Edf, Edison e Ansaldo siglano un accordo per portare il «nuovo nucleare» in Italia

Si parla dei reattori Epr e degli Small modular reactor (Smr), entrambe tecnologie già bocciate dalla storia. Il futuro passa invece dalle rinnovabili

[7 Marzo 2023]

Senza dare al momento troppo nell’occhio, lo Stato italiano e quello francese hanno lanciato un’alleanza per provare a far tornare l’energia nucleare nel Bel Paese, puntando al contempo ad aumentarne la diffusione nel resto d’Europa.

Il gruppo Ansaldo (dove il ministero dell’Economia ha un ruolo determinante tramite la partecipazione di Cdp), Edison (controllata da Edf) ed Edf (controllata dallo Stato francese, nonché primo produttore di energia nucleare al mondo) hanno infatti siglato una lettera d’intenti per «collaborare allo sviluppo del nuovo nucleare in Europa e favorirne la diffusione, in prospettiva anche in Italia».

«Obiettivo dell’accordo – spiegano le tre società – è di valorizzare nell’immediato le competenze della filiera nucleare italiana, di cui Ansaldo nucleare è capofila, a supporto dello sviluppo dei progetti di nuovo nucleare del gruppo Edf, e al contempo di avviare una riflessione sul possibile ruolo del nuovo nucleare nella transizione energetica in Italia».

In particolare, i tre firmatari della lettera d’intenti «si impegnano a verificare le potenzialità di sviluppo e di applicazione del nuovo nucleare in Italia, date le crescenti esigenze di sicurezza e indipendenza energetica del sistema elettrico italiano».

Non è ben chiaro quale sia il «nuovo nucleare» cui si fa riferimento nell’accordo, perché le tecnologie cui si accenna sono in realtà discusse già da decenni: gli European pressurized water reactor (Epr) e gli Small modular reactor (Smr).

Un ottimo esempio della tecnologia Epr è fornito dalla centrale nucleare di Flamanville 3, un progetto che Edf sta cercando di concludere su suolo francese dal 2007: avrebbe dovuto completarsi in 6 anni, mentre l’attuale stima è di 15 anni. In compenso «il progetto prevedeva un costo dell’impianto di 3,3 miliardi di euro, che sarà di 12,4 miliardi secondo Electricité de France (Edf); ma la Corte de Conti francese ha rifatto il calcolo e ha detto che sarà di 19,1 miliardi di euro. Quasi sei volte tanto», come sottolinea l’esperto di energia e già docente di Fisica del reattore nucleare Giovanni Battista Zorzoli.

In merito agli Small modular reactor, invece, la situazione è ancora più aleatoria: «Parliamo di reattori dei quali si è iniziato a parlare negli anni Ottanta del secolo scorso e attualmente sono in esercizio giusto tre prototipi. Uno che non produce elettricità, uno in Russia molto discusso perché installato su una piattaforma galleggiante, mentre il terzo è in Cina e se ne sa molto poco».

Ciononostante, non sorprende la scelta di approfondire il «ruolo del nuovo nucleare nella transizione energetica in Italia», dato che la maggioranza politica che sostiene il Governo Meloni si è espressa più volte a favore.

Ignorando così sia l’esito di due referendum popolari, sia i profili di insostenibilità ambientale ed economica che suggeriscono di non puntare sul nucleare per decarbonizzare il mix energetico italiano; se è vero che le fonti rinnovabili intermittenti (come eolico e solare) necessitano di tecnologie aggiuntive per poter coprire in modo efficace la domanda di energia baseload del Paese, questo è un obiettivo che può essere più agevolmente raggiunto investendo in sistemi di accumulo e in fonti rinnovabili non intermittenti (teoricamente la geotermia, da sola, potrebbe coprire il quintuplo del fabbisogno nazionale di energia).

In ogni caso, è difficile dirsi quanto la lettera d’intenti firmata da Ansaldo, Edison ed Edf avvicini davvero l’ipotesi di un ritorno nucleare in Italia. Anche perché quando si passa dagli slogan politici alle ipotesi di localizzazione impiantistica, neanche lo stesso Governo Meloni sembra credere più di tanto alla boutade.

Basti osservare cosa sta accadendo al Deposito unico nazionale dei rifiuti radioattivi, un’infrastruttura indispensabile per gestire in sicurezza tutti i rifiuti di questo tipo che abbiamo prodotto e che continuiamo ancora adesso a generare (ad esempio nei settori della medicina nucleare e dell’industria) nel nostro Paese.

L’iter per la realizzazione del Deposito è iniziato nel 2010, durante il Governo Berlusconi IV, ed il completamento è atteso per il 2025; di fatto, ad oggi non è stata resa nota neanche la Carta nazionale delle aree idonee, tanto che il Governo Meloni ne ha fatto slittare la pubblicazione «verosimilmente entro il corrente anno», mentre il Deposito vero e proprio potrebbe entrare in esercizio nel 2030. Ovvero lo stesso anno per cui il leader della Lega Matteo Salvini fantasticava, in campagna elettorale, il completamento della prima centrale nucleare italiana.