prestazione energetica degli edifici (Epbd): sarà questo il testo su cui si esprimerà l’assemblea plenaria il 13-16 marzo, arrivando così a definire la posizione negoziale sul tema del Parlamento europeo.

Si tratta di un’iniziativa fondamentale per combattere la crisi climatica e al contempo sul caro bollette, che grava particolarmente sulle case meno efficienti dal punto di vista energetico; a livello europeo, arriva infatti dagli edifici il 40% del consumo di energia e il 36% delle emissioni di gas serra.

«L’aumento dei prezzi dell’energia ha posto l’accento sull’efficienza energetica e sulle misure di risparmio, e il miglioramento delle prestazioni degli edifici in Europa ridurrà progressivamente le bollette energetiche e la dipendenza dalle importazioni di energia – spiega il relatore per la Direttiva, Ciarán Cuffe – Questa è anche una strategia di crescita per l’Europa che offrirà centinaia di migliaia di posti di lavoro locali di buona qualità nei settori delle costruzioni, delle ristrutturazioni e delle energie rinnovabili, migliorando al contempo il benessere di milioni di persone che vivono in Europa».

Per raggiungere quest’orizzonte, l’Europarlamento propone obiettivi di efficienza energetica ancora più sfidanti di quelli promossi dalla Commissione Ue.

Secondo il testo adottato oggi, gli edifici residenziali dovrebbero raggiungere almeno la classe energetica E entro il 2030 e D entro il 2033 (per quelli non residenziali e pubblici si parla invece rispettivamente di  2027 e 2030), ponendo in classe G il 15% degli edifici con le peggiori prestazioni energetiche a livello nazionale. Tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno inoltre essere a “emissioni zero” dal 2028 (per quelli pubblici, dal 2026).

Inoltre, si richiede che per i nuovi edifici – o quelli sottoposti a ristrutturazioni profonde – sia esclusa la possibilità di usare combustibili fossili per alimentare gli impianti di riscaldamento entro il 2035, spianando così la strada a soluzioni più sostenibili come le pompe di calore.

Sul come raggiungere questi target, l’Europarlamento lascia ampia flessibilità: tutte le misure necessarie per raggiungere questi obiettivi dovranno infatti essere stabilite da ciascuno Stato membro all’interno di Piani nazionali di ristrutturazione, anche se ci sono chiare richieste di sostenibilità sociale.

«I Piani nazionali di ristrutturazione dovrebbero includere regimi di sostegno con obiettivi realistici e misure per facilitare l’accesso a sovvenzioni e finanziamenti – spiegano nel merito dall’Europarlamento – Gli Stati membri devono istituire punti informativi gratuiti e programmi di ristrutturazione neutri sotto il profilo dei costi. Le misure finanziarie dovrebbero fornire un premio importante per ristrutturazioni profonde, in particolare degli edifici con le prestazioni peggiori, e sovvenzioni e sussidi mirati dovrebbero essere messi a disposizione delle famiglie vulnerabili».

Per l’Italia, con tutta probabilità questo significa rivedere in profondità la struttura dell’ecobonus e superbonus per le ristrutturazioni edilizie, soprattutto alla luce della volontà manifestata dal Governo Meloni di ridurre l’impegno statale su questo fronte.

Come testimonia infatti l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance), al ritmo delle ristrutturazioni energetiche pre-superbonus «la decarbonizzazione del patrimonio edilizio, fissata per il 2050, sarebbe completata in un orizzonte di 3.800 anni. Alla luce della bozza di Direttiva, il primo step, fissato sul 15% degli edifici, non sarebbe raggiungibile prima di 630 anni».