I risultati del progetto Grrinport

Dall’Università di Pisa un nuovo metodo per decontaminare i sedimenti di dragaggio

Il protocollo messo a punto dall’Ateneo toscano ha permesso di decontaminare i sedimenti dei porti di oltre il 60% dei metalli pesanti in soli 100 giorni

[2 Agosto 2021]

Una volta prelevati dal fondale marino, per la nostra normativa i sedimenti di dragaggio sono considerati rifiuti e come tali possono essere recuperati – quando possibile – o debbono essere adeguatamente smaltiti. Grazie al progetto Grrinport (acronimo di Gestione sostenibile dei rifiuti e dei reflui nei porti), adesso la prima alternativa ha delle chance in più di essere realizzata.

Iniziato tre anni fa e appena concluso, Grrinport ha riguardato i porti di Piombino, Ajaccio, Livorno e Cagliari ed è stato finanziato dal Programma interregionale marittimo Italia-Francia: in quest’ambito i ricercatori dell’Università di Pisa e dell’Ispra hanno prodotto un piano di azione per la gestione sostenibile dei sedimenti, che ha portato alla definizione di una procedura utile caso per caso.

Dopo le prove di soil washing svolte insieme a Ispra al fine di separare le differenti frazioni granulometriche presenti nei sedimenti (sabbia, limo, pelite), l’Università di Pisa ha svolto le prove di elettrocinesi (sulle peliti) e Landfarming (sabbie e limo) sui campioni pretrattati in soil washing. I risultati appaiono promettenti: il protocollo messo a punto dall’Ateneo toscano ha permesso di decontaminare i sedimenti dei porti di oltre il 60% dei metalli pesanti in soli 100 giorni.

«I risultati delle prove di elettrocinesi sui sedimenti marini prelevati dal porto di Piombino che abbiamo svolto nel laboratorio Lisap del Destec sono promettenti – ha detto il professore Renato Iannelli dell’Università di Pisa – l’obiettivo ora è di ottimizzare il processo per ridurre i consumi elettrici e di materiali, i tempi di trattamento e gli scarti».

Una volta decontaminati, i sedimenti potranno essere riusati nell’ottica dell’economia circolare come materiali di recupero nei cantieri e nei manti stradali. Almeno, in teoria: tutto dipende dall’effettiva possibilità di impiegare questi materiali recuperati in un’ottica di economia circolare, e i primi a dover dare l’esempio dovrebbero essere gli enti pubblici, il cui curriculum ha più di una lacuna però in termini di Green public procurement (Gpp).