Riceviamo e pubblichiamo

Ecco qual è (davvero) lo stato dell’ambiente in Italia e in Europa

Molti degli obiettivi prefissati al 2020, soprattutto quelli riguardanti la biodiversità, non sono stati raggiunti. Ma i traguardi fissati per il 2030 e il 2050 sono ancora raggiungibili

[5 Giugno 2020]

L’Agenzia europea dell’ambiente – European Environment Agency (EEA) e l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) hanno presentato il rapporto SOER 2020 e l’Annuario dei dati ambientali, strumenti di servizio fondamentali in grado di sostenere il processo decisionale e di informare i cittadini sullo stato dell’ambiente.

 Lo stato dell’ambiente in Europa

L’Agenzia Europea dell’Ambiente, nel Rapporto SOER 2020, rileva il divario tra l’attuazione delle politiche e il raggiungimento dei target in quanto tali politiche sono state più efficaci nel ridurre le pressioni ambientali che nella protezione della biodiversità e del capitale naturale, nonché della salute e del benessere umano. Infatti, i grandi progressi compiuti dall’Europa negli ultimi dieci anni, soprattutto in relazione ai cambiamenti climatici, non sono stati in grado di raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile inerenti al“vivere bene entro i limiti del pianeta”.

Nel dettaglio, in Europa l’inquinamento, l’estrazione e le pressioni fisiche hanno determinato uno stato ecologico dei corpi idrici alquanto basso. Infatti, si rileva che il 18% dei corpi idrici superficiali nell’UE è interessato dall’inquinamento chimico derivante da fonti industriali e dalle acque reflue.

Per quanto concerne la matrice suolo si rileva che oltre 2.8 milioni di terreni sono contaminati. Inoltre, la frammentazione del paesaggio e la degradazione del suolo determinano, rispettivamente, la perdita di biodiversità e dei servizi ecosistemici.

Le emissioni di gas ad effetto serra da parte del settore energetico sono diminuite del 23%, con una forte riduzione della produzione di energia derivante da fonte fossile. Si rileva il disaccoppiamento tra l’andamento delle emissioni di gas serra e latendenza dell’indice economico.Il 2019, infine, rappresental’anno in cui l’Europa ha prodotto e fornito ai cittadini elettricità derivante da fonti rinnovabili, specialmente eolico e solare.

In Europa il tasso di riciclo è in costante aumento rispetto al periodo 2014 – 2017.Tuttavia, la produzione dei rifiuti è ancora elevata. L’uso efficiente delle risorse è incrementato ma solo il 12% dei materiali viene adoperato in maniera circolare.

Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico si rileva una riduzione, nonostante circa l’80% della popolazione europea vive in luoghi in cui la qualità dell’aria è alquanto scarsa.

 Lo stato dell’ambiente in Italia

Per la matrice acqua si rileva che su 7.493 fiumi e 347 laghi si raggiunge, rispettivamente, per il 43% e il 20% l’obiettivo di qualità ecologico e per il 75% e il 48% il target di qualità chimico. Per le acque sotterranee si rileva che il 61% ha uno stato quantitativo buono e il 58% uno chimico buono. Infine, il 90% delle acque costiere di balneazione si rinviene in classe eccellente.I rifiuti marini spiaggiati sono ingenti con valori mediani che superano i 300 oggetti ogni 100 metri lineari di spiaggia. In Italia, terzo produttore di agenti chimici in Europa, si registrano 22.191 sostanze REACH[1] nelle acque superficiali e si evidenzia una concentrazione superiore ai limiti di qualità ambientale.

I suoli sono, attualmente, esposti ad una serie di minacce come la contaminazione locale e diffusa, l’impermeabilizzazione, la salinizzazione, il calo di sostanza organica, l’erosione per azione del vento e dell’acqua, la compattazione e la perdita di biodiversità.La degradazione dei suoli e gli impatti connessi, generalmente, sono individuati e classificati separatamente, ma, nella realtà, una serie di mutazioni della condizione del suolo insorgono nello stesso istante o si rafforzano reciprocamente. L’erosione può verificarsi con maggiore intensità e probabilità in presenza di una diminuzione della sostanza organica; la perdita della sostanza organica è strettamente collegata alla diminuzione della biodiversità; a seguito di quest’ultima i suoli diventano meno stabili e più soggetti all’erosione; la struttura del suolo è scarsa o indebolita a causa della compattazione che a sua volta incrementa la gravità dell’erosione del suolo. In Italia, il consumo di suoloè pari al 7.64% con una velocità di trasformazione di circa 2m2/sec.

Nel 2018, in Italia, la rete sismica nazionale ha rilevato 2.433 eventi sismici con magnitudo superiore a due, 16 terremoti con magnitudo superiore a quattro e solamente un terremoto con magnitudo maggiore di cinque. Nel nostro paese si rilevano 157 eventi franosi che hanno determinato dodici vittime, ventinove feriti e danni alla rete elettrica.

Il 2018 rappresenta l’anno più caldo con un’anomalia della temperatura media di +1.71 °C superiore a quella globale sulla terra ferma.Tuttavia, le emissioni totali di gas serra, espresse in CO2eq., escludendo il settore LULUCF,sono diminuite del 17.2% tra il 1990 ed il 2018, passando da 516 a428 milioni di tonnellate di CO2eq.In tale periodo, infatti, le emissioni totali di gas serra mostrano un trend di decrescita per la maggior parte degli inquinanti ad eccezione degli idrofluorocarburi (HFC o F-gas).

L’incremento delle emissioni di HFC è connesso all’aumento dell’utilizzo dei condizionatori nelle autovetture e all’attuazione del Protocollo di Montreal[2]. In particolare, per l’anidride carbonica, gli ossidi di zolfo, gli ossidi di azoto, il monossido di carbonio, i composti organici volatili non metanici (NMVOC) e il piomboil livello di riduzione delle emissioni è particolarmente rilevante in quanto è pari, rispettivamente, a -20.5%, -94%, -68%, -69%, -54% e -95%.

Dal 1990 al 2018, inoltre, le emissioni di gas serra sono diminuite in tutti i settori, ad eccezione di quello dei rifiuti in cui si rileva un incremento del 5.7%. Nel dettaglio, le emissioni sono diminuite del 18.7%per il settore energetico, del 14.2 % per i processi industriali e del 13.0% per l’agricolturarispetto ai livelli del 1990. Tali riduzioni sono state determinate dalla crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili quali l’idroelettrico e l’eolico, dalla sostituzione dei combustibili fossili con il gas metanonella produzione di energia elettrica enel settore dell’industria, da un incremento dell’efficienza energetica, dall’introduzione nel settore industriale di tecnologie di abbattimento negliimpianti di produzione di acido nitrico ed adipico, dalla propagazione del numero di veicoli con minor consumo di combustibile per km, dalla riduzione in termini di percorrenze totali, specialmente, per le macchine a benzina e i veicoli merci, dalla riduzione dei consumi energetici e delle produzioni industriali a causa della crisi economica e della delocalizzazione di alcuni settori produttivi.

In merito alla qualità dell’aria si rileva che, rispettivamente, il 21% e l’1% delle stazioni di monitoraggio non rispetta il valore limite giornaliero stabilito per il PM10 e il PM2.5. Per l’ozono, invece, il 92% delle stazioni supera il valore – obiettivo a lungo termine per la protezione della salute.

Per il primo trimestre del 2020, in base all’andamento dell’indice economico (PIL), si stima una produzione annuale dei rifiuti urbani pari a circa 28,7 milioni di tonnellate. Il conferimento in discarica dei RSU è diminuito del 6.4%.

Il nostro paese è caratterizzato da una straordinaria ricchezza e varietà di specie: oltre 60.000 specie animali, 8.195 piante vascolari e 3.873 piante non vascolari. Purtroppo, molte specie risentono della variazione delle condizioni climatiche e risultano a rischio d’estinzione.

In Italia, infatti, sono minacciate il 42% delle specie vegetali, mentre per quelle animali si rileva che il 23% dei mammiferi, il 19% dei rettili, il 36% degli anfibi, il 21% dei pesci cartilaginei, il 48% dei pesci ossei di acqua dolce e il 2% dei pesci marini è a rischio.

Dall’analisi di sei specie di uccelli migratori si stima che solo 1/3 è in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici.Inoltre, l’introduzione di specie alloctone potenzialmente invasive costituisce un grave fattore di rischio per la biodiversità.

La perdita di una specie equivale alla scomparsa di un codice genetico che incide sul capitale naturale. In Italia, infatti, si evidenzia che l’impatto della perdita di biodiversità è allarmante quanto il cambiamento climatico.

 Conclusioni: le sfide da affrontare

Durante il lockdown l’assenza di disturbo antropico ha permesso alla natura di riprendersi i propri spazi: i canali di Venezia limpidi, le acque dei fiumi trasparenti, la diffusione di coleotteri sabulicoli, la nidificazione di uccelli come il fratino e la diffusione di piante sulle dune determinato dall’assenza del calpestio come il ravastrello marino, lo sparto pungente e il giglio delle sabbie.

Durante il knockdown, infatti, bisogna tenere conto di ciò che abbiamo osservato in questi mesi. Il modello economico pre-Covid non è resiliente e sostenibile in quanto non tiene in considerazione e non quantifica economicamente gli impatti sanitari, il danno ambientale e la conseguente perdita dei servizi ecosistemici.

La ripresa economica, quindi, non deve essere distonica con la tutela dell’ambiente. Questo momento storico deve rappresentare un’occasione unica per rilanciare un nuovo modello economico avente una maggiore attenzione alla biodiversità e basato su uno sviluppo ambientale e culturale. La tutela dell’ambiente, quindi, deve essere posizionata al centro dello sviluppo economico.

Dall’analisi dei rapporti sopra menzionati si evidenzia che molti degli obiettivi prefissati al 2020, soprattutto quelli riguardanti la biodiversità, non sono stati raggiunti ma i traguardi fissati per il 2030 e il 2050 sono ancora raggiungibili se si attua un’inversione di tendenza e si stimola una crescita economica sostenibile e inclusiva.

Infatti, le sfide ambientali possono essere risolte solo se poniamo la riduzione delle disuguaglianze al centro dell’azione politica. Le sfide climatiche e le disuguaglianze vanno di pari passo con una giusta transizione in grado di tutelare la salute umana e i cittadini.

[1] Il Regolamento UE n°. 1907/2006 concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche.

[2]Trattato internazionale volto alla riduzione delle sostanze ozono lesive come i clorofluorocarburi.

di Ilaria Falconi*

*Tecnico ISMEA presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Consigliere Nazionale SIGEA (Società Italiana di Geologia Ambientale), Consigliere SIGEA (Società Italiana di Geologia Ambientale) Sez. Lazio