Depurazione, nuova condanna Ue per l’Italia. Ma gli investimenti nel servizio idrico crescono

Ref ricerche: gli investimenti programmati si portano a 70 euro pro capite nella programmazione 2020-2023, con progressi rilevanti soprattutto nell’Italia centrale

[8 Ottobre 2021]

«La sentenza della Corte di Giustizia europea sulla procedura 2014/2059 non ci lascia purtroppo sorpresi». Così il Commissario unico per la depurazione, Maurizio Giugni, commenta la nuova sentenza di condanna arrivata dalla Corte di giustizia europea perché il nostro Paese “ha violato le norme Ue sulla raccolta, trattamento e scarico delle acque reflue urbane di centinaia di aree sensibili dal punto di vista ambientale”.

Questa è la terza condanna in fatto di mancata depurazione che ci è stata comminata dall’Ue, e un’altra procedura è in fase d’istruttoria. Per ora paghiamo multe “solo” per la prima condanna, che comunque pesano per 60 milioni di euro l’anno pagati dai contribuenti, qualcosa come 165mila euro al giorno.

«La decisione della Corte – aggiunge Giugni – riguarda in questo caso tanti piccoli centri, con una collocazione geografica a macchia di leopardo senza distinzioni di latitudine. Ben diversa dunque dalla procedura 2004/2034 per cui paghiamo già una sanzione pecuniaria all’Europa, che si rivolge ad agglomerati più grandi, prevalentemente al Sud e in particolare in Sicilia. È il segno che la mancanza di adeguate infrastrutture idriche non fa differenze tra i territori e spesso può coincidere con la difficoltà dei piccoli comuni di far fronte da soli alle complessità tecniche e procedurali che attengono alla realizzazione di queste opere, quota parte del servizio idrico integrato».

E ora? «Come è sempre accaduto, prepareremo un ricorso che – sulla base delle informazioni in nostro possesso e di quelle che perverranno dalle Regioni e dagli enti locali – provi a limitare il numero degli agglomerati in infrazione, convincendo le istituzioni continentali laddove le singole realtà si siano già messe in regola o lo stiano concretamente per fare attraverso l’avvio dei lavori», conclude Giugni.

Ma la vera soluzione passa per gli investimenti nel servizio idrico integrato: occorre proseguire con decisione, e accelerare, lungo la strada segnata dall’Arera in particolare, con l’introduzione della regolazione della qualità tecnica (RQTI), sul finire del 2017, e con l’approvazione del nuovo metodo tariffario per il terzo periodo regolatorio (MTI-3).

Come documenta l’ultimo report pubblicato dal laboratorio Ref ricerche, dedicato proprio alle performance del servizio idrico integrato, le informazioni a disposizione per il quadriennio 2016-2019 mostrano investimenti realizzati al lordo dei contributi pubblici che passano dai 40 € ab./anno del 2016 ai 56 € ab./anno del 2019, in crescita del 39% in 3 anni. Un percorso progressivo di avvicinamento delle gestioni industriali del Paese verso i valori di investimento degli altri Paesi europei, che si attestano sugli 80-90 € ab./anno.

A livello di area geografica, a trainare i miglioramenti del servizio idrico sono le gestioni del Centro Italia, sia in termini di tasso di realizzazione sia in termini volume degli investimenti realizzati, seguite da quelle del Nord-Ovest e del Nord-Est; degno di nota è il valore raggiunto dalle gestioni del Mezzogiorno, dove le poche gestioni industriali presenti sviluppano investimenti per 43 € ab./anno.

Le disparità però restano ampie: focalizzando l’attenzione sul livello di investimenti realizzati, un numero ridotto di gestioni è in grado di fare investimenti per oltre 80 € ab./anno, mentre una gestione su 6 tra quelle analizzate non supera i 30 € ab./anno.

Occorre dunque fare i conti con la presenza di ostacoli che frenano il processo di investimento e di realizzazione delle opere: vi sono ad esempio i ritardi sono dovuti alle procedure amministrative per l’affidamento dei lavori e il loro iter autorizzativo. Per quanto riguarda gli affidamenti, invece, viene lamentato un appesantimento delle procedure di appalto e criticità riconducibili alle difficoltà introdotte con la nuova disciplina del Codice degli appalti, a cui si possono aggiungere contenziosi e ricorsi al TAR a valle delle gare e dell’affidamento degli incarichi. E ad incidere in maniera rilevante sulla capacità realizzativa vi sono anche aspetti legati all’ottenimento dei contributi pubblici.

I passi avanti comunque non mancano: con l’adozione della regolazione della qualità tecnica a fine 2017 (Delibera n.917/2017), Arera ha introdotto un percorso di miglioramento progressivo con 6 aspetti di rilievo o macro-indicatori (M1-M6) sui quali concentrare i propri sforzi.

Relativamente alle perdite di rete, ad esempio, sono i gestori del Centro a registrare i miglioramenti più marcati, con una riduzione delle perdite di rete lineari del 30% (da 50,63 a 35,52 mc/km) e di quelle percentuali del 6% (dal 49% al 46%). Buone prestazioni si riscontrano anche per le gestioni del Nord-Ovest, con una riduzione dell’8% delle perdite lineari (da 24,97 a 23,08 mc/km) e del 3% di quelle percentuali (da 31,8% a 30,8%), mentre restano pressoché stabili le performance del Nord-Est e degli operatori industriali del Sud e Isole.

Considerando invece un parametro importante come la gestione dei fanghi da depurazione (M5), il Ref ricerche rileva una crescita del tasso di smaltimento in discarica del 16%, in aumento di 2,8 punti percentuali. Il Nord-Est è l’unica macroarea che mostra una riduzione della percentuale dei fanghi indirizzati a tale destinazione. I gestori del Centro sono invece quelli che mostrano le maggiori criticità, con un tasso di smaltimento in discarica superiore al 30% del quantitativo di fanghi prodotti. Il Nord-Ovest mantiene un valore medio contenuto, ben al di sotto del 15%, mentre i gestori del campione del Mezzogiorno aumentano la percentuale di fanghi smaltiti in discarica superando la soglia del 25%.

È però con la programmazione 2020-2023 che ci si aspetta che la regolazione della qualità tecnica, entrata a regime, possa dispiegare il suo potenziale nel guidare le priorità di investimento potendo portare a progressi più marcati rispetto a quelli registrati fino ad oggi.

In particolare, con il triennio 2021-2023 la programmazione riflette una ripresa degli investimenti che si attestano attorno ai 70 € ab./anno, ovvero livelli superiori a quelli programmati per l’anno 2019. A livello territoriale gli investimenti programmati più alti si riscontrano al Centro (74 € ab./anno), mentre il buon livello registrato dal Mezzogiorno risente della disponibilità dei dati per le gestioni industriali di grandi dimensioni.

Un ulteriore impulso potrà adesso provenire dal Pnrr, grazie alle linee di finanziamento che interessano il settore con una previsione di risorse pari a 3,5 miliardi di euro. Per adesso, come documentano dal Ref ricerche approfondendo la ripartizione degli investimenti programmati 2020-2023, la quota maggiore (20%) rimane destinata ad interventi volti a contenere le perdite di rete (M1), seguita dagli investimenti per il miglioramento della qualità dell’acqua depurata (M6), che incidono per il 17%, nonché per l’adeguamento del sistema fognario (M4), circa il 13%.