Ecosistemi costieri, la ricchezza ignorata: nel mondo giacimenti di carbonio da miliardi di dollari

I paesi più ricchi di blue carbon sono Australia, Indonesia e Usa. Ma i più virtuosi sono Paesi poveri

[29 Luglio 2021]

Gli ecosistemi costieri come le praterie di piante e alghe sottomarine, le paludi salmastre e le foreste di mangrovie sono preziosi per l’uomo: immagazzinano carbonio e lo fanno con una densità per superficie molto più elevata rispetto alle foreste terrestri, dando così un importante contributo alla mitigazione del cambiamento climatico. Da soli, gli ecosistemi costieri australiani, che assorbono una quantità particolarmente elevata di CO2 dall’atmosfera, fanno risparmiare al resto del mondo costi legati al clima per  circa 23 miliardi di dollari all’anno.

E’ quanto emerge dallo studio “The blue carbon wealth of nations”, pubblicato su Nature Climate Change  da un team di ricercatori tedeschi guidato da Christine Bertram del Kieler Institut für Weltwirtschaft (IfW Kiel).

Secondo i calcoli realizzati dal team di ricerca che comprende  anche Martin Quaas (Deutschen Zentrum für Integrative Biodiversitätsforschung – iDiv  e Universität Leipzig), Thorsten Reusch (Helmholtz-Zentrum für Ozeanforschung Kiel – GEOMAR), Anthanasios Vafeidis e Claudia Wolff (Christian-Albrechts-Universität Kiel – CAU) e  Wilfried Rickels (IfW Kiel),  se il blue carbon fosse una moneta, i Paesi più ricchi del mondo, oltre all’Australia, sarebbero l’Indonesia e gli Stati Uniti, che  forniscono il più grande potenziale di stoccaggio del carbonio con i loro ecosistemi costieri. Il team ha anche calcolato quali Paesi beneficiano maggiormente dell’assorbimento di CO2 dalle coste in tutto il mondo. I diversi modi in cui i Paesi sono colpiti dai cambiamenti climatici sono stati quantificati utilizzando i costi sociali del carbonio.

Rickels spiega che «Se prendiamo in considerazione le differenze nei danni climatici marginali che si verificano in ciascun Paese, scopriamo che Australia e Indonesia sono chiaramente i maggiori donatori in termini di danni climatici evitati a livello globale derivanti dall’assorbimento di CO2 dalle coste, poiché essi stessi traggono relativamente poco beneficio da l’elevato potenziale di stoccaggio delle loro coste. Gli Stati Uniti, d’altra parte, immagazzinano anche molto carbonio nei loro ecosistemi costieri, ma allo stesso tempo  – dietro l’India e la Cina – sono quelli che beneficiano maggiormente dei pozzi naturali. In termini monetari, i tre Paesi realizzano guadagni annuali di benessere per circa 26,4 miliardi di dollari (India), 16,6 miliardi di dollari USA e 14 miliardi di dollari (Cina)».

La base per effettuare questi calcoli monetari è il cosiddetto costo sociale del carbonio, che consente di valutare il contributo dell’assorbimento di carbonio costiero nel concetto di “ricchezza inclusiva”.

I ricercatori tedeschi spiegano che «La “ricchezza inclusiva” è definita come la totalità di tutti gli stock di capitale naturale e artificiale, valutati con i cosiddetti shadow prices, cioè i contributi al benessere sociale. Tra gli altri fattori, l’assoluta scarsità di risorse svolge un ruolo importante per gli shadow prices. La CO2 atmosferica ha un impatto negativo sul benessere principalmente attraverso il cambiamento climatico. Tuttavia, i Paesi sono influenzati in modo diverso dai cambiamenti climatici e di conseguenza nello studio vengono utilizzati i shadow prices specifici per Paese».

L’analisi non include altri pozzi di carbonio o emissioni da energia e industria. Quando si prendono in considerazione anche le emissioni di carbonio da energia e industria, solo Guinea-Bissau, Belize, Vanuatu, Sierra Leone, Isole Salomone, Guinea, Comore, Samoa, Madagascar e Papua Nuova Guinea (alcuni di questi sono tra i Paesi più poveri del mondo) danno un contributo netto positivo grazie ai loro ecosistemi costieri, visto che stoccano più CO2 negli ecosistemi costieri di quanta ne emettano in totale.

Inoltre, lo studio sottolinea che «Lo stoccaggio del carbonio è solo una piccola parte degli impatti positivi degli ecosistemi costieri per l’uomo». L’approccio del capitale naturale utilizzato nello studio è adatto a valutare la ridistribuzione di benessere risultante dalle emissioni di CO2 e dai pozzi di CO2, che, a differenza delle valutazioni esistenti basate sul mercato, non è influenzata dal rigore della politica climatica. I ricercatori intendono esplorare tutto questo in ulteriori studi.

Quaas  sottolinea che «Gli ecosistemi costieri sono una componente essenziale degli ecosistemi marini e sono quindi particolarmente importanti per la biodiversità marina e per la pesca. Allo stesso tempo, contribuiscono alla protezione delle inondazioni e delle coste e sono quindi importanti per l’adattamento ai cambiamenti climatici». Ma per ora. quando si tratta di affrontare le sfide per raggiungere gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi. c’è ancora una maggiore  attenzione per la riforestazione a terra.

Rickels conclude: «L’assorbimento marino di CO2 e il suo miglioramento richiedono maggiore attenzione nel dibattito sulle emissioni nette di gas serra e sugli obiettivi di emissioni nette di CO2 negative. Soprattutto, un possibile indebolimento dei pozzi marini del carbonio richiederebbe sforzi ancora più significativi per la  mitigazione e rimozione dell’anidride carbonica. Le coste, con i loro numerosi e diversi gruppi di utilizzatori e i possibili conflitti per il loro utilizzo, hanno un ruolo speciale da svolgere».